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Notizie n. 32


Editoriale

 
Editoriale
Farmacisti comunali tra le tende d’Abruzzo

Scrivo queste poche righe da privato cittadino, oltre che da Presidente di Assofarm. Come privato cittadino ero, insieme a tutti gli altri aquilani, per le strade della mia città la notte del 6 aprile scorso, in cui arrivò il terremoto. Le uniche certezze di quei momenti erano l’angoscia per quello che stava accadendo e le poche cose che eravamo riusciti a prendere al volo da casa, nella quale non era certo che vi saremmo mai tornati. Col passare delle ore fu chiaro a tutti che quello che stavamo vivendo in quel momento era un disastro dalle enormi dimensioni, per vittime provocate e danni al territorio. Insieme alla vita dei più sventurati, per altri se ne andavano i ricordi e la casa, frutto di una vita di lavoro.
Come sempre accade in queste occasioni, nei giorni successivi, mentre la terra continuava a tremare, iniziò a vacillare anche la fiducia della gente per la società nella quale avevano vissuto. I dubbi su come erano stati costruiti alcuni immobili, le procedure pubbliche con le quali venivano date le concessioni edilizie, la qualità dei materiali di costruzione. Perfino la possibilità che non fossero state adeguatamente ascoltati i segnali di allarme annunciati da alcuni studiosi. Insomma, a sgretolarsi era anche la fiducia nelle istituzioni.                                
E qui finisce quanto scrivo da privato cittadino.                                                   
La stessa storia raccontata dal punto di vista del presidente di Assofarm è differente. Racconta di un appello lanciato dalle farmacie comunali italiane e dall’associazione Farmacisti in Aiuto, organizzazione specializzata in interventi umanitari in paesi in via di sviluppo, ma pronta ad intervenire anche in casa nostra.                               
Era fin da subito evidente che i dipendenti della AFM de L’Aquila non erano in grado da soli di far fronte all’emergenza: la maggioranza di essi viveva in tutto e per tutto la condizione di sfollato di noi tutti aquilani. L’appello di Assofarm è stato immediatamente raccolto da decine di farmacisti da tutta Italia e dalle loro aziende, che hanno immediatamente acconsentito ad inviarli nei centri di soccorso. Uno sforzo quindi che ha coinvolto tutto il nostro mondo. anche chi è rimasto nella propria città a “coprire” i colleghi venuti da noi in Abruzzo.
Insieme alle centinaia di altri volontari provenienti, anche i nostri farmacisti hanno fatto quello che hanno potuto tra tende e fango, tra mille mancanze materiali, ma forti di ben altre risorse: voglia di spendersi, professionalità, altruismo, inventiva. Senza tutto ciò non sarebbe stato possibile operare per giorni sotto una tenda, inventarsi metodi di pagamento e rendicontazione alternative al denaro, dal momento che la maggior parte degli aquilani aveva lasciato tutto quello che aveva a casa. Senza nemmeno ovviamente alcuna ricetta medica.
Eppure, sarebbe comunque irriconoscente ricordare il lavoro di questi farmacisti comunali unicamente per queste doti appena citate. La loro presenze nei territori del terremoto d’Abruzzo non è stata solo quella di professionisti sanitari di grande qualità, ma anche di soggetti che operano all’interno di organizzazioni sanitarie che sono espressione dei loro territori di provenienza. Organizzazioni nate non solo per rispondere a bisogni concreti delle popolazioni locali, quello della somministrazione del farmaco, ma che intravvedono nel rapporto farmacistapaziente uno dei tanti “modi” coi quali si pongono le fondamenta di una certa visione civile del mondo.
Fondamenta che stranamente si raffoza proprio quando attorno tutto trema.

Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm

 
Interventi A.S.SO.FARM pro-terremoto con fondi raccolti
 
Caro Sindaco,
A.S.SO.FARM. per l’emergenza terremoto dell’Aquila ha raccolto grazie ad una sottoscrizione fra tutte le Farmacie Comunali italiane fondi per la messa a disposizione immediata di quanto segue:
1 prefabbricato in legno per uso ufficio di mq 28 circa da adibire provvisoriamente, fino ad agibilità dello stabile, ad uffici per il Centro Servizi Anziani nostro associato;
1 prefabbricato in legno su due livelli per complessivi mq 65 su due piani da adibire, provvisoriamente ad uffici ed a locale Farmacia per l’Azienda Farmaceutica Municipalizzata sempre nostra associata;
1 container di circa mq 30, adibito a Farmacia, da collocare per le funzioni di una Farmacia Comunale non agibile.
Quest’ultimo in comodato d’uso per un anno.
Il tutto potrebbe essere a disposizione sin dal 27 corrente mese in luoghi che saranno comunicati da codesta Amministrazione Comunale.
Inoltre, l’ impegno di spesa per l’arredo di una delle Farmacie Comunali di L’Aquila andata distrutta dal sisma non appena sarà resa agibile.
Informiamo altresì che sin dal giorno successivo al drammatico evento sismico del 6 aprile u.s., il Sistema delle Farmacie Comunali associate ad A.S.SO.FARM ha risposto con numerose iniziative umanitarie all’appello tempestivamente emanato dalla Federazione, così come numerosi titolari di Farmacia.

Venanzio Gizzi
Presidente A.S.SO.FARM.

 
Mondo farmaceutico                                               
Aifa: tagliati 400.000 milioni di euro all’assistenza farmaceutica territoriale con DL approvato ieri da CdM

Il Direttore Generale dell’Aifa Guido Rasi in merito alle misure sulla farmaceutica approvate ieri dal CdM nell’ambito del Decreto legge sugli interventi di sostegno alle popolazioni colpite dal sisma, pur esprimendo il suo apprezzamento per gli ulteriori interventi che il Governo ha inteso adottare per fronteggiare l’emergenza ha manifestato perplessità e preoccupazione per l’interpretazione che nella stesura dell’Articolo 13 i tecnici hanno dato del mandato politico concordato al Tavolo farmaceutico lo scorso ottobre. “Pur ribadendo la solidarietà mia personale e dell’AIFA alle popolazioni colpite dal terremoto, concretizzatasi anche nelle azioni di sostegno realizzate dall’Aifa in raccordo con la Protezione civile, non posso esimermi dall’esprimere profonda preoccupazione per le conseguenze che le disposizioni sulla spesa farmaceutica contenute nel testo varato ieri dal CdM potranno avere sul settore che, in alcuni ambiti, è stato anch’esso duramente colpito dal terremoto. Oltre a non essere aderente a quanto congiuntamente concordato da tutti gli attori del mondo farmaceutico e delle Istituzioni attraverso l’Accordo siglato lo scorso ottobre al Tavolo Farmaceutico, la manovra approvata ieri, che prevede un taglio al tetto della spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale pari a 400 milioni di euro (portandolo al 13,6% del FSN), rischierà di pregiudicare gravemente la possibilità di accesso di tutti i cittadini ai farmaci innovativi, come peraltro ho più volte sottolineato”.

 
Mondo farmaceutico
DL terremoto, altri tagli alle farmacie

Sono 520 i milioni di euro che il settore farmaceutico produrrà per la ricostruzione dell’Abruzzo. Come già preannunciato, le recenti misure per il recupero dell’extra-sconto sui generici confluirà negli interventi per l’emergenza. Rispetto alle ultime bozze prima del terremoto, per le farmacie si registra un inasprimento delle condizioni almeno su due versanti.
Prima di tutto l’innalzamento del taglio sui listini dei farmaci equivalenti, dal 10% di prima all’attuale 12%. In secondo luogo la riduzione del tetto per la farmaceutica territoriale dello 0,4, passando così da un 14% ad un 13,6%.
Confermato inoltre il recupero degli sconti praticati dalle farrmacie nel corso del 2008: l’extra-sconto a favore del SSN viene mantenuto a +1,4% una tantum lungo tutto il 2009 e per tutti i farmaci erogati.
Confermata anche la revisione dei margini di filiera per le sole forniture di farmaci soggetti al maxi-taglio, corrispondente come noto ad un 8% di quanto finora corrisposto al produttore (dal 66,65% al 58,65% al prezzo al pubblico), ridistribuito tra farmacie e grossisti secondo accordi di mercato.
“Si tratta insomma di un ulteriore aggravio della situazione già di per sè difficile per le farmacie italiane - ha affermato il presidente di Assofarm Venanzio Gizzi - giustificata in parte dall’emergenza Abruzzo, ma che deve ben presto trovare altri meccanismi compensativi per i margini del nostro settore”

 
Solidarietà alle popolazioni colpite dal terremoto – raccolta fondi.
Di fronte all’immane tragedia del terremoto di Abruzzo che ha coinvolto decine di migliaia di cittadini A.S.SO.FARM si è attivata aprendo una sottoscrizione tra le proprie Associate per consentire il ripristino dei presidi socio-sanitari della città dell’Aquila, per la più parte andati completamente distrutti o fortemente compromessi nell’agibilità operativa.

I versamenti vanno intestati ad A.S.SO.FARM. con la seguente causale: “Raccolta fondi pro ristrutturazioni sociosanitarie del Comune dell’Aquila” presso

BANCA CARIM
Via Cavour 251 di Roma
Codice IBAN IT 10 P 06285 03201 CC1008006642

 
Dalla federazione                                                
Formazione a distanza 2009                                       

Il Corso di Formazione a Distanza (FAD) promosso da ASSOFARM in collaborazione con il Servizio di Informazione e Documentazione Scientifica delle Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia e l’Azienda Ospedaliera di Perugia, viene riproposto anche per il 2009 con nuovi moduli e nuovi contenuti.                                        
Gli argomenti affrontati nel 2009 saranno: Herpes labiale, Traumi, Infezioni delle basse vie urinarie, Ustioni Al corso sono stati pre-assegnati 37 crediti (protocollo n. 09-2246). Già disponibili le date di inizio corso, suddividendo tutti gli iscritti ad oggi presenti nel database in gruppi in base alla lettera del cognome, partendo, quest’anno, dalle ultime lettere dell’alfabeto.                              
Le sessioni del corso partiranno dal 1 Maggio 2009. Username e password per accedere alla piattaforma www.ecmperugia.it saranno invece inviati successivamente, all’approssimarsi della data di inizio delle sessioni.                                                                 

 
Dalle associate
I cinquant’anni di Ferrara

ll 27 aprile del 1959 veniva inaugurata la prima farmacia comunale di Ferrara, esattamente dove ancora oggi sorge la farmacia numero 1 della città, in una delle porte delle mura rinascimentali.
“I 50 anni di AFM Farmacie Comunali di Ferrara non possono essere archiviati come una ricorrenza qualsiasi: rappresentano il frutto del senso della solidarietà, della capacità di adeguarsi ai problemi sempre nuovi emergenti nel tempo, della determinazione a impegnarsi per dare risposta ai bisogni fondamentali della comunità”, ha detto Francesco Schito, alla presidenza di AFM Ferrara da ormai quattordici anni.
I festeggiamenti inizieranno venerdì sera 15 maggio al Teatro Comunale di Ferrara, dove si terrà un concerto di musica classica. Sabato 16 sarà invece il momento del confronto tra Comune, istituzioni, mondo della ricerca scientifica e organizzazioni di rappresentanza dei farmacisti e delle farmacie comunali sul futuro della distribuzione farmaceutica.

 
Mondo farmaceutico
Donzelli, con ricetta elettronica risparmi fino 2 mld euro tra 2 anni

La ricetta elettronica per la prescrizione di farmacie e prestazioni sanitarie farà risparmiare circa due miliardi di euro al sistema sanitario nazionale. E questo già tra due anni, quando funzionerà a regime facendo ‘viaggiare’ in rete le richieste del medico che arriveranno direttamente sui computer di farmacisti e strutture sanitarie. Un ‘tesoretto’ cumulabile grazie alla riduzione della carta, oggi utilizzata per 550 milioni di ricette dal costo di un euro ciascuna, e grazie alle minori spese da errori: si stima, infatti, un taglio del 7-8% della spesa farmaceutica e specialistica - che vale circa 14 miliardi di euro - dovuta a sbagli di prescrizione e di gestione. A fare i conti Paolo Donzelli, direttore dell’Ufficio studi del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, intervenuto oggi alla prima conferenza E-HealthCare, organizzata a Roma dalla casa editrice Edisef.
L’obiettivo del ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, è di archiviare definitivamente la ricetta ‘classica’ in due anni, ricorda Donzelli illustrando i dettagli del ‘Piano eGov’ 2012 per quanto riguarda la sanità. “L’innovazione digitale in sanità - dice l’esperto - può portare a un miglioramento del servizio, all’aumento dell’efficienza e al taglio dei costi”. Tra gli interventi possibili, già in programma, la digitalizzazione dei certificati di malattia. “Oggi in Italia - continua l’esperto - abbiamo 12 milioni di ‘pezzettini’ di carta prodotti ogni anno. Si tratta di documenti che il paziente deve portare al proprio datore di lavoro. Digitalizzare questo processo vuol dire semplificare la vita al cittadino e all’impresa. E consente, inoltre, un monitoraggio in tempo reale del fenomeno. In genere ci vogliono 6 mesi per capire effettivamente quali sono le cause delle assenze, dovute anche a infortuni”.
La tecnologia, inoltre, consente di ottimizzare le risorse, indirizzando il paziente verso le strutture più adeguate ma anche di assistere i malati a casa propria, grazie alla telemedicina, con una migliore qualità di vita. “L’Italia nel settore della sanità elettronica - conclude Donzelli - ha una situazione molto articolata perché l’assistenza sanitaria è gestita direttamente dalle Regioni. Abbiamo picchi di eccellenza, ma a livello regionale abbiamo situazioni differenti. La digitalizzazione potrà essere utile, mi auguro, anche per colmare i gap”.

(fonte: Adnkronos Salute)

 
Mondo farmaceutico                                               
AIFA: Licenziate Linee guida su requisiti di qualità dei prodotti omeopatici                                                 

Garantire a tutti i cittadini di avere a disposizione medicinali di cui sia verificata la qualità e la sicurezza ed erogare gratuitamente terapie di dimostrata efficacia nella cura di patologie gravi e croniche, costituisce obiettivo prioritario per l’Agenzia Italiana del Farmaco. Ed è in tale ottica che l’Agenzia, nel rispetto delle leggi comunitarie e nazionali vigenti, vincola la registrazione in Italia di tutti i prodotti medicinali, indipendentemente dal ruolo terapeutico ad essi attribuito, alla presentazione di un dossier che dimostri il possesso di rigorosi requisiti di qualità e sicurezza. L’acquisizione dello status di medicinale per i prodotti omeopatici, disposto dalla normativa comunitaria recepita e applicata a livello nazionale, li sottopone in Italia ai fini della registrazione alle medesime regole in vigore per tutti i medicinali in generale prevedendo, però, dei percorsi semplificati per quelle formulazioni somministrabili per via orale, o esterna, prive di specifiche indicazioni terapeutiche e con un grado di diluizione tale da garantirne la sicurezza.                                                 
Un tavolo tecnico ad hoc, composto da rappresentanti dell’Aifa, del Ministero della Salute, dell’ISS e delle Aziende di settore, al fine di tutelare appieno la salute dei cittadini ha già licenziato una specifica Linea guida. Sono in via di definizione i requisiti che, seppur nella diversità rispetto al farmaco, garantiscano alle Aziende interessate la registrazione dei loro prodotti in maniera semplificata.                 
Il documento è consultabile su www.agenziafarmaco.it
 

 
Dalla federazione
Assofarm aderisce a Federsalute-Confcommercio

L’Assofarm - Federazione delle Aziende e dei Servizi Socio-Farmaceutici che associa 1.432 farmacie pubbliche in tutta Italia, con un fatturato 2008 di 1.700 milioni di euro - ha aderito a Federsalute, la Federazione del Settore Salute di Confcommercio che raggruppa al suo interno le organizzazioni di categoria Adf (distributori farmaceutici), Ana-Anap (audioprotesisti),Anaste (strutture per la terza età), Ascofarve (distributori medicinali veterinari), Federottica (ottici optometristi), Federsan (rivenditori articoli sanitari, ortopedici e parafarmaci), Fifo (fornitori ospedalieri), Sisti (ambulanze private) e Tecos (tecnici sanitari).
‘’Ora -ha affermato il vice Presidente di Assofarm, Francesco Schitoauspico collaborazione fra tutti gli alleati anche per migliorare i servizi offerti dalla farmacia pubblica, presidio del Servizio Sanitario Nazionale’’.
‘’Siamo molto soddisfatti per questa adesione - ha dichiarato il Presidente di Federsalute, Giuseppe Scrofina - e abbiamo apprezzato, in particolare, l’approvazione unanime da parte delle nove componenti gia’ presenti nella nostra Federazione di settore’’. Viva solidarietà e’ stata poi espressa da tutta Federsalute al Presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi dell’Aquila, assente perché personalmente impegnato nell’attuale drammatica emergenza.

(fonte: Adnkronos)                                               

 
Mondo farmaceutico - Rassegna Stampa
La guerra dei low cost
 
di Daniela Condorelli e Daniela Minerva
Italia i farmaci a basso prezzo non decollano. La Ue accusa: Big Pharma gioca sporco. Per proteggere il mercato e convincere i medici a prescrivere i brand. Ecco come

Mezzo miliardo di euro, almeno. È quanto potremmo risparmiare se utilizzassimo, come fanno gli altri paesi europei, i farmaci a basso costo. Che non vuol dire a minor qualità, ma, semplicemente, prodotti fuori dalla copertura brevettuale; insomma, i cosiddetti generici. Invece, per colpa delle manovre delle aziende, per colpa dei medici e anche un po’ per colpa nostra regaliamo a Big Pharma ogni anno una montagna di soldi che poi, lo Stato, è costretto a tagliare da altre parti: ospedali, farmaci innovativi, assistenza agli anziani, e così via.                        
La faccenda è talmente seria che l’Unione europea ha deciso di correre ai ripari e avviare un’inchiesta sulle ragioni, e talvolta gli illeciti, che impediscono al mercato dei generici di decollare come sarebbe logico che fosse. Perché, se l’Italia è il fanalino di coda con un divario spaventoso con gli altri membri della comunità, in tutta l’Unione i low cost arrancano. Le ragioni sono squadernate in un rapporto redatto dagli ispettori della Commissione europea sulla concorrenza: 426 pagine che riportano i risultati preliminari di un’inchiesta nel settore farmaceutico che sarà completata e resa nota nei prossimi mesi.                 
L’avvio dell’offensiva comunitaria è datato gennaio 2008, quando, a sorpresa, la task force degli ispettori della Commissione è arrivata negli headquarter di multinazionali come GlaxoSmithKline, Pfizer, AstraZeneca, Wyeth, Merck e Sanofi-Aventis per indagare i meccanismi di un mercato che fattura ogni anno oltre 214 miliardi di euro, 430 euro per ogni cittadino europeo nel 2007. Motivo dell’indagine, con le parole di Neelie Kroes, commissario Ue per la Concorrenza: “Capire perché non vi sia innovazione e perché le alternative generiche più economiche vengano ostacolate. E prendere provvedimenti”. L’iniziativa di Kroes questa volta è a trecentosessanta gradi e riguarda tutti i big, ma già nel 2005 AstraZeneca era stata multata dalla commissione: 60 milioni di euro per aver ostacolato l’ingresso sul mercato del concorrente generico del suo anti ulcera Losec. Secondo gli ispettori europei, la compagnia francese aveva fornito agli uffici brevetti informazioni fuorvianti nascondendo la data di rilascio della prima autorizzazione al commercio per ottenere il prolungamento della protezione.
Che il fuoco di sbarramento di Big Pharma sia sempre più serrato lo dimostra il fatto che dal 2000 al 2007 sono stati messi in commercio 27 generici ogni anno, contro i 40 che arrivavano annualmente nelle farmacie dal 1995 al 1999. Non solo: secondo un’indagine dell’European generics Association, il prodotto low cost ci mette fino a 20 mesi ad arrivare sul mercato dopo la scadenza del brevetto. Neelie Kroes è preoccupata per il mancato risparmio: “Una stima su un campione di farmaci nei 17 paesi membri ha evidenziato che tra il 2000 ed il 2007 i ritardi all’ingresso dei generici sono costati tre miliardi”. D’altra parte, pochi hanno interesse a sveltire le procedure e il rapporto europeo lo spiega nel dettaglio.
A partire dagli accordi tra le aziende titolari dei brevetti e quelle pronte a produrre generici per convincerle a temporeggiare, come hanno scoperto gli ispettori della signora Kroes. Come stupirsi, visto che le maggiori industrie di generici sono sorelle delle grandi multinazionale? Sandoz è il braccio generico di Novartis, Winthrop di Sanofi-Aventis, Angenerico dell’italiana Angelini; e la numero uno Pfizer ha un accordo con la regina indiana delle copiatrici, Aurobindo.
È ovvio quindi che i grandi gruppi programmino le uscite di prodotti con criteri di profitto industriale e non di risparmio per i consumatori. Come è ovvio che si battano come leoni per contrastare, invece, le genericiste indipendenti. E per fare questo non mancano di siglare accordi: l’inchiesta della Commissione ha evidenziato che tra il 2000 ed il 2007 alcune industrie sarebbero state pagate per aspettare a lanciare sul mercato i prodotti generici; 200 contenziosi sono terminati con un accordo economico privato tra cosiddetti ‘originator’ e genericisti, pagati 200 milioni di euro per restare fuori dal mercato.
Soldi benedetti perché, per Big Pharma è in arrivo una batosta senza precedenti: lo scadere di decine di brevetti di farmaci blockbusters tra il 2009 e il 2012, quando, sottolineano le ultime stime di Ims Health, scadranno brevetti che oggi fatturano 134 miliardi di dollari l’anno. 100 miliardi di euro di opportunità per i generici negli otto mercati chiave entro il 2013. Sarà un triennio di lacrime e sangue per la grande industria. Che sulla durata dei brevetti punta molta della sua attenzione: sin dal 1993 una legge europea prevede che la copertura sul territorio dell’Unione sia di 20 anni a partire dalla registrazione. E sono già tanti, considerato che negli Usa il brevetto scade dopo 11 anni. Ma sempre pochi per Big Pharma che su questo combatte battaglie portentose e, talvolta, le vince: in Italia, ad esempio, con una complicata cabala di norme un farmaco può restare protetto dai 5 ai 18 anni. Ma per i blockbuster della tabella, il tempo, almeno in Europa, è scaduto.              
Prima contromisura messa in campo, sin da oggi dalle industrie ‘originator’, hanno svelato i commissari europei è la moltiplicazione dei brevetti, il patent clustering, che crea intorno ad un unico principio attivo una fitta e nebulosa rete protettiva. “Fino a 1300 brevetti per un’unica molecola”, rivela il commissario Kroes. Che cercano di ottenere prolungamenti della copertura con la scusa di nuove indicazioni, formulazioni o addirittura dosaggi.                  
State a sentire, ad esempio, cosa si è inventata l’americana Merck per proteggere il mercato del suo blockbuster contro l’osteoporosi, l’alendronato, commercializzato col nome di Fosamax. Il farmaco era venduto in blister da 10 milligrammi da assumere una volta al giorno. Scaduto il brevetto, l’azienda ha creato un nuovo dosaggio: 70 milligrammi da assumere una volta alla settimana. Ma la molecola è sempre la stessa e la genericista Teva ha portato la faccenda davanti allo European Patent Office. “Dopo anni di contenziosi nei tribunali in questi giorni l’Office ha revocato il brevetto Merck, per mancanza di elementi di novità”, riferisce l’avvocato Gian Paolo Di Santo dello studio Pavia e Ansaldo, difensore di aziende di generici.          
Ma Merck non è un caso isolato: secondo il report, le aziende lanciano prodotti di seconda generazione, cioè nuove versioni leggermente modificate, nel 40 per cento dei casi indagati. Un proliferare per lo più inutile sul piano terapeutico e velato da un sospetto. “È un rilascio facile perché l’ufficio europeo percepisce un compenso ogni volta che approva un brevetto?”, si chiede Di Santo.
Fabio Domanico, unico italiano nella Pharma task force della commissione europea, ha un’altra idea: “Il nostro prodotto di seconda generazione è l’iniziativa più efficace per contrastare il generico”. Perché, continua, “i brevetti secondari non fermeranno la concorrenza generica per sempre, ma possono ritardarla di qualche anno”. E lo fanno legittimamente, secondo l’Efpia, European Federation of Pharmaceuticals Industries and Association: il pacchetto di strumenti delineati dall’inchiesta altro non sarebbero se non legittime strategie commerciali.
Come legittimo è portare sempre i contenziosi in tribunale. “Intentare processi per i brevetti non è l’ostacolo più efficace, ma tiene fuori i generici”, si legge in un documento trovato in un’azienda, che la Commissione ha voluto mantenere segreta, durante le ispezioni. E infatti, da gennaio 2008 a oggi, i commissari hanno contato 700 contenziosi che riguardano una settantina di farmaci dal brevetto in scadenza. La durata media dei processi è di tre anni e il costo totale stimato è di oltre 420 milioni di euro. Nel 60 per cento dei casi a vincere sono i produttori di generici, quota che sale al 75 per cento se la battaglia è stata portata di fronte all’ufficio brevetti europei. Ma è una vittoria sanguinosa perché comporta mesi di ritardo, mentre Big Pharma continua a guadagnare.
E altri mesi di ritardo li regala all’industria la lentezza delle procedure di approvazione. In questo l’Italia è Palma d’oro nell’Unione. Michele Uda, responsabile del centro studi di Assogenerici fa un esempio: “I tempi di approvazione del rimborso e del prezzo del generico in Italia sono in media di 135 giorni contro i 14 della Danimarca”. Evidentemente le lobby di Big Pharma nel nostro paese si muovono più agilmente che non, ad esempio, in Danimarca. E che nella faccenda del mancato boom dei generici nel nostro paese abbia impattato pesantemente la controffensiva degli industriali lo dimostrano i dati di vendita.
Perché la vera contromisura per aprire definitivamente questo mercato sarebbe, nel nostro paese, un patto tra i medici e il ministero. Più forte di quello che stringono ogni giorno coi dottori italiani gli uomini delle aziende, gli informatori farmaceutici che battono il paese con un porta a porta incessante che oggi è l’unico rapporto che i medici hanno con il mondo dell’innovazione. Perché il motivo principe per il quale siamo il fanalino di coda dell’Europa è che “in Italia i medici non hanno intenzione di prescrivere i generici”, dichiara lapidario Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici. E non c’è dubbio che se volesse veramente spezzare questo patto, il ministero che, di fatto attraverso una convenzione è il datore di lavoro dei medici di famiglia dovrebbe avere il pugno duro ma dovrebbe anche mettersi in grado di essere un vero e presente interlocutore per i dottori.                                                 
A sorpresa, concorda Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale: “Il farmaco è un bene complesso: l’industria farmaceutica non si limita a produrre pasticche, come attualmente fanno le aziende di generici, anche le maggiori, ma informa i medici. Per esempio: le nuove generazioni di dottori non sanno nulla sul cortisone, nessun aggiornamento da anni. Perché costa pochissimo ed è stato abbandonato dagli originators”. E propone: “Bisognerebbe vincolare parte del prezzo di ogni prodotto alla formazione. Le aziende non dovrebbero avere solo il compito di produrre, ma l’obbligo di formare”.             
Così la vede Cricelli, ma resta il dubbio che se a informare sono solo le aziende, le informazioni che ricevono i medici non sono molto obiettive. E all’orizzonte spuntano nuovamente i fantasmi dei congressi-vacanza, dei seminari-cene, dei regalini e tutto quell’armamentario più volte oggetto di episodi di cronaca e di denunce che l’Aifa (l’agenzia per il farmaco) negli anni scorsi aveva, quasi completamente, debellato. Oggi all’Agenzia sono cambiate molte cose e di attività pubblica e indipendente di formazione e aggiornamento dei medici non se ne vede granché.                                               
Ed è un fatto che l’Aifa non riesce a mettere in campo misure convincenti per imporre ai dottori e ai farmacisti l’uso dei generici. In Francia, invece, un’idea ce l’hanno avuta. E funziona: offrire incentivi economici che motivino medico e farmacista e quote di prescrizione da raggiungere. Oltralpe le tre maggiori casse mutua hanno concordato con i medici un target di prescrizioni di almeno il 25 per cento di farmaci non branded, pena il mancato rinnovo della convenzione. Ai farmacisti poi viene rimborsata la stessa cifra che otterrebbero se avessero venduto il brand, più costoso.
In Italia, invece, il farmacista è obbligato ad offrire il generico, ma guadagna in percentuale sul prezzo del venduto.
E questa cabala spinge un’altra delle anomalie italiane: perché da noi i generici costano fino a cinque volte quello che costano altrove in Europa? Risponde Foresti: “L’Italia è l’unico paese in cui al momento dell’uscita del generico l’azienda originator abbassa il prezzi. E questo nell’immediato fa risparmiare il Servizio Sanitario Nazionale, ma impedisce alla concorrenza generica di aver accesso al mercato. Ecco perché siamo ancora al 10 per cento dei volumi dopo dieci anni: negli altri paesi l’originator non gioca al ribasso, si accontenta dei clienti più fidelizzati”.
Abbassare i prezzi del prodotto di marca per impedire ai generici di conquistare quote di mercato è una contromisura delle industrie in Italia. Che forse non avrebbe senso nei paesi dove medici e pazienti sono d’accordo nel cambiare l’abitudine a quella certa scatoletta con quei colori di sempre allo scadere del brevetto. In Italia, invece, annota Cricelli: “Perché dovrei affannarmi a prescrivere il generico puro se il paziente preferisce l’altro? Al discount vado se mi costa la metà, altrimenti mi fermo in gastronomia. Finché il paziente scopre che tra originator e generico la differenza è una manciata di centesimi non ha alcun motivo per cambiare scatola, sapore, colore, persino forma delle pastiglie a cui è abituato”.
Il ragionamento di Cricelli non fa una grinza. E si potrebbe anche riconoscere che, sui prodotti fuori brevetto, il Ssn risparmia comunque. Ma l’attaccamento al brand è la linfa per Big Pharma. È la garanzia che il consumatore rimarrà attaccato a quella scatola seguendola nelle successive trasformazioni: piccole modifiche di molecola che generano un nuovo brevetto e permettono di aumentare il prezzo, cambiamenti di dosaggio cui si lega un cambiamento di costo, innovazioni cosmetiche che di pregnanza terapeutica ne hanno ben poca ma che proteggono il mercato. E fanno lievitare la spesa.

(fonte: L’Espresso 16 aprile 2009)

 
Rassegna stampa
Disavanzi, Sacconi: pronte le sanzioni a 4 Regioni

Per le quattro “Regioni canaglia” con i conti sanitari in rosso –Campania, Sicilia, Molise e Calabria – il verdetto arriverà subito dopo le elezioni. Avranno un supplemento d’esame ai tavoli col Governo, ma dovranno dimostrare senza più ombra di dubbio di avere imboccato la strada del risanamento di Asl e ospedali. A farcela. Tempi stretti, esami senza più appelli: se i conti non torneranno, scatteranno le sanzioni e il commissariamento.
Mentre si avvicina a grandi passi il federalismo fiscale, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, rilancia con forza la necessità, anzi ormai l’urgenza, di raddrizzare la sanità nel Sud. Non c’è più tempo da perdere, afferma, e ribadisce la necessità di chiudere i «piccoli ospedali», a cominciare da quelli con meno di 20 posti letto, che non sono solo un monumento allo spreco: «Sono pericolosi », afferma lapidario il ministro. Che intanto chiama a raccolta le “Regioni virtuose”: serve «un’alleanza» con lo Stato, «un blocco politico, sociale e istituzionale», manda a dire ai governatori del Centro Nord. La richiesta è politicamente pesante e insieme pressante: «Non siate avvocati del peggio, ma difensori del meglio. Dobbiamo lavorare per fare il bene di tutti gli italiani, soprattutto di quelli del CentroSud». Traduzione: non è più tempo di salvare quel che non si può salvare.
Il tema era di strettissima attualità: «Dalla spesa storica ai costi standard», col confronto delle esperienze di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana. Quattro modelli diversissimi, eppure tutti nella lunghezza d’onda di una sanità pubblica che funziona. E Sacconi non s’è sottratto al confronto sollecitato da un convegno organizzato dai direttori generali sanitari di Federsanità Anci.
A cominciare dai costi standard, il ministro ha subito chiarito la sua idea: vanno costruiti «per sintesi». Vale a dire, vanno semplificati, evitando meccanismi «sofisticatissimi» che porterebbero a puntualizzazioni a non finire. Il punto di partenza è la spesa pro-capite, con l’unica correzione legata all’invecchiamento della popolazione. Va da sé che le performance delle quattro Regioni virtuose costituiranno il benchmarking per tutta Italia. Per tappe, ma con certezza. Con un sistema che può essere premiale, ma che sarà senz’altro anche fatto di penalità e disincentivi. Puntando a costruire il primo tassello dei costi standard fin dal prossimo «Patto per la salute», con validità dunque già dal 2010. Ipotesi che l’assessore veneto,Sandro Sandri, conta già di applicare dal prossimo anno. Mentre Luciano Bresciani ( Lombardia) ha ribadito con forza la bontà del modello lombardo e la certezza che con i costi standard si premia l’efficienza.
Intanto, è chiaro, dal Lazio in giù dovrà essere compiuta un’opera immane. E i tagli agli ospedali piccoli, inutili e pericolosi, ha detto Sacconi, sono un passo decisivo. Come hanno fatto per tempo le quattro Regioni al top, dove dal 1970 sono stati chiusi 305 ospedali. «E ora in Calabria si dice di voler chiudere quelli con 20 letti », ha commentato amaramente Sacconi. «È una situazione che non regge», ha concluso. Ma a fine giugno suonerà il gong finale. Non ci saranno più supplementi d’esame, parola di ministro.

(fonte: Il Sole-24 Ore)

 
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Farmaci Generici: sono davvero “equivalenti”

Una domanda che molti si pongono, e che genererà una vivace discussione tra i relatori, sarà al centro della mattinata del 7 aprile: “Farmaci generici: davvero equivalenti?”. A rispondere, Marco Cossolo Segretario Associazione Titolari di farmacia Provincia di Torino; Mario Eandi Professore ordinario di farmacologia Clinica Università di Torino; Roberto Venesia Segretario Fimmg Torino.                   
L’incontro pone un interrogativo complesso e in quanto tale non può produrre risposte concordanti. “Non si può dare una risposta in assoluto. - afferma il professor Eandi -Certamente i farmaci generici garantiscono qualità identiche in termini generali. Rispetto alla loro sostituibilità, è fondamentale fare delle distinzioni: se il paziente inizia una terapia con i generici, non ci sono problemi; questi, però, possono manifestarsi quando si passa al farmaco generico durante la cura. Poi, per alcune categorie serve un’attenzione particolare, ad esempio per gli antiepilettici e gli anticoagulanti”.                            
Decisamente affermativa è la risposta del dottor Cossolo: “La definizione esatta di questa tipologia di farmaco è “equivalente”, in quanto deve essere bioequivalente, vale a dire avere un effetto sull’organismo assolutamente equivalente al farmaco originario. E così è. Possono verificarsi difformità di effetto, ma si tratta di casi statisticamente irrilevanti”.                                           
“Quando un generico ottiene l’autorizzazione all’immissione in commercio, - spiega il dottor Venesia - significa che il Ministero della salute ha accertato che i suoi standard qualitativi e terapeutici sono sovrapponibili a quelli del medicinale di riferimento: in sintesi, oltre alla medesima dose di principio attivo, il generico e il farmaco “brand” di comparazione devono condividere l’efficacia terapeutica, la potenza dell’azione farmacologica, i tempi di comparsa dell’effetto e la durata di quest’ultimo. I farmaci equivalenti hanno una variabilità biologica della stessa grandezza dei farmaci di marca e tale da non avere influenza sui benefici clinici. La bioequivalenza è garantita solo tra un generico ed il suo originatore, ma non tra due generici diversi se non sono stati preventivamente testati. Il ruolo del medico è essenziale nella scelta del farmaco. La bioequivalenza non è, infatti, una proprietà transitiva. Ecco perché i medici si oppongono alla prescrizione per principio attivo ed all’indiscriminata sostituzione del farmaco prescritto da parte dei farmacisti, in assenza di una maggior trasparenza dell’informazione derivante dalla pubblicazione, da parte delle Agenzie Regolatorie, di una lista delle bioequivalenze, come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti d’America con la compilazione dell’Approved Drug Products with Therapeutic Equivalence Evaluation, meglio noto come Orange Book. Le molecole con brevetto scaduto sono farmaci di provata efficacia e sicurezza, spesso leader di mercato nella classe di appartenenza. Se ben governata la genericabilità di un farmaco determina benefici per il sistema sanitario, liberando risorse per i costosi farmaci realmente innovativi”.

(fonte: La Stampa)                                            

 
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Farmaci a domicilio per le persone inabili

Consegnare gratuitamente i medicinali a casa dei cittadini del Parmense che si trovano in difficoltà. È questo l’obiettivo del protocollo d’intesa “Pronto Farmacia - consegna farmaci a domicilio“ sottoscritto questa mattina in Provincia dall’assessore provinciale alle Politiche sociali e Sanitarie Tiziana Mozzoni, da Fabrizio Piazza, presidente di Federfarma Parma e da Ettore Brianti, direttore sanitario dell’Azienda Usl di Parma.
La consegna dei farmaci partirà dal primo maggio e sarà effettuata dalla farmacie di FederFarma, a cui aderiscono ben 123 delle 128 farmacie attive sul territorio provinciale: ad oggi sono già 78 quelle che hanno “sposato” il progetto e che quindi effettueranno il servizio di consegna domiciliare dei farmaci a chi ha difficoltà a muoversi autonomamente. In particolare, l’iniziativa è rivolta a persone che versano in condizioni disagiate, a causa dell’età avanzata o di uno stato di infermità permanente o temporaneo, e che sono impossibilitate ad avvalersi di famigliari per procurarsi i medicinali di cui necessitano.
Il servizio può essere attivato solo dal paziente: chi ne avesse bisogno lo dovrà comunicare, anche per via telefonica, alla farmacia prescelta aderente al progetto. Il farmacista si incarica del ritiro della prescrizione medica e provvede alla consegna entro un giorno lavorativo. Non è prevista la consegna nei giorni festivi e durante le ore notturne, né quella con carattere di urgenza. La consegna verrà effettuata con le modalità, i mezzi e gli incaricati che il farmacista ritiene idonei e comunque sempre sotto la sua diretta responsabilità.

(fonte: La Repubblica)

 
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Forlì: guerra sui farmaci, allarme della Corofar

Battaglia sui farmaci: continua il braccio di ferro tra Ausl e farmacie. E’ una fortissima preoccupazione quella che il presidente di Corofar, Pier Luigi Zuccari, ha espresso, dopo l’ultima disposizione dell’Ausl di Forlì, sulla vendita diretta da parte dell’azienda sanitaria di alcune categorie di farmaci. “Riguarda addirittura il 30% del valore dei farmaci del Sistema sanitario nazionale che noi trattiamo. Rischiamo di trasformarci in un magazzino satellite”.
Questo l’allarme di Zuccari, leader della Cooperativa forlivese che rifornisce 321 farmacie in tutti i paesi della Romagna, nonché nelle provincie di Arezzo, Bologna, Ferrara e Modena. Solo nel territorio di Forlì, Corofar rifornisce 51 farmacie.
“La nostra preoccupazione - continua Zuccari - scaturisce dal non capire il perchè si voglia fare tutto questo, quando, come ha rilevato anche il presidente delle Farmacie comunali, Ernesto Toschi, la spesa farmaceutica in Emilia-Romagna è decisamente sotto controllo, attestata nel 2008 al 12,8% della spesa sanitaria totale, contro una media nazionale del 13,8%. La restante percentuale è costituita da spese ospedaliere. Sottrarci il 30% del nostro mercato principale significa togliere a Forlì un importante polmone. Nel nostro magazzino sono presenti oltre 32mila referenze e va considerato che una farmacia, in media, può contenere non più di 7mila prodotti”.
Il timore del presidente di Corofar è quello di diventare, da magazzino “full-liner”, cioè a pieno assortimento, “con standard di tipo europeo per dimensioni, qualità ed economia”, a magazzino “short-liner”, con le sole 6mila referenze gestite dall’impianto automatico, diventando un magazzino satellite di altri magazzini principali posti fuori regione. “Oggi abbiamo, di fatto, a Forlì, un’azienda sana che esporta farmaci nelle altre provincie e regioni, garantendo decine di posti di lavoro alle famiglie della nostra zona”. In Corofar lavorano 120 dipendenti ed altre 80 persone circa sono impegnate nei trasporti e nell’indotto.

(Romagnaoggi.it)

 
Forlì: farmacie contro Ausl, preoccupazione per fatturato ed occupazione                                                                  

Rivoluzione nelle farmacie, dopo le nuove indicazioni dell’Ausl date ai medici di base. Con una lettera datata 18 marzo l’azienda sanitaria pubblica raccomanda ai medici di famiglia di indirizzare i pazienti nei punti di erogazione diretta Ausl (farmacie dell’Ospedale e Cup), per l’acquisto di alcune categorie di farmaci, tra le quali gli antidepressivi, le statine, gli antiasmatici. Le farmacie hanno lanciato l’allarme, paventando un crollo del fatturato del 30%. A sollevare la questione il consigliere regionale FIPdl, Antonio Nervegna, che chiede alla giunta di limitare il danno economico ed occupazionale. Corofar, Federfarma ed anche Forlifarma (che raggruppa le farmacie comunali) esprimono il proprio dissenso riguardo al provvedimento che entrerà in vigore da lunedì.                                                  
Il cittadino resta libero di acquistare il farmaco dove preferisce, con la differenza che nei punti Ausl si possono acquistare più confezioni di quelle normalmente concesse. Il provvedimento riguarda soprattutto i malati cronici, ai quali sono normalmente prescritti gran parte dei farmaci in questione.            
 

 
I sindacati: ricadute sull’occupazione

Non dimenticare l’aspetto dell’occupazione nella controversia tra farmacie pubbliche e private e l’Ausl di Forlì. E’ la richiesta unitaria che arriva da Cgil, Cisl e Uil. “Condividiamo il tentativo di recuperare spesa pubblica anche tramite una razionalizzazione nella distribuzione del farmaco, ma riteniamo opportuno che tale scelta tenga conto sia delle reali ricadute sulla qualità del servizio al cittadino che sull’occupazione nel territorio”, dicono i sindacati.
E’ così che le categorie Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil del territorio di Forlì esprimono seria preoccupazione sulla controversia insorta tra farmacie (private e pubbliche) e Ausl a causa, dell’aumento della distribuzione diretta del farmaco da parte dell’ente sanitario.
“Per tali ragioni - continuano i sindacati - riteniamo che sia necessaria l’apertura di un confronto con tutti i soggetti coinvolti che tenda ad evitare eccessive e inutili strumentalizzazioni volto a chiarire aspetti fondamentali come la qualità del servizio al cittadino, la professionalità necessaria degli operatori, il reale risparmio delle Ausl, le ricadute sull’occupazione sia del magazzino presente nel territorio che delle farmacie pubbliche e private”.
Insomma, nelle novità della distribuzione dei farmaci, per i sindacati non si può solo mettere al primo posto la “cassa”: “Ribadiamo la necessità di una soluzione condivisa che tenga conto di ogni specificità promuovendo come parti sociali un tavolo concertativo ai vari livelli coinvolti”.
 
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