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Notizie da Assofarm n° 82


 
Editoriale
Il mantra della stabilità
 
Per una volta ci prendiamo una pausa dai confronti, riforme, problemi contingenti che affollano l’agenda della farmacia italiana e desideriamo avviare una riflessione più ampia, quasi sociologica, sul “come” ci approcciamo a questa infinita fase storica di crisi istituzionale ed economica.
Le singole parole offrono sempre grandi spunti sulla cultura di chi le pronuncia, e se andiamo ad analizzare le parole più utilizzate per definire gli obiettivi che si pongono istituzioni e associazioni di categoria, emerge chiaramente che la parole-chiave più utilizzata è la seguente: stabilità. Da qualche anno la parola denomina la legge fondamentale dello Stato sostituendo il termine “finanziaria”.  E’  ricorrente  nei  convegni,  nelle rivendicazioni delle categorie del nostro settore e non solo. È persino entrata nel linguaggio burocratico di Bruxelles dove si coniuga con sviluppo all’interno di un “patto” che è lo spauracchio degli amministratori pubblici di ogni colore politico. Etimologicamente il termine stabilità deriva dal verbo latino stare di cui ne costituisce la radice e rimanda a concetti come “restare in piedi”, “essere solidi”, “durare nel tempo”.
Dalla stessa fonte deriva l’idea di Stato: un’unità fatta per durare e per resistere ai venti della storia. Uno Stato, dunque, per definizione dovrebbe essere stabile. A meno che non si trovi in pessimo stato.
Indipendentemente dai contesti in cui viene utilizzato negli ultimi anni, il concetto di stabilità ha sempre un’accezione totalmente positiva: quella di salvaguardare la democrazia, la cosa pubblica, la nostra società, dai rischi distruttivi di una crisi.
Il  rischio  però  di  un’inflazione  del  concetto  di stabilità è quello che esso venga scambiato per conservazione: stabilizzare ciò che c’è ora, riproponendolo tale e quale per domani senza apportare alcuna novità.
Mutatis mutandis, siamo proprio sicuri che lo “stato” in cui versa la farmacia italiana richieda stabilità e non invece un profondo e radicale cambiamento? Se ponessimo la domanda “il futuro della farmacia passa per il rinnovamento del sistema o per il mantenimento di quanto rimasto del passato”, non avremmo dubbi sulle risposte che potremmo raccogliere da tutti, Partiti politici, Parlamento, Governo, Associazioni di rappresentanza.
Ma se andassimo ad analizzare quali sono state le posizioni maggioritarie su temi al alto contenuto innovativo quali e-commerce del farmaco, distribuzione in nome e per conto, pharmaceutical care, e tutti gli altri grandi temi trattati negli ultimi anni dal nostro mondo, ci scopriremmo tutti molto più conservatori di quanto andiamo dicendo.
“Stabilità” nel mondo della farmacia è certamente un valore se riferita alla necessità di fermare una volta per tutte altri prelievi forzosi dal circuito della distribuzione del farmaco. E’ invece un disvalore se rimanda al tentativo di frenare le necessarie riforme del settore.
Dobbiamo fare un salto paradigmatico nel nostro approccio al presente: l’unica speranza che ha la stabilità, sta nel cambiamento.
Pur di evitare gli inevitabili rischi dell’innovazione, alcuni preferiscono temporeggiare su formule ormai evidentemente insostenibili, sprecando così tempo ed energie a disposizione in nome della “stabilità. Ma tempo ed energie sono risorse altamente deperibili. Come del resto lo è la possibilità di tutti (imprenditori, professionisti, opinione pubblica) di continuare a credere che grazie ad una certa “stabilità” prima o poi tutto riprenderà a girare per il meglio.
 
Francesco Schito
Vice-presidente Assofarm
 

 
 
Dalla Federazione
Lettera ai Comuni
 
Egr. Sig. Sindaco, del  dibattito odierno che coinvolge  diverse Amministrazioni Comunali  in  tutta  Italia  riguardo  la  dismissione  delle  proprie  Farmacie Comunali,  ciò  che  deve  preoccupare non  è  la  dimensione  numerica di  tale fenomeno, quanto i contenuti del dibattito che accompagnano tali tentativi. È infatti noto che la maggior parte delle aste di vendita vadano deserte, a meno che gli Enti proprietari  non optino per una  marcata svendita di un  patrimonio costruito negli anni con ingenti investimenti di risorse pubbliche. 
A.S.SO.FARM. comprende appieno le difficoltà degli Amministratori Locali, quotidianamente stretti tra drammatici e crescenti bisogni di welfare essenziale e una progressiva riduzione delle risorse a loro disposizione. Il fatto che oggi l’idea di vendere le Farmacie Comunali sia dettata da esigenze di  cassa, e  non da  posizioni ideologiche,  è dimostrata  dal fatto  che tale volontà interessa giunte comunali di ogni colore politico. 
Esigenze di cassa che, lo ripetiamo da anni, raramente vengono soddisfatte dalla vendita delle Farmacie Comunali. Oggi il valore di mercato di una Farmacia è ai minimi storici e in larga parte determinato dalla loro bassissima redditività.
Questo è sicuramente noto alla maggior parte dei Sindaci, Giunte e Consigli Comunali, che ogni anno ascoltano le relazioni di bilancio degli Amministratori delle aziende farmaceutiche dei loro Comuni. 
Non siamo però sicuri che chi ha una qualche responsabilità nella proprietà delle Farmacie comunali conosca nel dettaglio le ragioni del crollo della redditività di uno strumento che fino a pochi anni fa occupava un ruolo d’onore nei bilanci comunali.
Gli ultimi governi succedutisi alla guida del Paese hanno spesso usato le Farmacie, pubbliche e private, come vero e proprio salvadanaio utile a ripianare i disavanzi causati da una spesa ospedaliera fuori controllo: riduzioni insostenibili dei margini per farmaci convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, provvedimenti restrittivi riguardanti la dispensazione di farmaci innovativi, tentativi malriusciti di coprire il calo di trasferimenti agli Enti Locali con la vendita forzosa delle Farmacie Comunali.
Questo  breve  approfondimento  dimostra  che  oggi  le  Farmacie  Comunali  non  “rendono”  più  come  in passato non per il venir meno di un loro ruolo sanitario locale, né per errori di gestione da parte di chi le amministra, ma per via di scelte profondamente discutibili da parte dello Stato.
Scelte che peraltro hanno ricevuto contestazioni formali da più parti. Di recente l’Avvocatura Generale della Corte di Giustizia UE ha consigliato il mantenimento dell’esclusività della distribuzione dei farmaci con ricetta alle Farmacie, ribadendo così un ruolo specifico per le farmacie nel più ampio Servizio Sanitario Nazionale. E ancora più recentemente la Corte di Conti delle Marche ha escluso l’obbligo di dismissione delle Farmacie Comunali, in quanto non rientranti nei servizi pubblici locali contenibili dal mercato ma come soggetti che garantiscono un più universale diritto alla salute dei cittadini.
Quindi, mentre da più parti arrivano segnali di considerazione per la farmacia, in seno a molti comuni sembra resistere un atteggiamento miope.
Se però i tanti tentativi di vendita delle farmacie comunali non hanno avuto esiti o hanno prodotto entrate sensibilmente più basse delle aspettative, ciò deve spingere a cambiare prospettiva.
Oggi si deve credere nelle Farmacie Comunali. Gli spazi per un rilancio ci sono.
Primo fra tutti quanto contenuto nel famoso Cresci Italia, provvedimento certo non generoso nei confronti delle farmacie pubbliche, ma che offre la possibilità di nuove aperture in alcuni spazi geografici di grande interesse, come stazioni ferroviarie, aeroporti, porti, aree di soste autostradali, centri commerciali. Si tratta di occasioni che certo debbono essere studiate con grande attenzione, ma che in larga parte sono coerenti con i trend di mutamento della vita urbana dei cittadini.
In secondo luogo, il grande processo in atto di riforma della farmacia italiana, che la trasformerà sempre più in luogo di dispensazione di servizi sanitari integrati con ospedali, medici di base e specialisti, offre grandi potenzialità di ripresa economica per le farmacie.
Rinunciare a nuove aperture strategiche, o peggio ancora vendere oggi agli attuali prezzi di mercato, significa precludersi interessanti opportunità economiche future e privare i propri concittadini di un servizio che rimane tra i più apprezzati nel panorama della sanità italiana. Un servizio, una presenza cittadina, che certo ha generato importanti entrate per le casse comunali, ma che è molto di più. 
Nel corso della loro storia, le Farmacie Comunali si sono insediate in aree geografiche poco appetibili dal punto di vista commerciale. Ma proprio per questo hanno adempiuto appieno al loro ruolo di presidio sanitario di prossimità verso tutta la cittadinanza.
Il loro sostegno economico non è mai mancato ad innumerevoli iniziative di solidarietà nate nei territori in cui operano. 
Le singole aziende farmaceutiche comunali, e la loro rete nazionale rappresentata da A.S.SO.FARM., realizzano ogni anno importanti campagne sanitarie di prevenzione e informazione, sperimentano nuovi progetti sanitari, innovano come pochi altri soggetti del nostro Paese.
È anche per tutte queste ragioni che è sbagliato vendere le Farmacie Comunali. Non solo perché ci sono buone possibilità che in futuro i loro bilanci tornino a generare entrate per i Comuni, ma anche perché già oggi assolvono a importanti compiti sociali e sanitari nelle vostre comunità locali.
 
Distinti saluti.
Venanzio Gizzi
 

 
 
Aifa: Verona esempio per tutti nel campo degli sprechi dei farmaci 
 
Da diversi anni le Farmacie Comunali Agec di Verona partecipano attivamente al progetto R.e.b.u.s. attraverso il quale si recuperano i beni invenduti e inutilizzati, poi donati ad associazioni di volontariato.
All’interno di un network che coinvolge anche mense scolastiche, ristorazione organizzata, mercato ortofrutticolo, grande distribuzione, grossisti, agricoltori, liberi cittadini, le Farmacie Comunali di Agec donano farmaci prossimi alla scadenza ma ancora utilizzabili a favore di associazioni no-profit operanti sul territorio. Si tratta di farmaci e prodotti parafarmaceutici invenduti dalle farmacie e che sarebbero destinati alla distruzione. Il recupero rispetta ovviamente tu tti i requisiti di trasparenza fiscale e amministrativa, tracciabilità dei prodotti, e riguarda solo parafarmaci, prodotti per igiene e cosmesi, integratori alimentari e OTC, con esclusione dei farmaci così detti “etici” ossia soggetti a prescrizione medica.
Nel 2012 le associazioni beneficiare sono passate da 9 a 15 per un totale di circa 2.700 persone assistite. Il numero di articoli recuperati è passato dai 5.124 del 2011 ai 7.134 del 2012. Il relativo controvalore è passato da euro 55.700 del 2011 a euro 74.900 del 2012.
“Si tratta di un’iniziativa che concretizza l’essenza sociale della farmacia, e in particolare di quella comunale – ha dichiarato il presidente di Agec Massimo Gallli Righi - Noi non vendiamo solo farmaci, ma siamo un luogo sanitario profondamente integrato nella realtà quotidiana e locale dei cittadini, capace di offrire servizi sanitari di alta qualità, ma anche di partecipare a progetti di welfare d’avanguardia e di partecipazione sociale come questo”.
“È un progetto che racchiude perfettamente lo spirito delle Farmacie Comunali italiane - ha dichiarato il Presidente di Assofarm Venanzio Gizzi - e ci spinge con entusiasmo ad adottarlo a livello nazionale”
 

 
 
Assofarm su remunerazione: “Obiettivo numero uno, riportare i farmaci in farmacia”
 
Dopo l’incontro del 10 ottobre scorso tra Federfarma, Adf e Federfarma Servizi (cfr. RIFday del 10 ottobre), anche Assofarm - assente in quell’occasione - accende i riflettori sulla “madre di tutte le questioni”, ovvero la riforma della remunerazione delle farmacie. Lo farà oggi, in un tavolo di discussione interno finalizzato a una ulteriore definizione delle posizioni dell’Associazione delle farmacie comunali, visto l’approssimarsi della scadenza del 31 dicembre, data entro la quale la questione remunerazione dovrà trovare una risposta nel confronto con le istituzioni.
L’anticipazione arriva da Francesco Schito, vice presidente Assofarm, che spiega: “Quello di oggi sarà un confronto necessario per condividere, prima e più ancora che numeri, valutazioni e idee, in vista dell’ormai prossima convocazione della filiera da parte del ministro della Salute Lorenzin.”  Per Schito, il confronto interno odierno dovrà servire soprattutto a mettere a punto una proposta da condividere con gli altri attori della filiera, ragionando in primo luogo sulla necessità di riportare tutti i farmaci in farmacia, dagli innovativi a quelli oggetto di distribuzione diretta, precondizione necessaria per garantire la sostenibilità degli esercizi farmaceutici di comunità, altrimenti condannati all’asfissia economica e al fallimento.
“La parola d’ordine “Tutti i farmaci in farmacia” deve essere la linea Maginot sulla quale attestare le trattative per la remunerazione” spiega Schito, senza peraltro entrare in dettagli che “semmai, scaturiranno dall’incontro odierno.”
“Il nostro punto di partenza è chiaro: per quanto da sempre Assofarm ragioni anche di idee, missioni e visione della farmacia e del suo ruolo non solo sanitario ma anche sociale, questa volta è chiaro che il problema è in primo luogo di sussistenza: primum vivere, deinde philosophari” continua il vicepresidente Assofarm. “Ovviamente discuteremo anche di meccanismi remunerativi e, in particolare, della necessità di modulare con attenzione l’equilibrio tra quote dovute per il fee professionale e quote percentuali sul farmaco. Ma il presupposto è che la nuova remunerazione non risolverà nulla, in termini di sostenibilità del sistema, se la distribuzione dei farmaci non subirà i necessari cambiamenti. E qui si torna al punto centrale della questione, che è quello di riportare in farmacia la distribuzione di tutti i farmaci, con la stretta eccezione, ovviamente, di quelli che necessitano di essere somministrati in ospedale.”
Ma Schito sottolinea anche un altro aspetto: “Nelle trattative che ci attendono da qui a dicembre - spiega - c’è un punto che la filiera farebbe bene a non dimenticare: al tavolo, questa volta, devono sedersi tutti fin dall’inizio, Regioni, ministero dell’Economia e industria inclusi, che in occasione dell’accordo poi bocciato del 16 ottobre dell’anno scorso erano i convitati di pietra. Ma che stavolta, anche per una elementare questione di chiarezza, dovranno giocare a carte scoperte.”

 
Farmacie Comunali
Nuova farmacia a Ravenna
 
Situata  in  via  Giannello  3,  distribuita  su  un’area  di  200 metri quadrati, dotata di un’area parafarmaci, da un’area bambini, di un angolo per le prenotazioni Cup e per le autoanalisi, la nuova farmacia serve l’intera frazione di Fornace Zarattini che conta oggi quasi 1300 abitanti e fa seguito alla chiusura della comunale n. 6 in piazzale Farini avvenuta il 21 settembre.
“In questo modo – sottolinea il Presidente di Ravenna Farmacie Paolo Pirazzini – siamo riusciti a dare risposta ad un problema molto sentito dagli abitanti di questa frazione, e nello stesso tempo a riequilibrare la rete delle farmacie sul territorio: il centro cittadino rimane ben servito e abbiamo razionalizzato la gestione dei punti vendita”. Dopo il taglio del nastro, la cerimonia di inaugurazione ufficiale è proseguita con gli interventi della direttrice di Ravenna Farmacie Barbara Pesci e del Sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci.
“Innanzitutto – ha esordito Matteucci - abbiamo dotato una delle frazioni che maggiormente si sono sviluppate sia sul piano demografico che degli insediamenti produttivi e commerciali, di un servizio pubblico prezioso per il presidio del territorio e per l’accesso alla rete dei servizi socio/sanitari. E’ poi importante sottolineare come l’ Azienda abbia mantenuto l’impegno di trasferire a Fornace Zarattini la farmacia n. 6. Il tutto nonostante il perdurare di una gravissima crisi economica che ha ridotto tutti i consumi, compresi quelli rivolti alla salute e al benessere e nonostante un quadro normativo fortemente penalizzante per il settore farmaceutico e in particolare per il segmento della distribuzione e per le aziende pubbliche. 
Mentre in molte parti del paese – ha proseguito il Sindaco – si registrano cessioni di attività, licenziamenti e addirittura fallimenti, la nostra Azienda, pur avendo deciso di accelerare alcune importanti azioni di riorganizzazione che puntano a riequilibrare la negativa chiusura del bilancio 2012, ha teso a migliorare l’offerta e il presidio del territorio, attraverso investimenti strutturali e rivedendo l’organizzazione degli orari e dei turni di servizio. È significativo che questi risultati siano stati realizzati contestualmente ad una gestione aziendale attenta e rigorosa impegnata a proseguire e rafforzare l’attività di informazione, prevenzione e di fidelizzazione dell’utenza e, nello stesso tempo, a realizzare una revisione strutturale di tutti i fattori di costo puntando a migliorare l’efficienza in tutti i settori dell’azienda. 
Grazie a questo e ad un insieme di azioni anche straordinarie, i primi dati del preconsuntivo 2013, ci autorizzano ad essere cauti ma ottimisti sulla possibilità di un veloce ritorno all’equilibrio di bilancio. Altrettanto importante è che questi risultati vengano realizzati senza colpire i livelli occupazionali e avendo rinnovato, dopo quasi tre anni di trattativa, il contratto di lavoro del personale, in un clima aziendale complessivamente positivo, nella consapevolezza condivisa da lavoratori e managment che questa Azienda costituisce un grande patrimonio a servizio della comunità. L’auspicio è che l’insieme di queste azioni, rese possibili dall’impegno e dalla determinazione di tutte le componenti dell’azienda, in stretto raccordo con Ravenna Holding, vengano confortate dalla risposta dei cittadini che sono comunque, sempre, i destinatari principali dell’ impegno della Società. Vorrei – ha concluso il Sindaco – infine sottolineare un ultimo aspetto: il servizio fondamentale per i cittadini rappresentato dalla rete di farmacie viene erogato complessivamente da un sistema misto pubblico e privato. Credo che questo elemento rappresenti una ricchezza, e che, nella chiarezza dei ruoli, si debba perseguire un rapporto equilibrato e di collaborazione fra tutti i soggetti, nell’interesse dei cittadini utenti”.
 

Reggio Emilia: online “Informazioni sui Farmaci”
 
“Una trasformazione importante, tutta aperta al futuro”. Con queste parole le Farmacie Comunali Riunite di Reggio Emilia annunciano l’uscita del primo numero della rivista “Informazioni sui Farmaci” (IsF) tutta rivista nella veste grafica e da oggi affiancata anche da un sito internet dedicato http://rivista.informazionisuifarmaci.it, attraverso il quale è possibile consultare online la pubblicazione.
Nata agli inizi del 1977, “Informazioni sui Farmaci” è realizzata dal Servizio di Informazione e Documentazione Scientifica  delle  Farmacie  Comunali  Riunite  (FCR)  di Reggio Emilia e tra i “membri fondatori” della International Society of Drug Bulletins (ISDB), l’associazione che raggruppa tutti i bollettini indipendenti di informazione sui farmaci, fondata nel 1984 sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
“IsF  si  identifica  in  larga  misura  con  la  storia  stessa dell’informazione pubblica e indipendente sui farmaci nel panorama editoriale italiano. [...]”

(quotidiano sanità)
 
 

 
Fascia C, liberi farmacisti contestano pronuncia dell’Avvocato Ue
 
L’Avvocato Generale della Corte di giustizia dell’Unione europea “a nostro avviso ha commesso l’errore di non verificare la dimensione reale del mercato avvalorando una tesi, il pericolo per la tutela dell’interesse generale, che non trova riscontri oggettivi nei dati”. E’ quanto scrive il Movimento nazionale liberi farmacisti in relazione alla pronuncia dell’Avvocato secondo cui “il principio del diritto UE sulla libertà di stabilimento non osta ad una normativa nazionale che riserva alle farmacie la vendita di medicinali soggetti a ricetta medica, ma posti a carico dell’acquirente”.
Sul tappeto la questione della vendita dei farmaci di fascia C, che sembrerebbe preclusa alle parafarmacie. Ma secondo i liberi farmacisti le conclusioni cui l’Avvocato arriva “si prestano a diverse interpretazioni”, “non sono prive di errori” e soprattutto non quantificano e non citano dati di mercato che l’Avvocato definisce “non trascurabili”.
Il Movimento dei liberi farmacisti propone un’analisi dei dati di mercato, secondo la quale con la “liberalizzazione della fascia C, i fatturati delle farmacie in questo comparto di farmaci calerebbero del 10%, una diminuzione dei margini di ricavo di 15 euro al giorno”. L’Avvocato generale, sostiene il Movimento, “ha commesso l’errore di non verificare la dimensione reale del mercato avvalorando una tesi, il pericolo per la tutela dell’interesse generale, che non trova riscontri oggettivi nei dati”.
Ecco dunque i dati riportati dai liberi farmacisti: “In Italia la spesa farmaceutica per i farmaci di fascia C e A ad acquisto privato nel 2012 (fonte Farmindustria) è di 3.874 milioni di euro. La spesa totale è pari a circa 26 miliardi di euro, di cui il 65% rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale, il 16% composto da farmaci di classe C con prescrizione e A acquistati privatamente, il 10% di farmaci senza obbligo di prescrizione e la parte restante da ticket. Le farmacie in Italia sono, secondo quanto riportato dal sito di Federfarma, 17499 (“depurate” dei 540 dispensari come riportato dallo stesso sito), quindi il reddito generato dalla fascia C per ogni farmacia al netto dell’IVA è di 219.170 per un margine che si aggira intorno al 25% (Health innovation, studi e ricerche in Sanità, dicembre 2012) e un ricavo a farmacia di euro 54792 l’anno (media)”.
Se la fascia C fosse liberalizzata, continua l’analisi, probabilmente accadrebbe “quanto è accaduto per i farmaci SOP e OTC, ovvero quote di mercato non dissimili verrebbero perse dalle farmacie in favore dei nuovi competitors accreditati. A sei anni dalla liberalizzazione dei farmaci di automedicazione la quota di mercato detenuta da parafarmacie e GDO si aggira intorno al 10%. Parafarmacie e GDO acquisirebbero in due o tre anni la stessa quota, con una diminuzione dei fatturati delle farmacie in questo comparto di farmaci del 10%, una diminuzione dei margini di ricavo di 15 euro al giorno”. Non è un dato per il quale le farmacie rischierebbero la chiusura, commenta il Movimento, aggiungendo che la concorrenza porterebbe invece a una diminuzione dei prezzi. I liberi farmacisti riportano inoltre i numeri sulle parafarmacie aperte nei piccoli comuni: non sono tali da mettere a rischio le piccole farmacie. “In conclusione, l’Avvocato Generale, a nostro avviso – spiega il Movimento – ha commesso l’errore di non verificare la dimensione reale del mercato avvalorando una tesi, il pericolo per la tutela dell’interesse generale, che non trova riscontri oggettivi nei dati”.
 
 

 
Francia, lanciato un servizio pubblico per informare su farmaci e salute
 
Nel quadro della Strategia nazionale di salute, (Sns) presentata in Francia nei giorni scorsi dai ministri degli Affari sociali e della sanità, Marisol Tourain (nella foto), e dell’Università e della ricerca Geneviève Fioraso, è stata anche annunciata la realizzazione di un servizio pubblico di informazione interamente dedicato alla salute. Inizialmente, secondo quanto annunciato dai due ministri e riportato ieri dal Quotidien du Pharmacien, il servizio si occuperà in particolare sui prodotti di salute, per poi allargarsi all’interra offerta sanitaria.
“I poteri pubblici non possono accettare una situazione dove la parte più rilevante dell’informazione sanitaria del grande pubblico è in mano a soggetti privati” hanno osservato Touraine e Fioraso.
Il primo strumento messo in opera per raggiungere l’obiettivo di allargare un’offerta informativa pubblica e certificata sulle questioni di salute è il sito medicaments.gouv.fr, dedicato appunto all’informazione sui farmaci. Dagli effetti collaterali alle condizioni, avvertenze e indicazioni per l’acquisto on line, passando per le informazioni sui contraccettivi e una sezione di “domande-risposte”, il sito si propone come riferimento affidabile e sicuro per soddisfare le necessità informative dei cittadini. La prima serie di dati pubblici sui farmaci sarà disponibile e consultabile sul sito a partire dal primo ottobre.

(Ordine Farmacisti Roma)
 
 

 
Mondo Farmaceutico
Pani (AIFA): "Spesa per farmaci in ospedale, crescerà ancora: l'innovazione passerà da lì".
 
 
“Uno spaccato reale della salute in Italia dal punto di vista del consumo dei farmaci”. Così Sergio Pecorelli ha introdotto ieri il Rapporto Osmed 2012 , presentato ufficialmente nella sede dell’Agenzia regolatoria nazionale alla presenza del ministro della Salute Beatrice Lorenzin e di una nutrita rappresentanza delle istituzioni, della medicina e delle sigle di rappresentanza della filiera farmaceutica.
Ad assumersi il compito di illustrare, necessariamente in sintesi, le quasi 400 pagine del Rapporto, è stato il direttore generale dell’Aifa Luca Pani (nella foto) che - al netto delle molte e interessanti cifre che restituiscono una dettagliata radiografia dei consumi farmaceutici, e dei problemi correlati, nel nostro Paese - ha svolto una serie di importanti considerazioni. Due, in particolare, meritano di essere sottolineate. La prima è una valutazione in ordine alle dinamiche di una voce di spesa oggetto da tempo di stringenti misure (basti pensare alla legge di spending review) finalizzate al suo contenimento per garantirne la sostenibilità. Per Pani, andrà inevitabilmente alzato ancora una volta il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, evitando però di farlo a danno della spesa territoriale, che con il tetto fissato all’11,35% è ormai giunta, secondo il direttore generale dell’Agenzia, “al limite minimo di tenuta e non davvero più margini per controbilanciare l’aumento della spesa farmaceutica ospedaliera.”
Le cifre fornite da Pani (peraltro già note) illustrano la situazione meglio di qualsiasi parola: nel 2012, la spesa farmaceutica  totale  (pubblica  più  privata)  è  stata  pari  a 25,5 miliardi di euro. La spesa farmaceutica territoriale complessiva Ssn si è fermata a 11,8 miliardi di euro, con un calo del - 8%, principalmente determinato dalla diminuzione della spesa farmaceutica convenzionata, scesa del 10,3%.
Continua ad aumentare invece la spesa farmaceutica ospedaliera, che nel 2012 è cresciuta a due cifre (+12,6%) arrivando a circa 7,9 miliardi di euro. Il gioco del “chi sale, chi scende” prosegue anche in questo  2013:  secondo  quanto  anticipato  da  Pani,  i  dati  fin qui disponibili indicano una spesa territoriale comunque vicina al suo tetto e quella ospedaliera in ampio sfondamento, anche se “per valori in linea con le previsioni del ministero dell’Economia.” 
L’altra considerazione particolarmente rilevante svolta da Pani è sempre riferita alle dinamiche asimmetriche della spesa farmaceutica pubblica in ospedale e sul territorio, ma non riguarda il presente, bensì il futuro: “È inevitabile che la spesa farmaceutica ospedaliera sia cresciuta ed è inevitabile che cresca ancora molto” ha detto infatti il direttore dell’Agenzia “per l’ingresso di molecole innovative. E siccome i farmaci frutto di vera innovazione costano molto, moltissimo, non si potrà prescindere dalla necessità di affidarli a una gestione sempre più centralizzata.”
Quello prefigurato da Pani, insomma, sembra essere uno scenario dove la spesa per i farmaci “importanti” (destinata a crescere ancora) non uscirà dagli ospedali. Per chi guarda alla possibilità di restituire alle farmacie di comunità anche i farmaci innovativi, non si tratta certamente di una buona notizia.
I dati del Rapporto Osmed 2012 - integralmente disponibile al collegamento ipertestuale più volte proposto in questo articolo - sono oggi riportati con grande evidenza da tutta la stampa di informazione. Nell’articolo che segue, si riferiscono quelli maggiormente significativi: per il resto, si rimanda direttamente al Rapporto, che peraltro propone in sole quattro pagine iniziali (da pag. 10 a pag. 13)  una  sintesi   molto  indicativa  dei  suoi  contenuti. In un’altra pagina sono disponibili i materiali della conferenza stampa di ieri.

(Ordine Farmacisti Roma)
 

 
 
Farmacie comunali, a Milano. 52 posti di lavoro a rischio. Sindacati in allerta
 
Cinquantadue licenziamenti su un totale di 340 dipendenti. Ad annunciarli la società Admenta che gestisce le 84 farmacie comunali di Milano dopo che non più tardi di un mese e mezzo fa l’Ad Ferrandino aveva dichiarato che non ci sarebbero state ricadute sui lavoratori per la decisione dell’Azienda di uscire da Assofarm e di cambiare il Ccnl per tutti i suoi dipendenti, passando dall’applicazione del contratto collettivo di lavoro delle farmacie pubbliche, appena rinnovato, al contratto di lavoro delle farmacie private. (farmacista33)
 
 

 
Mondo Farmaceutico
Ricetta elettronica, tra Sac e Sar è questione di metodo.
 
 
Sperimentazioni che partono, in attesa di partire o già ben avviate. Parlando di ricetta elettronica ci si trova di fronte a un puzzle piuttosto variegato con un’unica certezza ormai assodata da tempo: l’obiettivo dell’agenda elettronico del decreto Sviluppo, che prevedeva per il 2013 la dematerializzazione del 60% delle ricette rimarrà incompiuta. 
Lo conferma a Farmacista33 Gianni Petrosillo, amministratore delegato di Promofarma, la società di servizi di Federfarma. «La situazione è decisamente variegata e la probabile causa sta nelle autonomie regionali che faticano a seguire un’agenda molto pressante». Il funzionamento del sistema è noto: una volta che il paziente si è recato in farmacia con la propria tessera sanitaria e il promemoria della ricetta al farmacista basterà controllare on line la prescrizione, attraverso l’identificazione tramite tessera elettronica e consegnerà il farmaco al paziente. 
A questo punto le opzioni per il farmacista sono due o trasmettere i dati telematicamente al Sac (Sistema di accoglienza centrale) o al Sar (Sistema di accoglienza regionale). E proprio nella diferenza tra i due sistemi risiede la questione cruciale. «Quello che è successo» spiega Petrosillo «è che le Regioni con il sistema Sar sono quelle più lente, che stanno riscontrando più difficoltà. 
Si tratta di Regioni, è il caso per esempio di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Puglia, che pur partite prima nella sperimentazione stanno arrancando. Altre Regioni» continua l’esperto «come Molise, Sicilia e Val D’Aosta, che si avvalgono del Sac, pur partite più tardi stanno bruciando le tappe, perché non hanno una stazione intermedia da cui passare. Il caso della Sicilia è emblematico» continua Petrosillo. «La sperimentazione doveva partire il 16 settembre tra molte perplessità. 
È partita a rilento, ma sono state fatte 33.000 ricette elettroniche nonostante l’impreparazione a livello di farmacie e software house. Una delle novità di questi giorni è l’introduzione di una sorta di bypass» aggiunge Petrosillo «in base al quale anche dove c’è il Sar le farmacie possono chiudere la ricetta nel Sac in virtù del fatto che i due sistemi dialogano tra loro. Un modello che, senza negare l’importanza del Sar, risolve il problema della lentezza dei sistemi. Il modello è già stato ufficializzato in Liguria e anche la Sardegna lo sta prendendo in esame». La spinta verso la dematerializzazione, perciò, pur con qualche frenata, è in corso.

(Farmacista33)
 
 

 
Trasparenza pubbliche amministrazioni, l’Aifa al primo posto della classifica
 
L’Agenzia italiana del farmaco si conferma al primo posto nella classifica delle amministrazioni pubbliche più trasparenti: con 66 indicatori pubblicati sui 66 previsti (un vero en plein) dal nuovo decreto sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle P.A., l’Aifa mantiene saldamente la testa della graduatoria stilata da La Bussola della trasparenza dei Siti Web, pubblicata sul sito del Governo Italiano, che “mappa” la rispondenza delle amministrazioni dello Stato ai requisiti di trasparenza richiesti.
La nuova “Bussola della trasparenza”, , fortemente voluta dal Dipartimento della Funzione pubblica, si presenta ricca di interessanti funzionalità. È redatta tramite monitoraggio automatico, verifica il rispetto dei contenuti richiesti dalla norma e consente di avere un quadro preciso dello stato di attuazione della normativa vigente.
Il monitoraggio del livello di trasparenza, assicurato dalla “Bussola”, consente alle pubbliche amministrazioni, ai cittadini e ai giornalisti di verificare l’attuazione del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, partecipando e contribuendo attivamente alla diffusione della cultura della trasparenza, integrità e merito.
L’Aifa, in una nota pubblicata sul suo sito fresco di riconoscimento, si dice “consapevole del prestigioso risultato raggiunto anche per l’anno 2013, e nell’ottica di un miglioramento continuo, intende proseguire nella strada tracciata dal nuovo dettato normativo ritenendo la Trasparenza valore fondante del proprio agire.”

(Ordine Farmacisti Roma)
 
 

 
Studio europeo, il farmacista indicato come primo punto di riferimento nell'autocura.
 
La stragrande maggioranza delle persone, in presenza di piccoli disturbi di salute, prova in prima istanza a risolverli autonomamente, con il ricorso a farmaci e rimedi senza obbligo di prescrizione. L’autocura, insomma, è una pratica diffusa e quotidiana. Ma, forse, non sufficientemente indagata, almeno in quella che è la sua percezione tra chi (i cittadini) l’ha ormai inglobata nel suo corredo di abitudini. Ad accendere un riflettore al riguardo ha provato l’Epposi,  un  think  tank  belga  no  profit  che  da  vent’anni produce analisi, studi e consulenze nell’ambito delle politiche sanitarie, conducendo un’indagine finalizzata su un campione di 1901 persone di dieci diversi Paesi europei (Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Scozia, Slovacchia e Spagna).
La rilevazione, effettuata nella scorsa estate, ha prodotto il report Consumer perceptions of self-care in Europe, che offre alcune interessanti suggestioni. La prima è l’asimmetria che esiste tra la diffusissima consapevolezza (nove cittadini su dieci) che prendersi cura di sé è fondamentale per la gestione della salute e la prevenzione e la molto scarsa self confidence nelle proprie capacità di autocura: solo due cittadini su dieci si fidano pienamente delle proprie capacità di individuare la giusta soluzione al proprio problema. La maggioranza del campione ha affermato che preferisce affidarsi, al riguardo, ai professionisti sanitari, tra i quali il farmacista, indicato dal 38% dei consumatori, precede il medico (27%) e internet (18%) come fonte primaria di informazioni sui medicinali da banco e come punto di riferimento cui chiedere supporto in caso di disturbi minori.
La tendenza consolidata di arretramento delle politiche di welfare, sulla spinta di problemi di sostenibilità economica, è inevitabilmente destinata a tradursi in un ruolo sempre più attivo dei cittadini nella gestione della salute, anche attraverso un maggior ricorso all’automedicazione. 
Che, peraltro, è una prospettiva che l’80% del campione interpellato da Epposi considera con favore, soprattutto se consigliata dal medico (32%) e dal farmacista (24%), o anche spontaneamente (18%), a patto di possedere sufficienti conoscenze sui benefici e i rischi connessi.
Per Andrea Pavlickova, curatrice del report Epposi (nella foto) “i consumatori vanno adeguatamente incoraggiati e supportati e ciò chiama necessariamente in causa il ruolo degli operatori sanitari.” 
“Raggiungere maggiori livelli di autocura richiede un cambiamento nel modo in cui i professionisti della salute si riferiscono ai loro pazienti” afferma Pavlickova. “Il discorso riguarda in modo particolare i farmacisti, che devono condividere la gestione clinica dei pazienti, in particolare per i disturbi che non necessitano l’attenzione di un medico di famiglia».

(Ordine Farmacisti Roma)
 
 

Aifa, ancora troppo alta negli anziani la non aderenza a terapie anti-osteoporosi
 
Il Geriatric working group dell’Aifa, il gruppo di lavoro costituito dall’agenzia regolatoria nazionale per occuparsi del tema centrale delle terapie in geriatria, ha condotto un focus dedicato all’aderenza al trattamento con anti-osteoporotici nella popolazione anziana. Secondo lo “Studio Epidemiologico sulla Prevalenza di Osteoporosi” - si legge nel focus - in Italia si stima che il 23% delle donne ed il 14% degli uomini sono affetti da osteoporosi. Il 50% delle donne e il 12,5% degli uomini di età superiore ai 50 anni ha riportato almeno una frattura nel corso della propria vita.
Nonostante la dimostrata efficacia del trattamento antiosteoporotico nella riduzione del rischio di fratture, la non aderenza alla terapia rimane un problema rilevante, dato che la proporzione dei soggetti non aderenti permane tra il 35 ed il 65% a un anno dall’inizio del trattamento.
Inoltre, i soggetti non aderenti hanno mostrato un aumento del rischio di fratture del 30-45% rispetto agli aderenti a partire dal sesto mese di terapia. L’osteoporosi costituisce un problema di sanità pubblica rilevante poiché, con l’invecchiamento progressivo della popolazione, le fratture osteoporotiche sono diventate una delle maggiori cause di disabilità, con un conseguente aumento della spesa sanitaria. Sono ancora pochi gli studi nel contesto italiano volti a verificare l’efficacia dei farmaci antiosteoporotici sul rischio di fratture in funzione dei livelli di aderenza.

(Ordine Farmacisti Roma)
 
 

 

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