Notizie n. 38

Editoriale
Dalle associate
Dalla Federazione
Mondo Farmaceutico


Editoriale
Una vittoria

Tante volte abbiamo impegnato i nostri editoriali a raccontare le battaglie di Assofarm per la difesa e lo sviluppo di quel patrimonio comune che sono le Farmacie Pubbliche. Oggi, finalmente, possiamo dare conto di una grande vittoria del nostro settore. Il famoso Decreto Legge 135/09 che prescriveva la vendita mezzo gara dei servizi locali di rilevanza economica finora posseduti dallle Amministrazioni Comunali rischiava di porre fine all’esperienza delle Farmacie Pubbliche italiane come conosciuta fino ad oggi. Da allora fino alla conversione in legge e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del testo del Decreto, avvenuta negli ultimi giorni di novembre, Assofarm ha lavorato duramente per la modifica del testo stesso. Modifica che è arrivata tramite un emendamento che non solo salva il nostro mondo dalla privatizzazione, ma lo rafforza nel suo ruolo e mission pubblica.
Si tratta di uno di risultati più forti da noi raggiunti negli ultimi anni, sia a livello di contenuti, che sul piano più strettamente politico. Riguardo i primi, la nuova legge sancisce in maniera ancora più definitiva quanto abbiamo più volte sostenuto: la gestione della farmacia, sia comunale che privata, è un servizio in titolarità alla Regione (tramite le ASL) e come tale non sottoposto, per quanto riguarda le modalità del relativo affidamento, alla disciplina dell’art. 23 bis del DL 112/2008 che concerne solo i servizi pubblici locali di rilevanza economica.
Sul piano politico invece, questa vittoria definisce anche la considerazione che la nostra Federazione ha saputo guadagnarsi presso il mondo politico-istituzionale nazionale. Negli ultimi mesi infatti le nostre tesi (riportate nel dettaglio sull’editoriale del precedente “notizie da Assofarm”) sono state ascoltate e fatte proprie da un ampio numero di esponenti della maggioranza parlamentare e del Governo. Tra i primi desidero ricordare gli Onorevoli e Senatori Luigi D’Ambrosio Lettieri, Lorenzo Cesa, Sandro Mazzatorta, Lorenzo Bodega, Armando Valli, Vincenzo Gibiino. Un particolare ringraziamento va alla disponibilità del Ministro per i Rapporti con le Regioni On. Raffaele Fitto e del Sottosegretrario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con Delega al Federalismo On. Aldo Brancher.
Esponenti politici, quelli appena citati, che hanno dimostrato grande attenzione e sincera sensibilità alla salvaguardia di un tassello ormai imprescindibile del SSn come sono le Farmacie Comunali.
Come è ormai nel nostro stile, è già ora di guardare avanti. Sono infatti molte le riflessioni e gli scenari che si aprono per il prossimo futuro. Al momento desidero ricordarne almeno uno che reputo di particolare importanza: il richiamo alla legge 475/68 deve porre fine alla pratica eticamente discutibile adottata da alcune Amministrazioni Comunali di esercitare il diritto di prelazione per “far cassa”, vendendo cioè a privati farmacie pubbliche non ancora aperte. Il diritto di prelazione non è un privilegio donato ai Comuni per guadagnare qualche soldo in più, ma definisce una possibilità-dovere di investire in un servizio sanitario a favore dei propri concittadini. Servizio che certamente non può essere mercificato a tal punto. Altro ancora emergerà durante l’incontro del prossimo 4 dicembre a Bologna, dove i Presidenti e i dirigenti delle Aziende, Enti, Consorzi e con i Responsabili dei Servizi Farmaceutici Comunali associati ad Assofarm definiranno insieme gli sviluppi di questo importante risultato.

Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm
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Dalle associate                                                
Farmaci equivalenti a Pisa: diamo una risposta alle tue domande

Il 27 Ottobre si è svolto il convegno “Farmaci equivalenti: diamo una risposta alle tue domande”, promosso da Farmavaldera e A.U.S.L. n. 5 di Pisa, in collaborazione con ratiopharm, multinazionale tedesca leader in Europa nel settore dei farmaci generici, e con il patrocinio del Comune di Ponsacco, dell’Università della Terza Età e Federconsumatori.
L’evento rientra in un ciclo di incontri locali, promossi da ratiopharm su tutto il territorio nazionale, allo scopo di promuovere presso i cittadini una corretta cultura e informazione sui farmaci generici – in linguaggio tecnico ‘equivalenti’ -, sottolineando i vantaggi che questi possono apportare sia in termini di qualità, sicurezza ed efficacia, sia da un punto di vista economico, garantendo anche in Italia un’assistenza sanitaria sostenibile, così come già avviene nella maggior parte degli altri Paesi europei. All’incontro di Pisa è intervenuto il dottor Roberto Andreini, Direttore Medicina I dell’Ospedale Lotti di Pontedera (PI), la dottoressa Carla Pucciarelli, Direttore Generale di Farmavaldera e il dottor Filippo Pinza, Regional Affairs Manager di ratiopharm Italia.
Per maggiori informazioni sull’evento e per conoscere le altre date degli incontri, è possibile consultare il sito www. equivalenti.it.

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Dalle associate
La nona Farmacia comunale di Vasto bloccata in Regione dal 2003

Dovrebbe sorgere nel popoloso quartiere dell’Incoronata ma Venturoni ignora. I cittadini di Vasto residenti nel popoloso quartiere dell’Incoronata, zona nord della Città, attendono da tempo la istituzione della nona Farmacia comunale necessaria per una popolazione di circa 4 mila persone. La Giunta Regionale Pace, centrodestra, nel novembre del 2003, deliberò la istituzione di detta farmacia. Sono trascorsi ben 7 anni ma della Farmacia non c’è traccia. Gli attuali amministratori comunali di Vasto hanno sollecitato ripetutamente la Regione Abruzzo ad avviare le procedure del bando provinciale per l’assegnazione della Farmacia. La scorsa settimana, a chi chiedeva notizie negli Uffici dell’Assessorato Regionale alla Sanità, è stata data risposta che di quel bando è bene scordarsi. “Non abbiamo personale sufficiente per esperire la procedura necessaria”. E’ stata questa la risposta fornita da alcuni alti dirigenti nazionali. L’assessore alla Sanità, Gianfranco Venturoni, venuto a Vasto venerdì scorso, si è mostrato sorpreso e non informato. Ha promesso un suo interessamento per sbloccare la pratica. Vedremo cosa saprà fare. Una cosa è certa: quel bando da qualche tempo non ha valenza provinciale. Ora è necessario bandirlo su scala regionale. Il che comporterà ulteriori perdite di tempo e ritardi. Chi dobbiamo ringraziare?

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Mondo farmaceutico
Tre nuove farmacie a Sardina, Fiorino e Pomaia

Prosegue la “campagna” di apertura di nuove farmacie nelle frazioni e nelle zone disagiate delle province toscane. Oggi tocca ad alcune località della provincia di Pisa salutare questa importante decisione assunta dalla giunta regionale su proposta dell’assessore per il diritto alla salute. Le nuove “proiezioni” potranno essere aperte nelle frazioni di Sardina, nel comune di Calcinaia, di Fiorino, nel comune di Montescudaio e di Pomaia, nel comune di Santa Luce. Le località sono state scelte per le loro caratteristiche: Sardina è una frazione in via di espansione e le farmacie più vicine distano oltre 2 chilometri. Fiorino, in cui abitano 796 persone, molte delle quali anziane, non dispone di buoni collegamenti pubblici con i comuni limitrofi. Infine Pomaia, con i suoi 440 abitanti, è una località servita da una viabilità tortuosa e da collegamenti di trasporto pubblico limitati.
L’apertura di queste “proiezioni” è resa possibile dalla legge regionale n.36 del giugno 2007, che ha snellito i tempi burocratici e ha consentito di venire incontro a bisogni che da tempo aspettavano una risposta concreta. I comuni che hanno richiesto le farmacie provvederanno quanto prima a assegnare e rilasciare le autorizzazioni alle relative aperture. Le nuove farmacie, che per la legge regionale si configurano come “proiezioni” di sedi, garantiscono un servizio farmaceutico a orario pieno e con completa disponibilità di prodotti.

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Dalle Associate
Rovereto: Ai pensionati i farmaci con lo sconto Accordo tra Cisl e Amr su circa duecento prodotti per la terza età

Se le pensioni non crescono, per tirare avanti c’è bisogno di abbattere i costi. E così la Cisl ha chiesto aiuto alle farmacie comunali di Rovereto su un bene di cui, purtroppo, gli anziani non possono fare a meno: le medicine. L’accordo è stato siglato ieri da Alceste Santuari, presidente di Amr, e da Leonardo Franchini, segretario dei pensionati e sarà operativo al massimo nel giro di 40 giorni. «Si tratta di definire - ha spiegato il neodirettore di Amr Claudio Bertolini - alcuni aspetti tecnici. Assieme alla Cisl individueremo un paniere di prodotti sui quali praticare uno sconto non inferiore al 10 per cento. Va tenuto conto che Amr già da tempo effettua sconti fino al 20 per cento su altri duecento prodotti e questo vale per tutti. La nuova scontistica, invece, sarà riservata a tutti i pensionati. La burocrazia sarà limitata: probabilmente basterà un’autocertificazione per rilasciare una card identificativa». I prezzi ridotti saranno praticati in tutte le farmacie comunali roveretane, quindi anche nella sede di Isera. Non hanno cioè un valore territoriale, né sindacale, nel senso che non serve essere iscritti alla Cisl (o a qualche altro sindacato) per fruirne.
E non fa testo nemmeno il reddito, l’Icef o altri sistemi di misurazione del patrimonio. «Con l’approvazione del nuovo decreto legislativo - aggiunge il presidente Alceste Santuari - che consente alle farmacie pubbliche e private di fornire servizi socio-sanitari fino ad oggi vietati si apre una partita molto interessante anche per noi.
Con questo accordo riconfermiamo con forza la mission delle farmacie pubbliche nate appunto come sostegno alle fasce più deboli nella forniture di medicinali. Ma siamo anche pronti ad introdurre molti servizi. Per questo a breve incontreremo l’assessore Rossi per capire come possiamo muoverci in un’ottica di fornire sostegno e diventare dei riferimenti anche dal punto di vista socio-sanitario. Il primo che vorremmo realizzare è quello della consegna a domicilio dei farmaci o di prodotti sanitari. E’ una richiesta che ci arriva molto forte dagli anziani ma soprattutto dai non autosufficienti».
Il paniere dei farmaci che saranno scontati non è ancora stato definito. Ovviamente saranno selezionati quelli di uso più comune per gli anziani. Grosso modo sono compresi i prodotti omeopatici, presidi per incontinenti, prodotti per l’igiene, occhiali, integratori alimentari, alimenti per celiaci. «La spesa farmaceutica per gli anziani pesa dall’8 al 14 per cento della loro spesa totale. Con questo sconto si aumenta la forza d’acquisto delle pensioni di un 1 per cento, che è molto di più della rivalutazione annuale. E’ un piccolo passo per dare più dignità ai pensionati, ma è comunque un segno importante che la Cisl è orgogliosa di aver potuto dare a vantaggio di tutti gli anziani».

(fonte: Il Trentino)                                        

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Dalla Federazione
Centro Servizi per Anziani a L’Aquila

Assfofarm ha recentemente donato 20.400 euro al Centro Servizi Anziani de L’Aquila, raccolti grazie alla sensibilità di molte associate dopo il sisma che ha colpito il capoluogo abruzzese.
L’importo suddetto ha permesso l’acquisto di una “struttura in lamiera coibentata” che verrà consegnata all’Istituzione Centro Servizi per Anziani del Comune di L’Aquila “Cardinale Corradino Bafile”.
Assofarm ringrazia quanti hanno permesso tale iniziativa di solidarietà, che ancora una volta conferma la mission sociale delle Farmacie Comunali italiane.

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Dalla Federazione
Mastromatteo componente italiano di UEFS

La Giunta Esecutiva di Assofarm il 4 novembre scorso ha ratificato a Roberto Mastromatteo, componente della Giunta Federale e Presidente di Farma.com S.p.A. di Monza, la nomina a Componente della Delegazione italiana per l’Unione Europea Farmacie Sociali.
“Per me è certamente un onore rappresentare il mio Paese in un organismo di livello internazionale nel settore delle farmacie pubbliche - Queste le parole di Roberto Mastromatteo al momento della nomina - Il mio obiettivo sarà quello di portare l’esperienza monzese e italiana all’interno del consiglio direttivo e di condividere con gli altri stati membri l’alto profilo sociale che abbiamo raggiunto in questi ultimi anni di duro lavoro”.
Leonardo Ferrandino, AD del Gruppo Admenta Italia, è invece entrato a far parte della Giunta di Assofarm.

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Rassegna stampa
Federconsumatori: liberalizzazioni, il bilancio di tre anni

A tre anni dalla lenzuolata Bersani, che ha portato i farmaci SOP e OTC nelle parafarmacie e nei corner della GDO, è legittimo chiedersi: i consumatori ne hanno tratto giovamento? Mi sento senz’altro di rispondere affermativamente. Ma lasciamo che a parlare siano i dati. Innanzitutto voglio sottolineare come il complesso di dinamiche competitive innescate in questi ultimi anni (faccio riferimento tra l’altro al nuovo sistema di determinazione prezzi ed alla crescente diffusione dei farmaci generici) ha consentito di calmierare sensibilmente i prezzi dei farmaci da banco. Nel 2008, infatti, i prezzi medi per questa tipologia di prodotti, si sono mantenuti al di sotto dell’indice Istat dell’inflazione: di circa il 3,4% nella grande distribuzione, del 2,1% nelle parafarmacie e del 3,0% in farmacia. Nessun dubbio, quindi: si è innescato un processo concorrenziale, che ha comportato una riduzione di prezzo compresa tra il 20% e il 30%. E’ un importante cambiamento che, se correttamente applicato, assicura chiarezza e trasparenza delle condizioni di vendita a vantaggio dei cittadini. Ma quanto si risparmia grazie ai nuovi canali distributivi? Per rispondere a questo interrogativo nel dicembre 2008 il nostro Osservatorio Nazionale prezzi e tariffe del C.R.E.E.F. (Centro Ricerche Economiche, Educazione e Formazione), ha monitorato e confrontato il prezzo di 24 farmaci da banco di largo consumo in 11 Capoluoghi di Regione (o Provincia).
Da questa indagine è emerso che la spesa media nazionale maggior è di 166,96 euro nelle farmacie comunali e di 162,65 euro in quelle private; mentre la spesa media più bassa è quella sostenuta nei corner della GDO che si attesta intorno ai 146,18 euro con un risparmio pari a circa 20 euro. Ben il 14,2% in meno rispetto alla spesa più elevata.
Dallo stesso campione di paniere di farmaci, si ricava pure che il costo medio nazionale per farmaco è pari a 6,71 euro; al di sopra di tale livello si collocano le farmacie comunali con 6,95 euro e le farmacie private con 6,77 euro, mentre, al di sotto, abbiamo le parafarmacie, 6,58 euro e la G.D.O. con 6,09 euro.
Chiudo questo excursus con un ultimo dato significativo: rispetto al 2007 la forbice in termini di convenienze tra farmacie (F.P. + F.C.) e parafarmacie (paraf. Private + G.D.O.) si è allargata mediamente di un +1,1% a favore di queste ultime. Se prima infatti la differenza era del -7,2% per le parafarmacie nei confronti delle farmacie ora questa, dopo 3 anni, è passata al -8,3%.
Alla luce di questi dati relativi è facile comprendere come la situazione avrebbe potuto ulteriormente migliorare per le tasche dei consumatori, se si fosse estesa la liberalizzazione anche ai farmaci di fascia C (quelli, per intenderci, con obbligo di prescrizione). Ma su questo punto non si è riusciti a spuntarla. Anzi alcune iniziative del Governo danno l’impressione che si stia marciando contro tutto l’intero meccanismo delle liberalizzazioni, con l’intenzione di smontarlo pezzo dopo pezzo.
Mi riferisco a quei Disegni di Legge presentati in Parlamento che mirano non solo a delegittimare parafarmacie e corner della GDO, privandoli della propria denominazione e dell’insegna con la croce verde, ma anche rimettendo in discussione la centralità della figura del farmacista e prospettando - addirittura - la chiusura di questi esercizi. Si delineano quindi scenari foschi per i 6500 farmacisti che, in questo modo, hanno forti probabilità di perdere il loro posto di lavoro.
Il sospetto forte è che interessi corporativi stiano mettendo in atto strategie per recuperare l’esclusiva perduta, incurante di danneggiare cittadini e consumatori. Parafarmacie e corner del modern retail, infatti, con una quota di mercato a valore del 7,6%, pari a 140 milioni di euro, (contro i 1872 milioni incassati dalle tradizionali farmacie con i prodotti da banco) cominciano a dare fastidio. Anche perché hanno contribuito a “insegnare” ai consumatori a scegliere la convenienza. Lo dimostra il fatto che, nell’ultimo anno, hanno fatto registrare un + 36,5% a valore rispetto alle tradizionali farmacie “segnate”, invece, da un poco esaltante -3% .
Se gli interessi corporativi avessero la meglio e i disegni di legge attualmente in fieri venissero approvati dalle Camere, non solo si cancellerebbe la libera scelta del cittadino ma anche - una volta eliminata la figura del farmacista - verrebbe a mancare pure la tutela dei consumatori. Accogliamo positivamente, in tal senso, la volontà espressa in questi giorni dal Vice Ministro della Salute Fazio ad avocare a se la responsabilità di definire una proposta di riforma del sistema distributivo del farmaco e in tal senso attendiamo la riapertura del tavolo di confronto con i rappresentanti dell’intera filiera farmaceutica e le Associazioni dei Consumatori per concorrere ad individuare soluzioni efficienti nell’interesse della popolazione. Rita Battaglia Vice Presidente Federconsumatori

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Mondo Farmaceutico
Patto per la Salute, intervista a Enrico Rossi

Il Patto per la Salute avrebbe dovuto essere siglato un anno fa, come indicava la Finanziaria “estiva” del 2008, per dare alle Regioni indicazioni di standard operativi e la certezza delle disponibilità economiche. Avrebbe anche dovuto contenere molti elementi, compresa la revisione dei Lea, approvata in extremis da Livia Turco, poi annullata e dunque rimasta sospesa ormai da quasi due anni. Ma la trattativa tra Governo e Regioni è stata difficilissima, fino al gelo nei rapporti degli ultimi quattro mesi, punteggiati da lettere pubbliche dei rappresentanti regionali che lanciavano l’allarme sulla tenuta del Ssn e appuntamenti, puntualmente rinviati, con il presidente del Consiglio. Infine, il 23 ottobre scorso, il Patto per la Salute 2010-2012 è stato finalmente siglato. A firmarlo in rappresentanza dell’Esecutivo non è stato però Silvio Berlusconi, trattenuto dalle nebbie o dalla neve in Russia, ma Giulio Tremonti, mentre per le Regioni la firma è stata quella di Vasco Errani, presidente della Conferenza dei presidenti.
Dichiarazioni di soddisfazione da tutte le parti in causa, anche se l’Accordo raggiunto è stringatissimo, ridotto all’essenziale o all’osso, se si preferisce. Come afferma in questa intervista uno dei protagonisti della trattativa, il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità Enrico Rossi.
Rispetto alla proposta del Governo presentata a settembre, le Regioni chiedevano sette miliardi in più per il biennio 2010-2011, ma per questi due anni il Patto che avete sottoscritto registra un incremento che arriva solo a circa 4 miliardi e mezzo. Malgrado le dichiarazioni ottimiste, non sembra un grande successo.
Siamo appena sulla linea del minimo vitale, ma è già molto rispetto al punto da cui si era partiti. È apprezzabile che molti abbiano voluto fare questo sforzo, applicando questa nuova linea sociale del ministro dell’Economia e soprattutto che questo avvenga in un periodo di crisi e di oggettiva difficoltà. Non si deve dimenticare, però, che ora la media di crescita del fondo nel triennio è del 2,5%, mentre nel triennio precedente, con Prodi e Padoa Schioppa, abbiamo avuto un Patto per la salute che dava una crescita media del Fondo del 3,7% annuo.
Il testo del Patto è ridottissimo e restano fuori molti elementi. Quello che abbiamo siglato sono le linee generali. Ora dalla prossima settimana dovremo approfondire e dettagliare queste linee. Intanto è importante che sia stato inserito il finanziamento per il Fondo per la non autosufficienza. C’è anche un nuovo finanziamento per gli investimenti.
Anche questo è un fatto positivo, come è anche importante che la quota di accesso a questi fondi sia stata aumentata di un miliardo, per consentire l’accesso a quelle Regioni che hanno già esaurito la loro quota, cioè per le Regioni che hanno speso come la Toscana, l’Umbria, la Lombardia il Veneto. Al di là dei finanziamenti, il Patto fissa regole nuove per i Piani di rientro.
Si è stabilita una regola nuova: il tetto di sforamento del bilancio per cui scattano i Piani di rientro è stato abbassato dal 7 al 5 per cento, ma le Regioni sono chiamate direttamente a contribuire all’elaborazione dei Piani di rientro, alla loro valutazione e al monitoraggio. E il commissariamento va automaticamente al presidente della Regione in difficoltà. Anche questa è una vittoria regionale?
C’è una responsabilizzazione delle Regioni e dei presidenti: non più un rapporto bilaterale tra la Regione in difficoltà e il Governo, ma un rapporto in cui si inseriscono tutte le altre Regioni. Questo vuol dire che sono stati eliminati i fondini, i premi che non hanno più significato e che rischiano invece di premiare comportamenti non virtuosi. Di fatto, questa trattativa è stata condotta direttamente dal ministero dell’Economia e infatti il patto è stato siglato da Tremonti. Per le Regioni questo è stato un problema?
L’interlocutore finora è stato pressoché esclusivamente il ministero dell’Economia, sotto ogni profilo, coadiuvato in qualche modo da quello della Sanità. Noi ci siamo accorti che questo spostamento di tutta la discussione sul piano dell’economia non imposta il problema in maniera corretta. E il problema è la ristrutturazione e la riorganizzazione di quei servizi sanitari regionali che hanno sì problemi di deficit, ma che hanno anche carenze nei servizi. Su questa materia ormai è chiaro che il know how dell’organizzazione e dell’innovazione ce l’hanno le Regioni, piuttosto che i ministeri. Sono le Regioni che possono valutare in che misura un servizio sanitario si sta riformando, non solo in termini di controllo economico ma anche in termini di quantità e qualità dei servizi erogati ai cittadini. Sono loro che hanno dimostrato di avere gli strumenti, la conoscenza per operare questi processi di ristrutturazione e noi pensiamo di fare fino in fondo la nostra parte anche attraverso questa assunzione di responsabilità, che non deve essere sottovalutata. Occorre ribadire l’unitarietà del servizio sanitario, ma questa unitarietà non nasce solo dall’alto e dallo Stato centrale ma da un rapporto che vede protagoniste le Regioni.
Non avete sentito la mancanza di un ministero della Salute autonomo?
Quando saremo ascoltati diremo la nostra in proposito. Io credo che l’esperienza di questi mesi ci dica che noi abbiamo bisogno di un ministero forte, autonomo. Non c’è dubbio che è stato un grave errore del centro sinistra aver tolto il ministero della Sanità. Certo, il ministero dell’Economia deve avere il controllo dei conti, ma è un’illusione economicistica pensare che attraverso i soli parametri economici si possa mettere sotto controllo la spesa. Può andar bene nel breve periodo, ma alla lunga se non si modificano, puntando sulla qualità, i meccanismi di spreco che determinano il deficit è evidente che la spesa riprende a correre. Per questo si deve avere un ministero della Sanità che conta e si deve valorizzare l’esperienza acquisita dalle Regioni.
Volete un ministero della Sanità con l’approvazione regionale?
Insomma, le Regioni hanno un ruolo e se fossimo ascoltati sarebbe meglio.
Un chiarimento. Perché nell’elaborazione dei Piani di rientro il Patto tira in ballo, accanto all’Agenas, anche l’Aifa?
Vogliamo attribuire all’Aifa anche altri compiti, oltre a quelli autorizzatori sui farmaci, per esempio compiti di monitoraggio, anche sulla materia che oggi è affidata alla Cud. Per questo l’Aifa potrà avere una funzione di aiuto per quelle Regioni che non controllano la spesa. In questo Patto non si parla di Lea.
No, noi firmiamo questo Patto sui Lea attuali. Su questo tema tutto è stato fermato.
Nel frattempo però il Governo ha approvato il decreto sui nuovi servizi nelle farmacie. Come lo giudicate? Negativamente, perché bisogna che il Governo su questi temi si confronti con noi. Specialmente in tema di farmacie, visto che la Convenzione è attribuita alle Regioni. E le farmacie dovrebbero saperlo.
Sul Il Bisturi n. 14-2009 abbiamo pubblicato un intervento del presidente della Fiaso Giovanni Monchiero che riapre il dibattito sulle nomine dei Direttori Generali. Lei ha sempre rivendicato la responsabilità della politica in materia. La pensa ancora così?
Si parla sempre dei processi che portano alle nomine e si parla poco dei risultati. Insomma, si guarda il dito invece della luna. Se il Governo pensa di fissare ulteriori criteri per la nomina dei direttori generali, io porto tutto al ministero delle Regioni, a cominciare dai conti. Perché io mi assumo la responsabilità di governare una “roba” da sei miliardi e mezzo in Toscana se almeno mi dai la possibilità di governare i vertici, quelle 16-18 persone che hanno un ruolo vero di governo del sistema. Se sono lottizzate, la lottizzazione è un reato e dunque va perseguito. Se sono incapaci, che siano valutate e spetta alle Regioni valutarle. Se hai ben lavorato, questo gruppo dirigente di qualità è già ben impostato per fare delle scelte di qualità quando va alla nomina dei primari. E questo basta. La nomina dei DG resta responsabilità dell’assessore. Dunque è una nomina politica?
È alta amministrazione. Se non è una politica questa, cos’è politica?
La nomina dei primari non dovrebbe coinvolgere di più aspetti professionali?
Le preselezioni sono sempre fatte da esperti, ma alla fine sono i DG a dover compiere la scelta, sulla base delle necessità e del ruolo richiesto. Spesso un professional è bravissimo magari ad operare, ma non è in grado di organizzare un reparto di chirurgia. E poi, insisto, bisogna passare alla valutazione dei risultati.
Ma la valutazione è condotta dalla parte politica. Chi lo dice? Elaboriamo, come stiamo facendo in Toscana, criteri di valutazione i più ampi, trasparenti e completi possibile, coinvolgiamo i cittadini, coinvolgiamo i professionisti, che loro lo sanno quali sono gli indicatori della qualità del loro lavoro. Ma poi passiamo davvero alla valutazione, per migliorare il sistema.
Comunque, medici e professionisti della sanità rivendicano più spazio decisionale.
La verità è che si vuole tornare ad un maggior potere professionale in sanità, che vuol dire il controllo della sanità da parte dei professionisti, che in quanto professionisti sono i più bravi del mondo ma quanto a capacità di governo della sanità credo sia meglio lasciarla a chi sa amministrarla.

(fonte: ilbisturi.it)

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Mondo farmaceutico
Omeopatia: norme al palo

Norme non ancora attuate, blocco dell’immissione di nuovi farmaci sul mercato, carenza di esperti del settore nelle commissioni tecniche, mancanza di informazioni specifiche e impossibilita’ di detrazione fiscale dei medicinali. E’ questo il quadro emerso durante la conferenza stampa organizzata oggi in Senato da Omeoimprese, l’associazione italiana che rappresenta il 90% delle aziende produttrici e distributrici di medicinali omeopatici. “Dal 2006, infatti - spiegano gli omeopati - e’ in vigore in Italia il decreto legislativo n. 219 del 24 aprile che, recependo una direttiva comunitaria, considera gli omeopatici farmaci a tutti gli effetti. Per l’attuazione della legge, pero’, occorre che l’Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa) predisponga gli appositi modelli per la registrazione dei medicinali, necessaria per la loro immissione sul mercato”. “Il regime transitorio della legge, permette tutt’oggi la vendita dei soli omeopatici presenti sul mercato dal 1995, farmaci che devono comunque essere registrati entro il 2015 - spiega Fausto Panni, Presidente di Omeoimprese - ma dei tre moduli necessari per la registrazione, l’Aifa ne ha rilasciato solo uno, per giunta non pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. A tre anni dal dlgs del 2006, quindi, non e’ ancora possibile inserire nuovi farmaci sul mercato e cio’ impedisce di fatto la programmazione di investimenti da parte dell’industria del medicinale omeopatico e antroposofico. Un vero blocco dell’intero settore produttivo, di fatto fermo da 15 anni, nonostante la crescita del mercato”.
Proprio negli ultimi 15 anni, infatti, il numero di pazienti che fa uso di medicinali omeopatici e’ cresciuto del 65%. Sono circa 9 milioni (15% della popolazione) le persone che si affidano alle cure omeopatiche. Un mercato in continua crescita che nel 2008 ha visto aumentare il ricorso all’omeopatia del 5% e del 5,3% nel 2009. Il mercato di riferimento, in termini di fatturato vale in Italia 165.914 milioni di euro (2008), pari a circa 300 milioni di euro di valore di sell-out farmacia. (Fonti: Istat, Omeoimprese). Un mercato quindi in crescita ma frenato da questa “empasse legislativa”. Omeoimprese, che ha manifestato grande preoccupazione sullo stato di attuazione del dlgs 219/2006 e su possibili peggioramenti rispetto al dettato della legge e della direttiva comunitaria, ha raccolto in un ampio documento otto questioni aperte per le quali propone azioni concrete.

(fonte: AducSalute)

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