Notizie n. 15

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Mondo Farmaceutico

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E’ tempo di proposte coraggiose

Luci e ombre sul Tavolo di confronto tra governo e mondo della distribuzione farmaceutica.

Da una parte la lodevole volontà del Ministro Livia Turco di giungere in poche settimane ad un accordo condiviso da tutte le parti per aggiornare il Servizio Farmaceutico Italiano, dall’altra un insieme di proposte non privo di elementi quantomeno dubbi.

È questa la situazione contraddittoria, che ad oggi sembra emergere da uno dei momenti più importanti degli ultimi anni per il nostro settore, che vede coinvolti Ministero della Salute, Ministero per le Attività Produttive, AIFA, Regioni, FOFI, Federfarma e Assofarm.

Il Ministro Turco cerca evidentemente di evitare la procedura d’infrazione con la quale l’Unione Europea potrebbe colpire l’Italia e il suo antiquato sistema farmaceutico.

Unione Europea che peraltro ha dimostrato una forte disponibilità al dialogo, come ribadito da Salvatore D’Acunto durante l’incontro annuale dell’Unione Europea Farmacie Sociali.

A ciò però il Tavolo ha risposto con un complesso di proposte che ad oggi rispecchiano il clima di compromesso instabile creatosi attorno ad esso.

Poco prima della fine di ottobre, il Tavolo sembra aver trovato una tiepida coesione attorno ad un'idea di liberalizzazione da realizzarsi con l'abbassamento della pianta organica: eliminare la distinzione tra comuni più piccoli e più grandi di 12.500 residenti e individuare come unico parametro nazionale  3.800 abitanti per farmacia.

Allo stesso modo si sta andando verso una rivisitazione dell'articolo 104 del Testo Unico delle leggi sanitarie n.1265 del 27/7/1932, riguardante le dimensioni topo-demografiche della pianta organica.

Infine, il Tavolo sta andando verso la proposta di abolizione degli orari massimi di apertura delle farmacie.

A questo generale clima di favore verso la liberalizzazione del settore, si accompagna però anche la proposta di abolire la figura del farmacista nei corner della Gdo e nelle parafarmacie, che invece è del tutto inaccettabile dal punto di vista della nostra federazione. Non è infatti pensabile che la riforma del sistema della distribuzione farmaceutica italiana debba passare per un progressivo degrado e marginalizzazione della figura del farmacista.

La farmacia deve riaffermare e rafforzare la propria identità su elementi più sostanziali come la qualità del servizio farmaceutico, come ha recentemente affermato il professor Mergelin durante il convegno UEFS. La distribuzione farmaceutica deve rafforzare e valorizzare l'atto farmaceutico su quello commerciale, e inserirlo così a pieno titolo nel Servizio Sanitario Nazionale come tassello tra i più vicini ai bisogni del cittadino.
 
 
Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm
 
 
 

 
Finanziaria 2007

Dal 3 ottobre è entrato in vigore il D.L. in oggetto ed è iniziato il dibattito sul testo della Legge Finanziaria per l’anno 2007, testo che è possibile consultare sul sito del Senato della Repubblica.

Relativamente alla spesa farmaceutica sono presenti diverse misure tese al contenimento della stessa, misure in gran parte faticosamente concordate al Tavolo della farmaceutica, partecipato dal Ministro della Salute, Economia, Sviluppo, Presidenza del Consiglio, Regioni, Aifa e con tutti gli attori della Filiera, compresa la nostra Associazione.

Nell’art. 5 del prefato decreto sono riportate le misure che interessano il settore delle farmacie.

Evidenziamo che il tetto di spesa è stato fissato al 14,4% comprensivo di farmaci erogati sulla base della disciplina convenzionale sia della distribuzione diretta inclusa la distribuzione per conto e la distribuzione in dismissione ospedaliera.

Il valore assoluto dell’onere a carico del S.S.N. per la predetta spesa farmaceutica, sia a livello nazionale che per ogni singola regione, è annualmente predeterminato dal Ministero della Salute entro il 15 del mese di novembre dell’anno precedente a quello di riferimento.

Gli aspetti relativi alle proposte scaturite dal citato Tavolo delle farmaceutica, soprattutto quelle relativi ad un sistema di nuova remunerazione delle farmacie “free for service” che tenga conto dei servizi sanitari erogati dalle farmacie come parti integranti dal S.S.N. saranno oggetto di discussione, e costituiranno parte rilevante dell’ormai prossimo rinnovo della Convenzione.

Assofarm rimane a disposizione per qualsiasi delucidazione in merito, ed assicuriamo gli associati che seguiremo, con particolare attenzione, l’iter del documento finanziario oltre a quello del collegato oggetto della presente comunicazione.
 
 
Dalla Federazione
 

 
A Verona l'Unione Europea delle Farmacie Sociali

Ottimi i risultati raccolti durante la giornata di studio dell’Assemblea Generale dell’UEFS (Unione Europea Farmacie Sociali), tenutasi a Verona lo scorso 28 settembre.

Titolo dell’incontro è stato “Forme giuridiche di stabilimento delle farmacie all’interno dell’Unione Europa”, un tema la cui attualità e importanza è stata colta da relatori e pubblico.

“Si tratta di una problematica rilevante in tutti gli stati membri – ha detto il vice-presidente di Assofarm Francesco Schito, che ha moderato l’incontro – che di fatto contribuisce a definire il grado di inserimento della Farmacia nel sistema sanitario nazionale”.

L’intervento del presidente di Assofarm Venanzio Gizzi si è poi concentrato sul caso italiano, cercando di trarre da esso alcune parole-chiave utili per l’intero contesto europeo. Prima di tutto un rafforzamento della presenza territoriale: “dieci anni fa in buona parte del paese le farmacie comunali erano del tutto assenti, oggi è proprio dalla Campania che arriva uno dei progetti di espansione tra i più interessanti, e da altre parti del Meridione i sindaci ci chiedono aiuto per aprire farmacie comunali. Di farmacie sociali c’è bisogno, ma dobbiamo tutti spingere per uno snellimento delle procedure amministrative e si devono dare maggiori possibilità di scelta agli enti pubblici”.

Poi Gizzi ha posto attenzione alla dimensione valoriale: “la nostra battaglia è culturale, prima ancora che politica e commerciale. Dobbiamo affermare con forza che la farmacia pubblica gioca un ruolo esclusivo non solo nel sistema sanitario nazionale, ma anche di stimolo alla concorrenza interna al mondo della distribuzione farmaceutica”.

Su quest’ultima riflessione si è poi inserito l’intervento del presidente UEFS, il belga M. William Janssen, secondo il quale le farmacie sociali oggi “giocano un ruolo d’avanguardia nella promozione di un sistema di garanzia della qualità del servizio farmaceutico. La recente  pubblicazione delle raccomandazioni per le buone prassi in farmacia è solo l’aspetto più evidente di questo nostro impegno. Il tema odierno dello stabilimento è una nuova prospettiva dalla quale riflettere sul ruolo della farmacia sociale nel contesto socio-sanitario nazionale. Deve però essere chiaro che non siamo disposti a compromessi su alcuni punti essenziali: nella dispensazione farmaceutica il ruolo del farmacista è indispensabile e ineluttabile, e tale ruolo è valido ed efficace solo se in un contesto ambientale adatto. Questo è tanto vero ed essenziale che per noi il problema della proprietà della farmacia è del tutto secondario, a patto che venga rispettata la professionalità del farmacista”.

Grande interesse hanno poi suscitato i numeri di Sante Fermi sul mondo delle farmacie italiane. Se il mercato della distribuzione finale è ancora saldamente in mano delle farmacie, è anche vero che c'è una forte disparità territoriale tra Nord e Sud Italia e tra piccole e grandi farmacie.

E poi una disanima delle differenti forme di stabilimento, (sotto riportate in tabella).

Dall’Italia la parola ritorna a Bruxelles. Salvatore D’Acunto della Direzione Generale Mercato Interna e Servizi della Commissione Europea. A lui il compito di inquadrare lo stabilimento delle farmacie nel Diritto Comunitario. Un intervento che, per stessa ammissione dell’autore, è stato volto più a presentare problemi che a definire soluzioni. “Le soluzioni infatti non sono chiare – ha detto quasi subito D’Acunto – non esistono direttive in merito, ma non c’è un vuoto legislativo, perché vale il trattato di Roma. Si riferisce poi ad un mercato molto regolamentato, perché attinente alla salute del cittadino, e poi è certamente da ricondursi ai principi generali che regolano le attivi economiche all’interno della Ue: libertà di circolazione di persone, capitali, merci e servizi. Il problema dello stabilimento, per noi, è quindi un problema di liberalizzazione, perché come sempre siamo convinti che attraverso la leva della libertà si possa migliorare la qualità del servizio rivolto all’utenza”.

Ma l’intervento che forse ha raccolto il maggiore interesse è stato quello di Francis Megerlin, giurista presso l’Università di Parigi V. “Oggi siamo di fronte ad un ribaltamento del processo storico, forse a favore del capitale. In passato si partiva dalla professionalità farmaceutica. Si diceva: so preparare farmaci, quindi posso venderli, ma per venderli devo avere un capitale da investire nella mia attività economica. Oggi invece si dice: ho un capitale da investire, quindi apro un’attività redditizia, e poi acquisisce le professionalità farmaceutiche come una delle risorse economiche che mi serve.

Vendere farmaci non è un’attività farmaceutica, mentre il farmacista serve solo dove c’è un atto farmaceutico. La prevenzione, la vigilanza farmacologica, questi sono atti farmaceutici. Ma anche in questo caso le tecnologie di lettura elettronica e di condivisione dei dati fa si che l’intervento umano sia sempre meno necessario. Il farmacista, insomma, deve rafforzare la gamma di servizi suoi specifici”.

Altro argomento forte dell’intervento del professor Megerlin è stato quello delle concentrazioni proprietarie. “Assistiamo ad un processo di concentrazione della distribuzione farmaceutica, sia dal lato dell’offerta, che da quello della domanda. Se infatti stiamo andando verso una progressiva estinzione delle singole farmacie di proprietà di farmacisti, in Francia assistiamo al crescere di un consumo sempre più mediato dall’intervento degli enti previdenziali pubblici. Altri elementi stanno poi portando ad una rapida modifica dell’attuale status quo. I margini sul prodotto caleranno sempre più per via del diffondersi dei generici. Il farmacista dovrà pertanto sviluppare il proprio business sui servizi aggiuntivi alla vendita del farmaco. Servizi che, se vuole davvero esclusivi, dovranno essere legati all’atto farmaceutico. La farmacia, insomma, sta entrando anch’essa nell’odierna economia dei servizi. La risorsa della farmacia non può più essere il farmaco, ma il farmacista, con la qualità delle sue competenze.

Ciò peraltro ci permette subito di dire che davvero non è più importante disquisire sulla proprietà della farmacia:  ciò che conta è l’atto farmaceutico, non la proprietà dell’impresa economica nella quale tale atto si concretizza”

Il professor Megerlin è stato anche il protagonista della tavola rotonda sviluppatasi nel pomeriggio. Incalzato dal pubblico, il giurista francese è convinto che “non si deve temere l’arrivo di investitori non farmacisti se il margine di profitto è generato dalla qualità del servizio anziché dal volume commerciale dei prodotti venduti. Si deve creare una politica del servizio disgiunta dalla politica del farmaco”.

Alla domanda poi se esistono dei casi nazionali dove la remunerazione del farmacista poggi su criteri qualitativi, Megerlin cita subito il Canada, “dove dal ’78 hanno introdotto protocolli di qualità sulla dispensazione del farmaco, che seguono di pari passo un sistema di remunerazione negoziato tra ministero della sanità e associazioni dei farmacisti. Anche negli Stati Uniti ci sono esperienze di pay for performance. Io personalmente vedo dei rischi in questo sistema. Preferirei una forma mista, dove ad una retribuzione fissa si aggiunge una parte legata al grado di pertinenza dell’intervento”

E infine, sempre dal pubblico, la domanda su un’eventuale dimensione minima della farmacia per sopportare il peso dei servizi che dovrà offrire. “E’ indubbio – dice sempre Megerlin – che il futuro sarà delle farmacie di certe dimensioni. Solo loro potranno offrire tutti i servizi. A quelle più piccole potrà rimanere la possibilità della specializzazione e del lavoro in rete con altre farmacie con diverse specializzazioni. Opzione, questa, possibile soprattutto nelle grandi città. Automazione e condivisione telematica dei dati saranno poi altre due parole chiave. Ma anche per questo servono certi volumi di vendita. Insomma, la qualità pone barriere all’entrata. è pertanto importante capire se ce la possiamo permettere”.
 
 
Dalla Federazione
 
 
 

 
Arrivano le etichette in braille

E’ iniziata nelle farmacie la distribuzione dei raccoglitori a fogli mobili denominati “etichettari”, contenenti etichette autoadesive in braille. Su di esse è riportata la data di scadenza da applicare sui medicinali richiesti da utenti non vedenti o ipovedenti.

Il farmacista è tenuto, infatti, ad applicare su richiesta dell’assistito il bollino autoadesivo corrispondente ovviamente alla scadenza del medicinale consegnato.

Per l'omeopatia la procedura è differente. In questo caso la farmacia dovrà richiedere alla casa produttrice l’invio di una particolare confezione del prodotto che verrà consegnata in un plico riportante la data di scadenza e il numero di lotto in caratteri braille.
L’invio della confezione da parte dell’azienda produttrice dovrà avvenire entro le 24 ore dalla richiesta della farmacia. 
 
 
Mondo Farmaceutico
 

 
Gli Italiani preferiscono la farmacia alla GDO

Il binomio farmacista - farmacia rimane il punto di riferimento per i cittadini nella distribuzione dei farmaci da banco: il 70 per cento degli italiani preferisce acquistare in farmacia ed il 78 per cento non è disponibile a rinunciare al consiglio di un professionista per trovare la soluzione migliore al proprio problema di salute, indipendentemente dal canale d’acquisto. Questo comportamento si evidenzia in particolare per le fasce d’età più elevate e nelle regioni del Sud, dove la percentuale sale all’80 per cento. Sono alcuni dati emersi da una ricerca condotta da Nielsen su un campione della popolazione italiana di 25 mila persone e su un campione di punti vendita rappresentativo dei tre canali e presentati al convegno nazionale “La farmacia del futuro: una professione che si rinnova”, organizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa in collaborazione con Boehringer Ingelheim Italia.

Se da un lato i cittadini confermano la loro fiducia nei farmacisti e nelle farmacie, sono 1.471 i punti vendita alternativi alle farmacie in cui è già possibile acquistare farmaci otc e sop o che hanno già fatto richiesta per la tracciabilità e la commercializzazione dei farmaci da automedicazione. Di questi, solo 159 appartengono alle catene della grande distribuzione organizzata e 1.312 sono parafarmacie o strutture simili. Per quest’ultima tipologia si è assistito, dopo il decreto Bersani, ad un significativo incremento di aperture di cui il 50 per cento sono nuovi punti vendita aperti negli ultimi 12 mesi, ad un ritmo di circa 60 nuove notifiche al mese. Solo il 10 per cento delle parafarmacie, inoltre, fa registrare vendite di otc paragonabili a quelle delle farmacie tradizionali. Su circa 100 milioni di confezioni di farmaci da automedicazione venduti nell’ultimo trimestre (conclusosi il 9 settembre 2007), pari ad una spesa di 764,9 milioni di euro, il 5,2 per cento è stato venduto in ipermercati e supermercati e l’1,6 per cento in parafarmacia, per un totale di 40,5 milioni di euro di prodotti venduti nei canali alternativi (fatturato prezzi al pubblico).

“I dati confermano il presidio territoriale ed il ruolo sociale delle farmacie che hanno venduto il 93,2 per cento dei farmaci da banco - ha sottolineato Stefano Galli, Chief marketing officer di Nielsen - Non si tratta però di una situazione stabile ed omogenea . Per alcune marche e categorie di farmaci, ad esempio, il fuori canale potrebbe superare già a fine 2007 la soglia del 10 per cento. E’ evidente che ulteriori modifiche normative potrebbero dare nuove ed importanti stimoli accelerando il processo di decanalizzazione”. Si stima che entro la fine dell’anno i farmaci da automedicazione saranno venduti in circa 1.700 punti vendita “alternativi” alla farmacia, con un incremento del 10 per cento rispetto allo storico universo delle farmacie (circa 17 mila). Le previsioni per i prossimi 18 mesi riferiscono di 290 negozi della Gdo con vendita di farmaci da banco e oltre 1.500 parafarmacie distribuite sull’intero territorio nazionale. Particolarmente forte il legame con la marca: il 61 per cento degli italiani che acquista farmaci nei supermercati/ipermercati, preferisce acquistare per lo più prodotti di marche già conosciute ed utilizzate. Solo 3 italiani su 10 si dimostrano interessati a trovare sugli scaffali dei supermercato farmaci da banco a marchio insegna (private label).

 Il gradimento sale al 35 per cento in Emilia Romagna, regione che si caratterizza dalla presenza di una grande insegna italiana che ha fatto delle “marche private” uno dei suoi cavalli di battaglia. “Pur se il 93,6 per cento dei farmacisti ammette che il decreto Bersani ha avuto effetti negativi meno consistenti rispetto a quelli attesi – sottolinea Daniele Fornari, docente di marketing internazionale all’Università degli Studi di Parma e responsabile del laboratorio di trade marketing presso il Cermes dell’Università Bocconi - l’introduzione dei farmaci otc negli ipermercati ha spinto il 61,7 per cento degli stessi farmacisti ad abbassare i prezzi ed il 70,2 per cento a migliorare la propria offerta di servizi”.

 
(da: www.online-news.it) 
 

 
In Italia i farmaci meno cari che in Europa e Usa

Anche se ogni volta che si va in farmacia sembra di spendere di più, i medicinali con obbligo di ricetta in Italia costano meno rispetto al resto d'Europa e molto inferiori agli Stati Uniti. I dati rivelazione arrivano da uno studio della Cergas Bocconi (Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale), in collaborazione con Farmindustria. «I prezzi dei farmaci su prescrizione, introdotti dopo il 1990, in Francia, Inghilterra, Germania, Grecia e Spagna - sostengono gli autori dello studio - sono superiori fino al 42% rispetto a quelli italiani. Negli Usa costano più del doppio». Lo studio riguarda Italia, Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Grecia, Paesi Bassi e Stati Uniti e confronta i prezzi medi dei primi 300 principi attivi per fatturato e volumi di vendita dispensati nelle farmacie aperte al pubblico. Nelle nazioni considerate, salvo i Paesi Bassi, tali farmaci hanno prezzi al pubblico superiori a quelli italiani in percentuali che oscillano da dal +3% della Grecia, al +5% della Spagna, +8% del Regno Unito, + 12% della Francia e +42% della Germania per arrivare al +139% degli Stati Uniti. Unica eccezione, i Paesi Bassi dove i prezzi sono inferiori del 21% rispetto all'Italia.

Quanto invece ai prezzi che l'industria pratica alla distribuzione risultano ovunque superiori all'Italia: si va dal +11% della Francia, al +12% della Spagna, +14% dei Paesi Bassi, +18% di Grecia e Regno Unito, +25% della Germania fino al +183% degli Usa. «Il posizionamento dell'Italia rispetto ai prodotti lanciati sul mercato dal 1990 è molto chiaro ed è, almeno in parte, frutto delle misure sistematiche di taglio dei prezzi degli ultimi anni», spiega Claudio Jommi, responsabile dell'Osservatorio farmaci del Cergas Bocconi e coordinatore della ricerca.
 
«È importante sottolineare come lo studio sui prodotti lanciati dopo il 1990 abbia considerato diversi indici di prezzo, diverse ipotesi di estrazione dei dati, diverse modalità di conversione dei prezzi, ad esempio considerando il potere di acquisto delle diverse valute: il risultato però non cambia».
 
Lo studio «non ci coglie di sorpresa - spiega Sergio Dompè, presidente di Farmindustria - e conferma quanto le imprese del farmaco sostengono da tempo: cioè che i prezzi dei medicinali in Italia sono tra i più bassi in Europa. Un 'primato negativo che si riflette - non poco - sulla competitività delle aziende operanti nel Paese. Per puntare in alto - ammonisce - la ricerca ha bisogno di regole certe e stabili e di politiche dei prezzi in linea con quelle europee, che riconoscano il valore degli investimenti e dell'innovazione. Recuperare questo gap è possibile. È necessario però fare presto per non perdere il treno nella corsa per la competitività. Prendere quello successivo significherebbe infatti arrivare drammaticamente tardi».
 
 
(Fonte: IlMessaggero.it)
 

 
Una vista affaticata può rendere difficili guida, studio e lavoro.
 
Ecco come la natura può essere d'aiuto.

Nello svolgimento quotidiano delle più svariate mansioni i nostri occhi sono sottoposti a numerose sollecitazioni di vario genere; ore passate davanti al PC, luce solare e guida notturna possono influire negativamente sulla fisiologica funzionalità della vista, potendo addurre uno certo stato di stanchezza, con conseguente difficoltà nell'espletamento delle nostre performance.
In funzione di ciò le categorie più esposte al rischio della "vista stanca" risultano essere tutti coloro che passano molto tempo alla guida (camionisti, agenti, tassisti), impiegati, studenti e insegnanti ma anche tutti coloro che per ragioni professionali svolgono lavori di precisione (orafi, orologiai, assemblatori, saldatori ecc…).

Anche i bambini in età scolare corrono rischi simili in quanto agli impegni scolastici e ai compiti a casa si sommano spesso lunghe ore davanti alla TV o ai videogiochi. Le radiazioni emesse da questi oggetti hanno effetti negativi nei confronti degli occhi portando una elevata percentuale di bambini ad accusare fastidi alla vista. In tutti questi casi può essere utile l'utilizzo di prodotti naturali a base di piante officinali quali Mirtillo, Carota e Sambuco ricche in principi attivi in grado di aiutare la fisiologica funzionalità visiva svolgere una benefica azione antiossidante.
A prescindere dall'uso di prodotti erboristici, da utilizzare sempre su consiglio del professionista, è comunque importante sottoporsi periodicamente a dei controlli specifici per verificare lo stato di salute dei nostri occhi, specialmente nel caso dei bambini, i quali possono manifestare arrossamenti agli occhi, affaticamento della vista o mal di testa proprio nelle ore scolastiche. Una vista affaticata potrebbe causare difficoltà nell'apprendimento con il rischio di rimanere inutilmente indietro rispetto agli altri compagni e alle proprie effettive potenzialità intellettive.

Lo Stress e le Piante Adattogene

Nel linguaggio quotidiano il termine stress è utilizzato molto spesso per indicare una situazione psico-fisica caratterizzata da malessere generale e tensione, a loro volta associati a disordini sempre più comuni nella società contemporanea: ansia, insonnia, irritabilità, stanchezza, depressione.

E' innegabile che lo stress sia una condizione in grado di influenzare non poco lo stato di salute di una persona e le ricerche scientifiche evidenziano quanto possano essere profondi gli effetti dello stress sull'organismo umano. Per esempio sono stati ripetutamente dimostrati gli effetti negativi dello stress sullo stato emotivo e sul sistema immunitario delle persone.

Recentemente si ha la tendenza a distinguere tra "eustress" (stress in positivo) e "distress" (stress in negativo). Il prima risulta essere l'insieme di tutti gli stimoli fisici, fisiologici e psicologici, che rappresentano le gioie e i dolori quotidiani e che ci permettono di sentirci "vivi" e "attivi" e quindi in buona salute. Praticare sport in maniera regolare comporta sicuramente dei piccoli stress per il nostro organismo ma nel tempo gli effetti di questa attività risulteranno essere positivi in termine di benessere. Chi svolge ad esempio lavori all'aria aperta, andrà incontro a stress fisici maggiori rispetto a chi svolge lavori di ufficio ma riuscirà sicuramente a sviluppare una maggiore resistenza in termini di adattamento agli sbalzi termici con un conseguente rafforzamento delle difese immunitarie nei confronti di determinati disturbi stagionali come ad esempio quelli legati alle vie respiratorie.

Quando però le situazioni di stress diventano troppo intense e troppo prolungate si corre il rischio che gli strumenti di cui il nostro organismo è dotato non siano sufficienti a ristabilire una condizione di equilibrio e occorrerà quindi utilizzare una strategia di recupero psico-fisico caratterizzata da riposo e tranquillità. In un contesto del genere la natura ci offre delle piante medicinali, dette adattogene, le cui proprietà possono essere di valido aiuto. Il termine adattogeno è stato coniato appositamente per spiegare proprio l'azione che queste piante svolgono nei confronti dell'organismo supportandolo nel processo di adattamento a forti stimoli esterni.

Tra le piante adattogene più comuni troviamo il ginseng (Panax ginseng), l'eleuterococco (Eleutherococcus senticosus), la whitania (Whitania somnifera) e la rodiola (Rhodiola rosea). Le proprietà adattogene di queste piante sono utili non solo in situazioni di stress già in atto ma anche a scopo preventivo.

 
Consigli dal mondo naturale