Notiziario n. 92

 

Editoriale

Dalla Federazione

Farmacie Comunali


Mondo Farmaceutico


 Editoriale

Attacchi alla Farmacia Comunale

Tra la fine di agosto e le prime settimane di settembre la cronaca ha registrato un susseguirsi di attacchi al mondo della Farmacia del tutto inconsueta per questo periodo dell’anno. Un misto di interessi di parte, scompostezze, errori di valutazione e addirittura vere e proprie cialtronerie che tra loro hanno ben poco a che fare ma che prese insieme testimoniano il continuo aggravarsi della situazione generale del settore e il successivo inasprirsi di toni e rapporti.

 

Partiamo dal peggio. Sulle colonne del quotidiano Il Foglio, il 28 agosto Camillo Langone plaude alla proposta di privatizzazione avanzata da Cottarelli definendo le Farmacie Comunali un “ relitto immarcescibile dell’italocomunismo anni Settanta”, continuando poi così: “Chi è cresciuto a Reggio Emilia lo sa meglio: nelle farmacie comunali della città del tricolore senza ricetta non ti danno nemmeno il Fluimucil. Ho visto signore ipertese implorare farmaci indispensabili ed essere trattate come nei comuni democratici non trattano gli spacciatori di droga: “Se ne vada! Si rivolga alla guardia medica!”. Le farmacie comunali sono una sacca di comunismo schifoso con tutto ciò che al comunismo schifoso consegue: eccessi di zelo, inefficienze, umiliazioni”.

Non essendo parte chiamata in causa, la nostra Federazione non può procedere per le opportune vie legali contro questo signore che in passato aveva deliziato l’opinione pubblica italiana sostenendo la necessità di  togliere i libri alle donne, essendo a suo giudizio evidente  che il drammatico calo di natalità in Italia dipende dall’aumento della scolarizzazione femminile.

Assofarm può però ricordare a Langone che la dispensazione di un farmaco necessitante di ricetta medica è un’azione prescritta e regolata dalla legge. Le farmacie comunali hanno il vizio di rispettare la legge, sempre e comunque, e certamente quando una legge è giusta e tutela salute del cittadino. La ricetta medica non è un intralcio della burocrazia, ma un documento attraverso il quale il medico definisce sotto la sua responsabilità quale è la terapia farmacologica migliore per il proprio paziente.

 

Siamo certi che non vi siano legami diretti tra le volgarità di Langone e la richiesta avanzata ad Aifa dal Movimento Nazionale Liberi Farmacisti e dalla Confederazione Unitaria delle Libere Parafarmacie Italiane relativamente ai dati sulla consegna urgente senza ricetta nelle farmacie. Eppure anche in questo caso si mette in discussione la professionalità delle farmacie.

Se Langone ci accusava di fare eccessivo uso della legge (!), in questo caso si mette in dubbio che la si rispetti.

La richiesta nasce, si legge in una nota “dall’allarme lanciato nei giorni scorsi circa un aumento non controllato della consegna di medicinali senza ricetta che metterebbe a repentaglio la salute dei cittadini e alla campagna di moralizzazione della professione di farmacista promossa dalle due sigle”. 

Come i promotori di questa richiesta, anche noi rimaniamo in attesa dei dati, favorevoli come siamo da sempre ad ogni azione di controllo e di trasparenza sul nostro operato.

Non condividiamo invece esortazioni a trasformare un’azione di verifica tecnica in una sorta di Le Iene Show. Tale infatti sarebbe  l’invito a cittadini e farmacisti a far pervenire “immagini, documenti registrazioni video o audio di violazione della legge sulla dispensazione dei farmaci”, come si legge in un articolo uscito su Quotidiano Sanità il 14 settembre scorso.

Il confronto con parafarmacie e MNLF, anche quando duro, non è mai stato scorretto. Sarebbe davvero disdicevole che qualcuno avviasse operazioni allarmistiche al solo scopo di recuperare spazi di azione che la legislazione italiana e comunitaria continuano a definire di pertinenza delle farmacie.

Da parte nostra, ci preme ricordare che le farmacie italiane, e quelle Comunali in primis, si adoperano da anni per una maggiore integrazione del proprio lavoro con quello dei medici di base (la battaglia per la pharmaceutical care ne è l’esempio più evidente) e non certo per uno scavalcamento di questi ultimi. 

 

Infine l’attacco più pericoloso alle farmacie comunali è arrivato dal lavoro del Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli. Lavoro che, come riportiamo in un testo a seguire, si basa su un’interpretazione essenzialmente errata dei dati di partenza.

Non è vero che le farmacie comunali nel nostro paese sono un costo improduttivo per i comuni, ma è vero l’esatto contrario: nella stragrande maggioranza dei casi sono un investimento che produce utili e che offre un servizio apprezzato dai cittadini. 

Non è vero che nel resto d’Europa non ci sono casi simili al nostro, ma è piuttosto vero il contrario. In quei paesi in cui la storia sociale nazionale ho prodotto farmacie pubbliche, queste ci sono ancora oggi e nessuno si sta sognando di metterne in discussione l’esistenza.

E infine la privatizzazione non è l’unica possibilità offerta alle farmacie comunali per contribuire alla spending review. Una loro maggiore integrazione nel SSN permetterebbe di ridurre i costi della spesa farmaceutica e ospedaliera, dando al contempo servizi sanitari più efficaci e prossimi ai cittadini.

 

Tre vicende, quindi, caratterizzate da toni e qualità contenutistiche così differenti da renderne impossibile un confronto reciproco. Eppure accomunate da una sorta di astio verso il mondo della Farmacia, in particolar modo quella Pubblica, che francamente troviamo ideologiche e senza fondamenta solidi nella realtà.

Non ci rimane che rispondere coi fatti, i numeri e le idee. I fatti e i numeri sono quelli riassunti per l’ennesima volta nel documento in risposta al Commissario Cottarelli, di seguito riportato. Le idee sono quelle che da anni presentiamo in ogni incontro istituzionale cui partecipiamo e che stanno, seppure lentamente, riformando il mondo della farmacia italiana.

 

Venanzio Gizzi

Presidente Assofarm

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 CONSIDERAZIONI SUL RAPPORTO COTTARELLI

La sensazione generale che ci accompagna nella lettura approfondita del lavoro del Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli è di vero e proprio sconcerto. 

Ci attendevamo un’analisi serrata dei centri di spesa pubblici e delle potenzialità di miglioramento dei punti critici. E invece ci siamo trovati a leggere una sorta di progetto di riforma che, per quanto riguarda le Farmacie Comunali, si basa perdipiù su considerazioni quantomeno discutibili. È legittimo dubitare che, limitatamente al nostro settore,  il Commissario Cottarelli sia andato fuori tema: da un documento che doveva essere tecnico, siamo passati ad una riflessione politica non priva di interpretazioni lacunose.

 

Spending review o progetto politico di riforma?

Innanzi tutto vale la pena ricordare che gli obiettivi assegnati al Commissario Straordinario per la revisione della spesa (spending review) sono identificati come segue:

1. efficientamento del sistema delle società partecipate

2. semplificazione delle stesse mediante una riduzione del loro numero

3. aumentare la trasparenza delle società

4. ridurre i costi di amministrazione

Non si riscontra quindi un approccio negativo, visto che il Piano riconosce che “le partecipate hanno un ruolo essenziale per le funzioni degli enti locali”. Confermando il ruolo positivo delle società partecipate, il Piano si chiede quale debba essere il perimetro “appropriato” della loro azione. L’utilizzo dell’aggettivo qualificativo “appropriato” sottende che qualcuno deve definire lo spazio di azione entro cui gli Enti Locali devono esercitare le loro funzioni.

In questi ultimi anni, nonostante i ripetuti tentativi di comprimere l’autonoma decisione degli Enti

Locali, il diritto europeo (si vedano tutte le diverse sentenze della Corte europea di Giustizia), la giurisprudenza costituzionale, la consultazione referendaria del giugno 2011 e, infine, la normativa nazionale hanno confermato la libertà dei Comuni di definire i modelli organizzativi e gestionali ritenuti maggiormente coerenti ed adeguati per realizzare le proprie finalità istituzionali.

Il Piano mette in discussione questo principio ponendo una domanda che ha due risvolti: a) potrebbe l’attività (svolta dalle società partecipate) essere svolta dal privato? e b) potrebbe essere svolta direttamente dall’ente partecipante senza ricorrere ad una partecipata?

Tralasciando il risvolto b) per i noti vincoli imposti dal patto di stabilità, merita attenzione il primo risvolto perché investe direttamente il settore delle Farmacie Comunali al quale il Commissario dedica una particolare attenzione.

Nel suo documento il dottor Cottarelli afferma che, la presenza maggioritaria del settore privato nella misura del 91% circa,  giustifica la fine delle farmacie pubbliche: sono così poche che possono anche non esserci. Si tratta, a nostro avviso, di un ragionamento privo di basi logiche. Basta applicarlo alla sanità italiana in generale per comprenderne l’infondatezza. Il Sistema Sanitario Nazionale del nostro paese è costituito da un 95% di strutture pubbliche e da appena un restante 5% di aziende private. Se qualcuno proponesse di rendere pubbliche per legge queste ultime, non sarebbe nemmeno preso in considerazione. Perché allora questo ragionamento dovrebbe esser valido per le farmacie?

La verità è che la Sanità è qualcosa di più complesso di altri settori economici, e questa complessità rende non solo legittima la co-presenza di pubblico e privato, ma anche positiva per gli interessi del cittadino. E’ a tutti noto che, nelle località dove sono presenti contemporaneamente farmacie pubbliche e private il servizio farmaceutico presenta livelli qualitativi più alti della media.

Valga per tutti l’esempio delle Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia (FCR) che hanno attivato un importante sevizio di documentazione scientifica ed educazione sanitaria che è punto di riferimento per tutte le farmacie italiane, pubbliche e private, e che, in più di un’occasione, sono state coinvolte dal Ministero della Salute. (Vedasi il sito internet www.fcr.re.it).

Deve, inoltre, essere considerato che proprio la presenza di Farmacie Comunali in quasi tutte le più importanti città italiane, ha più volte scongiurato e/o reso inefficaci forme di protesta da parte dei farmacisti privati consistenti nel ricorso alla c.d. “erogazione indiretta” (i cittadini pagano di tasca propria i farmaci S.S.N. e poi aspettano i rimborsi da parte delle AA.SS.LL.) In numerose città italiane, Roma compresa, negli anni passati, tale fenomeno ha avuto particolare evidenza, con riferimento alle file di cittadini che riuscivano ad ottenere l’assistenza farmaceutica unicamente nelle Farmacie Comunali. (Nota di colore – Numerosi articoli di giornale riportano che, l’allora Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, che abitava nei pressi di una delle più importanti Farmacie Comunali capitoline ubicata in C.so Vittorio Emanuele, constatava quotidianamente le lunghe file di cittadini regolate dalla Polizia municipale in occasione di una delle tante serrate delle farmacie private).

Ci sono senz’altro elementi di mercato da considerare, ci sono costi e profitti. Ma c’è anche il diritto alla salute per quei cittadini meno abbienti, o per comunità che risiedono in aree svantaggiate. Situazioni, queste, che non possono essere soddisfatte dal libero mercato e da una presenza di sole farmacie private, votate come sono alla legittima massimizzazione dei loro profitti.

L’economia torna invece in cattedra appena si prova a considerare l’attuazione di quanto proposto dal Commissario Cottarelli. Per vendere le Farmacie Comunali serve qualcuno disposto a comprarle. I recenti, e sporadici, tentativi di dismissione non hanno quasi mai dato esiti positivi. Le aste vanno deserte o si concludono con dei ribassi di prezzo ben al di sotto delle previsioni degli amministratori locali. Le farmacie non rendono più come in passato, e vendere quelle comunali non si sta rivelando un buon affare per i Sindaci. 

 

Confini definiti dalla legge

Il lavoro del Commissario alla Spending Review avrebbe dovuto tenere in maggiore considerazione alcune disposizioni legislative che Assofarm aveva portato a sua conoscenza in un incontro avvenuto questa estate.

Prima di tutto ricordiamo che la legge 833/78 istitutiva del SSN, all’articolo 28, prevede che le ASL “possono acquistare direttamente le preparazioni farmaceutiche di cui al secondo comma per la distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l’impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari. La legge regionale disciplina l’acquisto di detti medicinali e del restante materiale sanitario da parte delle unità sanitarie locali e dei loro presidi e servizi, nonché il coordinamento dell’attività delle farmacie comunali con i servizi dell’unità sanitaria locale”. Le Farmacie Comunali possono insomma giocare un ruolo importante nel contenimento della spesa farmaceutica regionale attraverso una maggiore integrazione tra le proprie competenze e l’attività delle Aziende sanitarie locali.

A ciò si aggiunge, più recentemente, la Sentenza n. 216/2014 della Corte Costituzionale, depositata lo scorso 18 luglio che, in linea con la precedente giurisprudenza, anche europea, ha sancito che le norme che riservano alla farmacia la distribuzione dei medicinali di fascia C non ledono alcun principio costituzionale. Scrive la Consulta, nel motivare la sentenza “Il legislatore ha organizzato il servizio farmaceutico secondo un sistema di pianificazione nel territorio, per evitare che vi sia una concentrazione eccessiva di esercizi in certe zone più popolose e perciò più redditizie e nel contempo una copertura insufficiente in altre con un minore numero di abitanti”. Il giudice delle leggi ricorda quindi l’esistenza di una “ complessa regolamentazione pubblicistica dell’attività economica di rivendita dei farmaci (sentenza n. 150 del 2011) rispetto alla quale non è possibile isolare uno degli elementi senza tenere conto della disciplina nella sua globalità. In ragione di ciò, l’individuazione del punto di equilibrio tra i diversi interessi è affidato al legislatore, cui è rimessa la relativa valutazione, fermo rimanendo il limite della non irragionevolezza delle scelte compiute”.

È evidente quindi che sia le intenzioni del legislatore sia le interpretazioni della Corte Costituzionale sono per il mantenimento e lo sviluppo di una presenza dualistica pubblico-privato nella farmacia italiana.

Vale la pena di ricordare che la recentissima Legge n.27/2012 (Legge Monti sulle liberalizzazioni), nel rivedere le condizioni generali del servizio farmaceutico, si preoccupa di riconfermare la peculiarità delle Farmacie Comunali prevedendo che, in alcune strutture di grande affluenza di pubblico ma prive di residenti, i Comuni possono, in via esclusiva, autorizzare l’apertura di una Farmacia Comunale.  

Infine, ricordiamo ancora una volta come sia la dottrina che la giurisprudenza abbiano ormai accettato che le Farmacie Comunali non sono un servizio pubblico locale. Infatti, anche se partecipate dai Comuni, per l’oggetto che trattano e perché sono a tutti gli effetti parte del SSN,  sono sempre state escluse dagli ultimi provvedimenti che hanno riguardato i servizi pubblici locali (Valga per tutti la ”salvezza” dall’applicazione dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008 disposta dal Legislatore per determinati settori e, in particolare, per il settore farmaceutico pubblico).

Il servizio farmaceutico non rientra, infatti,  nel novero dei servizi pubblici locali in quanto l’assistenza farmacologica è attività regolata dalle Unità Sanitarie Locali – enti sub-regionali, “attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate” (art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833).

Riteniamo che queste disposizioni e sentenze non debbano sancire uno status quo immodificabile, ma siano i confini entro cui operare riforme della spesa pubblica e del miglioramento del servizio al cittadino.

Non abbiamo mai praticato strategie ostruzionistiche e non lo faremo nemmeno in futuro. Se in futuro il confronto tra le farmacie pubbliche e le istituzioni si farà più serrato, utilizzeremo i dettami legislativi appena citati non come armi ma come regole del gioco cui attenersi. Il risparmio sulla spesa degli enti locali non si fa attraverso la privatizzazione di un sistema sostanzialmente sano, ma migliorando le sue performance economiche senza dimenticare la mission sociale che le Farmacie Comunali hanno nei confronti della cittadinanza.

 

Non siamo spesa pubblica improduttiva

Non comprendiamo come sia possibile pensare alle Farmacie Comunali come una voce di spesa improduttiva per gli enti pubblici dopo che Assofarm ha reso pubblici i dati della recente ricerca in cui dimostra che il 90% delle Farmacie Comunali presenta bilanci in attivo e negli ultimi tre esercizi hanno fruttato 160 milioni di euro netti alle casse dei Comuni loro proprietari. Le perdite complessive, per lo stesso periodo considerato, ammontano invece a 20 milioni di euro. Ma di questi, ben 15 milioni sono relativi a Farmacap di Roma, che al tempo stesso vanta crediti superiori verso la Regione Lazio e il Comune di Roma. In proposito segnaliamo che è già in atto da alcuni mesi un rigoroso piano di rientro che ha l’obiettivo, in poco tempo,  di portare in attivo il conto economico della Farmacap.

È evidente che non mancano casi critici sui quali sarà bene operare con rigore e tempestività, ma nel complesso la Farmacia Comunale è un investimento tra i più redditizi per le Amministrazioni Comunali, cui peraltro si accompagna un grado di soddisfazione netto e consolidato da parte dell’opinione pubblica.

Questi risultati positivi, è bene ricordarlo ancora una volta, nascono da un processo di razionalizzazione e di spending review interna che le farmacie pubbliche hanno avviato da anni, da prima della comparsa del Commissario Cottarelli. Le nostra associate da tempo hanno praticamente azzerato i costi dei propri consigli di amministrazione, hanno dato vita ad operazioni virtuose quali gruppi di acquisto per realizzare economie di scala sul piano degli approvvigionamenti di farmaci. In ambito federale si stanno mettendo a punto iniziative di unione di specifici servizi e l’accentramento di alcuni elementi amministrativi. Iniziative, queste, che offriranno altri spazi di redditività alle Farmacie Comunali e quindi ai Comuni loro proprietari.

Questo processo virtuoso già in atto potrebbe essere ulteriormente rafforzato attraverso la creazione di Aziende unitarie regionali di livello sovracomunale per la gestione delle farmacie pubbliche. Si tratterebbe di un’operazione che non solo aumenterebbe ulteriormente la marginalità delle nostre farmacie a favore dei Comuni, ma potrebbe anche migliorare, tramite una serie di servizi a rete in stretta collaborazione con le Unità Sanitarie Locali, la nostra azione verso quelle aree più marginali dei territori locali. Un’iniziativa insomma che consente non solo lo sfruttamento di economie di scala e di scopo ma anche favorisce una maggiore efficienza ed efficacia nell’espletamento dei servizi, nonché l’integrazione di servizi a domanda debole nel quadro di servizi più redditizi. Quest’ultimo punto, inoltre, va incontro a quell’esigenza di razionalizzazione e semplificazione che rappresenta la caratteristica più qualificante del Piano Cottarelli.

Le farmacie pubbliche hanno insomma dimostrato di non essere tanto una voce di spesa, quanto piuttosto un investimento che da tempo sta già dando ritorni interessanti, soprattutto grazie alla propria forza innovativa.

 

Il contesto europeo: è dalla nostra parte

Il dottor Cottarelli supporta il proprio giudizio negativo sulla nostra presenza ricordando che in ambito comunitario ci sono paesi senza Farmacie Comunali. 

Ciò è vero, ma si tratta di paesi (perlopiù di area germanica) in cui le farmacie pubbliche non ci sono mai state. Non si registra un solo caso in cui dove già esistevano siano state dismesse.

Le farmacie pubbliche nascono in risposta  a precisi bisogni sociali legati alla storia dei singoli paesi. In Gran Bretagna sono nate parallelamente  agli stravolgimenti urbani e sociali determinati dalla rivoluzione industriale, in Belgio in seguito alla repentina nascita dell’industria estrattiva, in Italia, dopo la fase iniziale che dava risposte alle popolazioni gravate da un’endemica povertà, si sono spesso accompagnate allo sviluppo dei grandi centri urbani a seguito del boom economico. In Svezia (paese dimenticato dall’analisi del dottor Cottarelli) tutte le farmacie sono pubbliche e costituiscono un elemento di eccellenza dell’invidiabile welfare scandinavo.

In nessuno di questi paesi è mai stato avviato un dibattito pubblico sulla possibilità di porre fine all’esperienza delle farmacie pubbliche. Eppure nessuno di questi paesi è immune da problemi di tenuta dei conti pubblici. 

Se quindi si vuole allargare lo sguardo oltre confine per capire qualcosa di più delle farmacie pubbliche, lo si faccia considerando tutti i casi nazionali presenti nell’Unione Europea. Emergerà una complessità e una serie di esempi virtuosi davvero convincenti sul fatto che è meglio che le farmacie comunali rimangano in vita dove già esistono. 

 

Sostenibilità economica e servizio sanitario

Le Farmacie Comunali associate alla nostra Federazione hanno già ampiamente dimostrato il proprio impegno a produrre bilanci sani. Siamo orgogliosi di poter essere una fonte di produzione di risorse pubbliche per le amministrazioni comunali nostre proprietarie.

Non vorremmo però che questa grande, e più che doverosa, attenzione al lato economico portasse a trascurare la dimensione sociale della nostra presenza. 

Anche grazie a risultati economici positivi, le Farmacie Comunali hanno risorse sufficienti per gestire farmacie in aree periferiche in cui non si possono generare profitti ma in cui è giusto offrire il servizio alle popolazioni locali. Lo stesso vale per la capacità di offrire servizi agevolati e gratuiti a gruppi sociali meno abbienti.

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di raggiungere la piena sostenibilità economica, senza però venire meno al dovere di garantire l’accesso al farmaco per tutti i cittadini, quali che siano le loro condizioni economiche e aree di residenza.

Un’azione di spending review che non tenesse conto del valore di tali impegni sarebbe un’azione politicamente sterile e socialmente devastante. 

 

Il contributo delle Farmacie Comunali nella spending review del SSN

In conclusione, le Farmacie Comunali italiane partecipano a pieno titolo ad ogni operazione di revisione della spesa pubblica italiana. È un’operazione che hanno avviato da tempo e che non intendono certo fermare ora.

La presenza di Farmacie Comunali  in perdita, come del resto anche nel caso di diverse farmacie private,  di aziende che nel recente passato hanno vissuto vicende di errata gestione, sono situazioni che non devono gettare cattiva luce su un sistema che nel complesso è virtuoso sia nei conti che nell’assolvimento della propria mission sociale. 

Crediamo però che il nostro compito non finisca qui. La sola analisi dei nostri bilanci, che peraltro il Commissario Cottarelli ha fatto in maniera assai discutibile, non permette di comprendere quali possano essere i contributi potenziali che le Farmacie Comunali possono giocare in un più ampio processo di spending review del SSN. È un tema sul quale siamo massicciamente impegnati da anni. La pharmaceutical care permetterebbe risparmi sostanziali nella spesa del farmaco e nell’ospedalizzazione dei pazienti, l’ampliamento della distribuzione in nome e per conto ridurrebbe i costi occulti per i cittadini. 

Non a caso le Farmacie Comunali, in una logica di migliorare le performance qualitative del servizio farmaceutico sganciandolo da una logica puramente commerciale, già nel 2005 proposero (per la prima volta in Italia) l’adozione di un nuovo modello di remunerazione del farmacista, non più basata su una percentuale sul prezzo del farmaco ma riferita a un onorario per la prestazione professionale (fee for services) .

In conclusione, dunque, le Farmacie Comunali italiane chiedono di continuare ad essere considerate un soggetto non assimilabile ai servizi pubblici locali, pur svolgendo a tutti gli effetti un servizio sanitario rivolto alle comunità di uno specifico territorio.

Oggi le Farmacie Comunali sono esattamente il contrario di un ramo secco. Sono invece una pianta sana, con solide radici nel passato sociale delle comunità in cui operano, e dimostrano di avere linfa vitale in grado di far dire loro qualcosa di importante sul futuro sanitario del paese.
 

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 Lettera al Sindaco di Viterbo sulla dismissione della Farmacia Comunale “La Quercia”

 

Egr. Sig. Sindaco,

apprendo con viva preoccupazione dagli Organi di Stampa la notizia della possibile dismissione della gestione del Servizio Sanità Società Francigena Srl – Farmacia Comunale “La Quercia” di Viterbo e più in particolare della possibilità di privatizzazione della Azienda stessa, con le pesanti conseguenze che tali atti potrebbero determinare sul futuro dei dipendenti aziendali.

Del dibattito di questi giorni che coinvolge diverse Amministrazioni Comunali in tutta Italia riguardo la dismissione delle proprie Farmacie Comunali, ciò che deve preoccupare non è la dimensione numerica di tale fenomeno, quanto i contenuti del dibattito che accompagnano tali tentativi.

È infatti noto che la maggior parte delle aste di vendita vadano deserte, a meno che gli Enti proprietari non optino per una marcata svendita di un patrimonio costruito negli anni con ingenti investimenti di risorse pubbliche. A.S.SO.FARM. comprende appieno le difficoltà degli Amministratori Locali, quotidianamente stretti tra drammatici e crescenti bisogni di welfare essenziale e una progressiva riduzione delle risorse a loro disposizione. Il fatto che oggi l’idea di vendere le Farmacie Comunali sia dettata da esigenze di cassa, e non da posizioni ideologiche, è dimostrata dal fatto che tale volontà interessa giunte comunali di ogni colore politico. Esigenze di cassa che, lo ripetiamo da anni, raramente vengono soddisfatte dalla vendita delle Farmacie Comunali. Oggi il valore di mercato di una Farmacia è ai minimi storici e in larga parte determinato dalla loro bassissima redditività.

Questo è sicuramente noto alla maggior parte dei Sindaci, Giunte e Consigli Comunali, che ogni anno ascoltano le relazioni di bilancio degli Amministratori delle aziende farmaceutiche dei loro Comuni. Non siamo però sicuri che chi ha una qualche responsabilità nella proprietà delle Farmacie comunali conosca nel dettaglio le ragioni del crollo della redditività di uno strumento che fino a pochi anni fa occupava un ruolo d’onore nei bilanci comunali. Gli ultimi governi succedutisi alla guida del Paese hanno spesso usato le Farmacie, pubbliche e private, come vero e proprio salvadanaio utile a ripianare i disavanzi causati da una spesa ospedaliera fuori controllo: riduzioni insostenibili dei margini per farmaci convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, provvedimenti restrittivi riguardanti la dispensazione di farmaci innovativi, tentativi malriusciti di coprire il calo di trasferimenti agli Enti Locali con la vendita forzosa delle Farmacie Comunali.

Questo breve approfondimento dimostra che oggi le Farmacie Comunali non “rendono” più come in passato non per il venir meno di un loro ruolo sanitario locale, né per errori di gestione da parte di chi le amministra, ma per via di scelte profondamente discutibili da parte dello Stato. Scelte che peraltro hanno ricevuto contestazioni formali da più parti. Di recente l’Avvocatura Generale della Corte di Giustizia UE ha consigliato il mantenimento dell’esclusività della distribuzione dei farmaci con ricetta alle Farmacie, ribadendo così un ruolo specifico per le farmacie nel più ampio Servizio Sanitario Nazionale. E ancora più recentemente la Corte di Conti delle Marche ha escluso l’obbligo di dismissione delle Farmacie Comunali, in quanto non rientranti nei servizi pubblici locali contenibili dal mercato ma come soggetti che garantiscono un più universale diritto alla salute dei cittadini.

Quindi, mentre da più parti arrivano segnali di considerazione per la farmacia, in seno a molti comuni sembra resistere un atteggiamento miope. Se però i tanti tentativi di vendita delle farmacie comunali non hanno avuto esiti o hanno prodotto entrate sensibilmente più basse delle aspettative, ciò deve spingere a cambiare prospettiva. Oggi si deve credere nelle Farmacie Comunali. Gli spazi per un rilancio ci sono. 

 

Venanzio Gizzi - Presidente Assofarm

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 San Felice sul Panaro, nuova farmacia

San Felice dal 19 maggio scorso ha la sua farmacia comunale, aperta a Rivara in via degli Estensi, in un’ala dell’ex scuola elementare. A dirigerla il dottor Matteo Magri, un giovane farmacista di 36 anni di Vigarano Pieve, in provincia di Ferrara.

Prima di arrivare a San Felice, ha lavorato nella farmacia comunale di Ravenna. Che differenza c’è tra una farmacia di città e quella di un piccolo centro?

Sicuramente qui il rapporto di fiducia che si crea tra farmacia e cliente è ancora più stretto, l’ho potuto constatare anche solo da questi primi mesi. Comunque la farmacia è sempre un posto che la gente tende a scegliere per come viene accolta, per i servizi di cui può usufruire, per le risposte che il farmacista riesce a dare, anche se non può mai sostituirsi a un medico. Posso comunque dire che i cittadini hanno comunque molto apprezzato la nuova farmacia.

A proposito di servizi, quali sono quelli che possono trovare i sanfeliciani nella nuova farmacia comunale?

Dalle prenotazioni CUP all’autodiagnostica per glicemia, colesterolo e trigliceridi, dalla misurazione della pressione al noleggio di apparecchiature elettromedicali, oltre a essere specializzati anche in erboristeria, veterinaria e dermocosmesi. A proposito di quest’ultima, è stata creata una linea con il nostro marchio di creme mani e viso. E, novità arrivata da poco, un nuovo test per le intolleranze alimentari.

Perché nuovo?

Lavora su un gruppo di immunoglobine alimento-specifiche, che prendono in considerazione quarantacinque alimenti, quelli che nel 98% dei casi causano questo genere di problematiche. Si tratta di un test molto affidabile.

La farmacia comunale è aperta anche in pausa pranzo…

La scelta dell’orario continuato è stata un’idea che è venuta spontanea, parlando con l’Amministratore della farmacia, il dott. Matteo Luppi. Sembrava il modo migliore per far conoscere la farmacia comunale, e poi si tratta di una soluzione naturale quando ci si trova su una strada di passaggio come questa. 

A Rivara il logo della farmacia sarà presente sui programmi della Sagra…

È un appuntamento importante per la comunità, e la farmacia vuole essere per quanto le compete un punto fermo della realtà dove si colloca. Verranno organizzate periodicamente iniziative legate al benessere e alla prevenzione. E a proposito della Sagra, per quei giorni sarà già montata sulla strada l’insegna definitiva. 

(Comune San Felice sul Panaro)

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  Nuova Farmacia Comunale nel catanese

L’avvio della farmacia comunale a Misterbianco è ormai una realtà. L’Amministrazione comunale, infatti, ha sottoscritto il contratto con il gestore che si è aggiudicato il bando di evidenza pubblica che l’anno precedente era andato deserto. Si tratta della 12ma sede farmaceutica sul territorio etneo, per la quale il trascorso Consiglio comunale aveva, nel 2011, esercitato il diritto di prelazione e che il nuovo Civico consesso, lo scorso anno, aveva deliberato la concessione a terzi della sua gestione. La sottoscrizione del contratto porterà nelle casse del Comune un introito di 427.840 euro che il gestore dovrà versare in due rate, per la gestione decennale della sede farmaceutica, oltre al 2% annui sugli importi risultanti dalla contabilità con il Servizio sanitario nazionale.

“Con l’apertura della farmacia comunale – ha detto il sindaco Nino Di Guardo, dopo la firma del contratto – forniremo un servizio maggiore ai nostri cittadini residenti a Piano Tavola ma anche a quelli degli altri tre Comuni (Belpasso, Camporotondo Etneo, Motta Sant’Anastasia) che fanno riferimento alla frazione. Inoltre, incasseremo una somma non indifferente in un periodo di magra dei bilanci comunali”.

Le spese di avviamento e degli arredi sono a carico del gestore che dovrà predisporre una carta dei servizi di qualità per il cliente. A partire dal sesto anno il Comune, fermo restando l’incameramento della somma per la gestione, potrà concedere al gestore di esercitare il diritto di prelazione dietro il pagamento di una somma pari alla media del fatturato degli ultimi due anni. La sede farmaceutica sorgerà su via Nazionale e, visto l’investimento, il gestore è impegnato ad aprire i battenti entro brevissimo tempo per far funzionare la prima farmacia comunale sul territorio.  (gazzettinoonlline)
 

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  Vasto: solo un’offerta per la Farmacia Comunale

Lo scorso 1° agosto era stata scarsissima la risposta al bando d’asta per la vendita della farmacia comunale di Vasto, ubicata nella zona sud della circonvallazione Istoniense.

Alla scadenza dei termini fissati, infatti, in Municipio era pervenuta una sola offerta: quella della dottoressa Sabrina Sansanelli, nativa di Vasto ma residente a Bologna, che ha offerto una somma di 985mila euro, cioè 20mila euro in più rispetto all’importo a base d’asta al rialzo fissato dalla commissione che ha stabilito il valore della struttura. Ora, dopo i necessari adempimenti, la farmacia è stata definitivamente aggiudicata alla dottoressa Sansanelli e il Comune è pronto ad incassare poco meno di un milione di euro. I competenti uffici comunali hanno dovuto verificare, nello specifico, se qualcuno degli attuali dipendenti che lavorano all’interno della farmacia comunale avesse fatto valere il diritto di prelazione previsto tra le disposizioni del bando.

Non è stata però registrata alcuna azione in merito. Nei prossimi giorni si passerà alla verifica dei prodotti che sono in giacenza e in magazzino, con il pagamento che dovrà avvenire a parte.

La farmacia comunale sulla circonvallazione Istoniense, situata in una zona che ha vissuto una forte espansione edilizia e il cui obiettivo era calmierare i prezzi a beneficio della collettività, non è riuscita a produrre utili e così il Comune ha deciso di venderla per fare cassa. Le perdite fatte registrare dalla farmacia, gestita da «Farmacie Comunali di Vasto srl», società unipersonale a socio unico, interamente partecipata dal Comune, in verità non sono state elevatissime, circa 4mila euro annui, ma tanto è bastato, in un periodo di grande magra per le pubbliche amministrazioni, per spingere il Comune a deciderne la privatizzazione. (Il Tempo)
 

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  Ravenna amica delle donne

Una nuova targa in mosaico del progetto “Ravenna città amica delle donne” sui muri della città: questa mattina, infatti, è avvenuta l’affissione di un “fiore” presso la sede di Farmacie Comunali srl di Ravenna in Via Fiume Montone Abbandonato 122. “Siamo liete di poter presenziare ancora una volta, all’affissione di una  targa in mosaico del nostro progetto - dichiara Alessandra Bagnara, Presidente di Linea Rosa -  Un fiore in mosaico, che idealmente lega l’installazione contro il femminicidio, posta in Piazzetta Serra, è l’emblema che caratterizza la targa in mosaico e il posizionamento sui muri della nostra città vuole essere il segnale tangibile di benvenute a tutte donne.

“Negli ultimi tempi -  prosegue la Bagnara - mi crea un enorme piacere notare la frequenza con la quale tante Istituzioni, realtà commerciali e privati cittadini, attraverso l’acquisto e l’affissione della targa, manifestino concretamente la loro vicinanza alla nostra Associazione sostenendoci e incoraggiandoci nel nostro quotidiano lavoro a supporto delle centinaia di donne vittime di violenza, che ogni anno si rivolgono a noi”.

L’affissione della targa è avvenuta alla presenza dell’assessora Piaia, del Presidente di Ravenna Farmacie Paolo Pirazzini, della Direttrice Barbara Pesci, della mosaicista autrice dell’opera, Anna Fietta e della presidente di Linea Rosa Alessandra Bagnara. (ravennanotizie)
 

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  Nuova Farmacia a Novara
E’ stata inaugurata sabato mattina 13 settembre la rinnovata farmacia comunale di corso Trieste, a S. Agabio. Una farmacia che è stata ampliata, raddoppiando i suoi spazi iniziali.

Al taglio del nastro, il sindaco Andrea Ballaré con gli assessori al Bilancio Giorgio Dulio e Sara Paladini (al Commercio), insieme al presidente di Pharma Novara, Nicola Natalicchio, all’amministratore delegato Alessandro Provera, al consigliere Alberto Martignone.

A oggi la farmacia è stata ampliata sino a raggiungere i 160 metri quadrati di negozio. E’ aperta dal lunedì al sabato dalle 8 alle 19,30, con orario continuato (questa una delle novità, con anche l’anticipo dell’apertura, dalle 8,30 alle 8). A disposizione anche un servizio di autoanalisi. Al servizio dei clienti, cinque farmacisti. 

(OkNovara)

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  Veneto, premio alla Regione per la ricetta dematerializzata

Efficienza interna e semplificazione:  è la categoria nella quale la sanità veneta si è aggiudicata ieri a Riccione il premio nazionale eGOV 2014, il riconoscimento riservato alle migliori innovazioni che provengono dai territori, al quale concorrevano 112 progetti provenienti da tutta Italia, suddivisi in 4 categorie.

Il riconoscimento è stato assegnato a Regione Veneto e Arsenàl.it  (il Consorzio tra le Aziende sanitarie venete per l’informatizzazione) per i progetti che hanno permesso la dematerializzazione della ricetta farmaceutica, oggi a regime in tutta la Regione, e per l’attività di labelling, vale a dire di certificazione di interoperabilità dei software sanitari, che Arsenàl.it sta realizzando nell’ambito della definizione del Fascicolo sanitario elettronico regionale.

La dematerializzazione della “ricetta rossa”  - decisiva per l’assegnazione del premio - è partita in Veneto il 1° settembre e ha visto trattate in questa modalità innovativa 1 milione 283 mila 250 ricette, pari all’85% delle prescrizioni effettuate dai medici di base.

Di queste, il 67% è stato preso in carico dalle farmacie, che hanno erogato digitalmente il 97% dei farmaci prescritti.

“Investendo sull’informatizzazione” ha dichiarato visibilmente soddisfatto lìassessore alla Sanità Luca Coletto  (nella foto) “abbiamo vinto una partita fondamentale per la modernizzazione della sanità. Informatizzare significa semplificare e rendere più sicuri i processi, agevolare il cittadino che dovrà sempre meno rivolgersi fisicamente agli sportelli, risparmiare ingenti risorse da reinvestire nelle cure.”

Nel caso della ricetta rossa, ha fatto notare  l’assessore, “il risparmio è quantificato in 3 milioni 244 mila 901 euro l’anno. Di fatto sono soldi che non usciranno più dalle tasche dei cittadini e, questo, unito al fatto che erogheremo servizi più efficienti, è motivo di orgoglio. Un orgoglio dettato dai fatti, tanto che questo nuovo premio e.GOV è la più bella dimostrazione che a dirci bravi sono gli altri, esperti e giurie a livello nazionale. Anche in questo caso – ha concluso Coletto – il Veneto fa scuola – perché l’obiettivo per le Regioni era stato fissato nell’80% tra alcuni mesi, e noi siamo all’85% in 18 giorni”. 

(Ordine Farmacisti Roma)

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  Il generico? Una questione di linguaggio

Valutare a livello qualitativo la relazione tra farmacista e paziente, la comunicazione, verbale e non, che la attraversa. Questo l’approccio, inedito, della ricerca sugli “Off patent in farmacia” condotta da Sege-Attoma Group per Zentiva. Non un’indagine ad ampio spettro ma uno studio di insight che ha preso in esame oltre trecento interazioni tra farmacisti e pazienti in sette farmacie di Milano e provincia. A completare lo studio  quindici video-interviste a farmacisti e i risultati di otto focus group realizzati con i pazienti delle farmacie coinvolte. Cosa se ne deduce? Che mentre la comunicazione relativa al brand è piuttosto lineare - “l’originale” è parola utlizzata comunemente  tanto dal farmacista che lo dispensa quanto dal paziente che lo richiede - nel discutere di farmaci generici subentra una certa confusione lessicale. Per intendersi, il farmacista parla spesso di “generico”, meno spesso di “equivalente”, a volte cita solo il nome della molecola. Dall’altra parte del banco, invece, il paziente snocciola,a seconda dei casi una sequenza di definizioni, più o meno scientifiche: “generico”, “equivalente”, “uguale”, “identico”, “simile”, “lo stesso”, “la sottomarca”, “l’altro”. I più forbiti, pochi, enunciano la molecola. Facile comprendere come tale approssimazione linguistica denunci una tuttora scarsa conoscenza, nel cittadino, dell’argomento “generici”, che è spesso sinonimo di scara considerazione del prodotto. Di qui una diffusione degli equivalenti ancora sotto la media europea e una persistente tendenza a considerare i generici convenienti sì ma anche di minor qualità rispetto ai branded. «Il campione è poco rappresentativo», commentaMarco Grespigna, direttore Bu Off Patent & Head di Zentiva Italia, «ma focalizzato sull’area milanese, tradizionalmnte molto sviluppata in fatto di cultura del farmaco. Eppure gli esiti della ricerca ci fanno comprendere che c’è ancora molto da lavorare sull’informazione relativa ai generici e sul modo in cui i farmacisti potrebbero trasferirla ai cittadini. Noi lo stiamo facendo con il progetto “Zentiva Più”, di cui l’indagine fa parte”. (farmacista33)

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  Farmaci, equivalenti al 15% della spesa.  Assogenerici: “È ancora troppo poco”Sui 26,1 miliardi della spesa farmaceutica totale 2013, la spesa relativa ai farmaci generici è stata pari al 15%, mentre le unità dispensate hanno rappresentato il 24%.

Numeri che, secondo Assogenerici, possono e devono ancora migliorare, consentendo attraverso i maggiori risparmi di “drenare” risorse da investire nell’innovazione.

A ribadirlo, ieri, è stato il direttore dell’associazione dei produttori di farmaci equivalenti, Michele Uda, nel corso di un convegno organizzato a Roma  da Aboutpharma e dedicato appunto al ruolo che questa classe di medicinali può recitare per garantire la sostenibilità dell’assistenza farmaceutica senza compromettere sicurezza, qualità ed efficacia delle terapie.

L’evento (centrato, in particolare, sull’analisi della situazione dei farmaci generici e biosimilari nel Lazio) ha consentito un confronto tra addetti ai lavori utile anche a valutare gli effetti prodotti dalla legge di spending review  che, come si ricorderà, introdusse specifiche disposizioni per incentivare il ricorso ai medicinali off patent.

È effettivamente cambiato qualcosa, nel nostro Paese, dall’entrata in vigore di quel provvedimento? I medici applicano le nuove norme, che impongono loro di indicare in ricetta il principio attivo, nel caso di pazienti cronici curati per la prima volta o in presenza di un nuovo episodio di patologia acuta? Le prescrizioni per principio attivo sono aumentate? E qual è l’atteggiamento attuale dei cittadini, nei confronti del farmaco non “griffato”?

A quest’ultima domanda aiuta a rispondere un dato: solo nello scorso anno, i cittadini italiani (in particolare gli anziani) hanno sborsato 861 milioni di euro di tasca propria per coprire la differenza di prezzo tra i farmaci di marca e farmaci generici,a dimostrazione delle diffidenze che ancora resistono nei confronti dei farmaci equivalenti. E questo - ha ricordato ancora Uda - “mentre la partita sui biosimilari è ancora tutta aperta”.

Per sviluppare il comparto, secondo quanto emerso dal convegno romano, è fondamentale rafforzare la sinergia tra istituzioni pubbliche, medici, farmacisti e associazioni di pazienti e consumatori, utilizzando soprattutto la leva dell’informazione per colmare definitivamente quel gap (sostanzialmente culturale) che ancora impedisce a molti cittadini del nostro Paese di rivolgersi con fiducia a farmaci che permettono di risparmiare risorse senza compromettere sicurezza, qualità ed efficacia delle cure.

Un tema - quello del risparmio delle risorse - particolarmente attuale, alla luce delle polemiche di questi giorni originate dall’ipotesi di tagli in sanità. Un nesso subito colto da Nerina Dirindin, senatrice Pd della Commissione Igiene e sanità, critica nei confronti di ulteriori colpi di forbice sui finanziamenti alla salute, “che non è un costo”  ha affermato “ma, come tutto il welfare, contribuisce anche all’occupazione, alla crescita e al Pil”.

Tutti gli intervenuti ai lavori non hanno esitato a  spezzare una lancia in favore dei generici, ciascuno rivendicando il contributo fornito per la loro affermazione: lo ha fatto il presidente della Fofi Andrea Mandelli, sottolineando come, nonostante i pesanti effetti della crisi economica sulle farmacie, “i farmacisti abbiano assicurato un ruolo fondamentale,  ampiamente riconosciuto”.

L’ultimo tra questi riconoscimenti ha voluto ricordarlo il segretario Federfarma Alfonso Misasi, facendo riferimento  alla recentissima indagine di Zentiva/Sanofi che ha rilevato come tre cittadini su cinque accolgano la proposta di sostituzione di una specialità con il corrispondente  equivalente avanzata dal farmacista in farmacia.

Anche il segretario nazionale della Fimmg Giacomo Milillo ha affermato che “i generici non sono farmaci di serie B”, passando in qualche modo un colpo di spugna sulle molte polemiche che proprio i medici hanno sollevato nel tempo sull’efficacia di questi farmaci e sulle misure varate per favorirne l’impiego.  

Proprio le norme “calate dall’alto”, secondo Milillo, saerbbero la ragione che “ha portato i medici e i cittadini a vivere male i farmaci generici.” 

Milillo ha ricordato quello che, a suo giudizio e probabilmente di molti altri suoi colleghi, è il nodo della questione: l’obbligo di sostituzione che - ha spiegato il segretario Fimmg - “ha creato difficoltà nell’impiego dei generici. Il prodotto a brevetto scaduto deve essere una  scelta del medico, anche per evitare interruzioni di terapie che possono provocare conseguenze sanitarie e  sprechi economici.”

L’evento si è quindi focalizzato sulla Regione Lazio, dove la spesa per farmaci generici , ferma al 13%, si attesta su livelli inferiori  rispetto alla media nazionale del 15% e dove nel 2013 i cittadini hanno speso 102,7 milioni di euro per coprire la differenza tra farmaco generico e di marca.

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(Ordine Farmacisti Roma)

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