Notizie n. 30

Editoriale

Dalla Federazione

Mondo farmaceutico

Rassegna stampa

 

Editoriale
Promozione di massa per le parafarmacie
L’ultima seduta del Tavolo della Farmaceutica ha “fatto posto” a nuovi commensali, i rappresentanti del disgregato mondo delle parafarmacie, oggi arrivate a quel punto critico che molti, e tra essi anche Assofarm, avevano previsto fin dall’inizio: l’insostenibilità economica di un modello che non ha i numeri per stare sul mercato. Al Tavolo erano seduti rappresentanti delle catene di parafarmacie, dei singoli proprietari e di quei farmacisti titolari sia di farmacie che di parafarmacie. La presenza poi di delegati di Confcommercio e Confesercenti fa riflettere su quanto sia fragile oggi la posizione del farmaco nel nostro paese, sempre a rischio di derive puramente commerciali. Di fronte a loro, il Sottosegretario Ferruccio Fazio ha ipotizzato due soluzioni: o vengono assorbite dalla Grande Distribuzione, o vengono trasformate in farmacie. La definizione di una proposta al Governo viene lasciata alla negoziazione tra i partecipanti al Tavolo, sotto la moderazione di un soggetto istituzionale come la Fofi. La nostra impressione è che, al di là di questo ampio contesto negoziale costruito dal Governo, sia già stata delineata una generale tendenza verso la seconda soluzione, cioè la trasformazione delle parafarmacie in farmacie a tutti gli effetti.
Si tratterebbe in buona sostanza di una specie di promozione di massa, con un sei politico per tutti, ma con conseguenze gravissime per tutto il sistema della distribuzione farmaceutica italiana. Prima di tutto ciò porterebbe ad ulteriori riduzioni di fatturato per le farmacie già esistenti. Oggi nel paese si contano diciottomila farmacie, alle quali si aggiungono le farmacie ospedaliere in regime di distribuzione diretta che per fatturato complessivo possono essere calcolabili in altre duemila.
Come ben sappiamo, inoltre, è in atto un sostenuto processo di erosione dei margini operativi delle farmacie, anche a seguito delle ultime disposizioni governative in tema di extrasconti sui generici. Un incremento così forte e improvviso della concorrenza provocherebbe sicuramente contraccolpi pesanti per le farmacie pubbliche e private già sul mercato. La prima conseguenza della riduzione della marginalità sarebbe una contrazione di quei servizi sanitari gratuiti che oggi la farmacia pubblica è in grado di offrire, e sui quali intende giocare buona parte del proprio essere al servizio del cittadino.
Queste considerazioni non stonano con quanto Assofarm ha affermato in passato a proposito di una sostanziale carenza di farmacie nel territorio italiano. Certo si ricorderà che tale denuncia era riferita alla necessità di una presenza in quelle aree rurali senza forti concentrazioni abitative, tali da non incentivare la presenza di farmacie private. Mentre un’eventuale presenza di farmacie pubbliche avrebbe concretizzato la nostra mission sociale di servizio sanitario pubblico, anche a discapito della redditività aziendale. Ora, alla nostra richiesta di ridisegno della pianta organica delle farmacie, si risponde implicitamente annullando il principio stesso della pianta organica. Se infatti le parafarmacie diventassero farmacie, verrebbe di fatto annullato ogni legame formale tra farmacia e posizionamento territoriale rispetto ad altre farmacie.
Vale però la pena di sfruttare questo ennesimo fronte di confronto della filiera distributiva per aprire un dibattito interno alla nostra Federazione a proposito della necessità del farmacista ovunque vi sia distribuzione di farmaci, qualunque sia la loro fascia. Se da anni infatti ci battiamo per difendere la farmacia anche attraverso la professionalità del farmacista, oggi la tentata “promozione di massa” delle parafarmacie, rischia paradossalmente di affossare la farmacia proprio facendo leva sulla stessa figura del professionista del farmaco: se c’è il farmacista allora quella è una farmacia, sembrano sostenere le parafarmacie.
La posizione istituzionale di Assofarm è sempre stata quella dell’indissolubilità del legame farmaco-farmacista, anche per i farmaci che non richiedono ricetta. È però vero che all’interno della nostra federazione si sono da sempre registrate posizioni differenti. Se vi sono farmaci definiti di “auto-medicazione”, sostengono queste posizioni, perché devono essere distribuiti con l’intermediazione del farmacista? Oggi più che mai tali punti di vista sono di attualità, e sarebbe più che opportuno che si sviluppasse un dibattito al riguardo in seno ad Assofarm.
 
Venanzio Gizzi
Presidente Assofarm 


L’attività svolta dalle farmacie comunali, gestite a mezzo di una società mista, rientra nell’erogazione del servizio farmaceutico

Note a margine di TAR Lazio, sez. II bis, 18 dicembre 2008, n. 11697 di Alceste Santuari
Presidente AMR – Azienda Multiservizi Rovereto (TN)

La sentenza che qui si annota brevemente costituisce un altro importante tassello – a nostro avviso – nella direzione del progressivo riconoscimento della dimensione imprenditoriale inscindibile nell’erogazione del servizio farmaceutico.
Invero, i giudici amministrativi del Lazio hanno sottilineato la non incompatibilità – anzi la necessaria compresenza – delle due componenti sottese all’erogazione del servizio farmaceutico, segnatamente, quello di servizio pubblico (sanitario) e quello più marcatamente di carattere imprenditoriale.
In particolare, preme evidenziare tre profili meritevoli di considerazione, in specie per quanto riguarda gli aspetti concernenti il “posizionamento” e il ruolo delle farmacie (comunali) sul mercato.
Configurazione dell’attività di vendita dei farmaci
I giudici amministrativi identificano l’attività di vendita dei farmaci al dettaglio al pubblico – indipendentemente dal fatto che il costo sia a carico o meno del Servizio sanitario nazionale – quale attività economica commerciale di caratterre imprenditoriale. Da detto inquadramento discende che: a) alle farmacie deve applicarsi il principio di libera concorrenza sancito dal Trattato C.E.; b) la tutela del consumatore è assicurata dalla presenza al banco di un farmacista.
Interessante notare come il collegio giudicante faccia dipendere dalla suddetta qualificazione la base giuridicoeconomica del diritto di prelazione spettante ai comuni con riferimento all’istituzione di una nuova sede di farmacia all’interno dei confini di un territorio, che – come è noto – è caratterizzato dalla presenza di una pianta organica che fissa il numero delle sedi farmaceutiche nell’ambito del territorio medesimo. Invero, i giudici amminsitrativi ritengono che il diritto riconosciuto dall’ordimanento in capo ai comuni debba essere commisurato ad una “migliore tutela della pubblica salute”, ai sensi delle previsioni contenute nell’art. 32 della Costituzione e nelle previsioni comunitarie.
Il modello gestionale scelto L’opzione giuridico-organizzativa individuata dal comune per la gestione della farmacia prelata, segnatamente, una società mista, in cui al comune è riservata la maggioranza delle quote e nella quale il socio privato è un farmacista, viene ricondotta alla volontà dell’ente locale di ottimizzare, attesi i parametri costituzionalei di buon andamento (art. 97), l’efficacia ed economicità dell’attività economico-commerciale, anche valorizzando la componente imprenditoriale apportata dal socio privato.
I servizi imprenditoriali accessori La sentenza, infine, si caratterizza per il fatto che i giudici, in particolare facendo riferimento alla specifica forma giuridico-organizzativa prescelta dal comune per la gestione del servizio farmaceutico, ritengono meritevoli le proposte avanzate dal socio privato miranti a rafforzare e migliorare la “performance” economica del servizio di farmacia. Interessante, al riguardo, il passaggio in cui il TAR, pur riconoscendo che il servizio farmaceutico si svolge nell’ambito di un mercato contingentato (farmaci venduti con prescrizione medica), sottolinea che lo stesso servizio deve svolgersi in condizioni di piena e totale concorrenza con tutti gli altri operatori, pubblici e privati, presenti su quel mercato.
A parere di chi scrive, i tre profili sopra richiamati si prestano ad alcune brevi considerazioni, in specie alla luce del mutato contesto normativo, sia nazionale sia comunitario in cui il servizio farmaceutico è collocato e del quale abbiamo dato conto in precedenti articoli su questa rivista. In primis, merita attenzione la qualificazione della vendita del farmaco quale attività commerciale. Se da un lato tale definizione risulta pacifica e vieppiù coerente con il sistema di liberalizzazione introdotto dal decreto Bersani che come è noto ha consentito la vendita di quelli non prescrivibili anche al di fuori delle farmacie “tradizionali”, dall’altro non può sottacersi che un’interpretazione eccessivamente forzata della vendita medesima potrebbe anche considerarsi in contrasto con la richiamata necessità di tutelare il paziente-consumatore.
Invero, chi scrive ritiene che l’attività commerciale sottesa alla vendita del farmaco sia strettamente correlata in termini teleologici alla funzione pubblica attribuita al servizio farmaceutico. In questo senso, pertanto, almeno per quanto concerne i farmaci venduti dietro prescrizione medica, il principio della libera concorrenza deve necessariamente integrarsi e finanche “cedere il passo” alla tutela della salute pubblica, diritto non solo garantito dalla Costituzione italiana, ma anche recentemente affermato a livello comunitario. Infatti, nei giorni scorsi, l’Avvocato Generale della Corte di giustizia europea, Yves Bot, ha stabilito che “la titolarità e l’esercizio di una farmacia possono essere riservati ai soli farmacisti”. Con ciò – in attesa della decisione finale della Corte attesa in primavera 2009 – sarebbe affermata la compatibilità dell’ordinamento sanitario italiano con il principio della libera concorrenza. La posizione dell’avvocato generale si colloca nell’ambito di una procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia sul tema della titolarità delle farmacie. Da un lato, infatti, si attestano quanti ritengono che la normativa italiana che riserva la titolarità delle farmacie ai soli farmacisti ovvero a società composte da questi ultimi non violi le libertà fondamentali sancite dal Trattato comunitario. Dall’altro, al contrario, si levano le voci di quanti invocano una maggiore liberalizzazione della titolarità, nel senso di ammettere che anche società composte da non farmacisti (nelle quali tuttavia sarebbe presente obbligatoriamente la figura di un farmacista) possano gestire il servizio in parola.
L’avvocato generale – pur riconoscendo che la normativa italiana si può intendere quale restrittiva della libertà di stabilimento sancita dall’art. 43 del Trattato UE – ribadisce che ciò è giustificabile in funzione delle finalità di tutela della salute pubblica cui la norma medesima è informata. In secondo luogo, alla luce delle suesposte riflessioni, con riferimento alla scelta della particolare forma di gestione della farmacia comunale (rectius: società mista) preme evidenziare che la stessa rientra nel novero delle possibili formule giuridico-organizzative a disposizione dei comuni per la gestione del servizio farmaceutico. Si deve ricordare che il servizio in parola assomma in sé componenti economico-imprenditoriali in uno con una componente socio-sanitaria. E tale combinazione necessaria è presente in tutte le formule gestionali, siano esse società ovvero aziende speciali. Da ciò discende che, pur dovendo legittimamente richiamare il rispetto del principio della libera concorrenza, a fortiori necessario in quanto trattasi di società il cui socio privato è scelto a seguito di procedura ad evidenza pubblica, per quanto attiene alla conduzione dell’attività e all’erogazione del servizio nulla si modifica qualora altro fosse il modello opzionato all’ente dominus.
In terzo luogo, particolare interesse suscitano le affermazioni dei giudici amministrativi con riguardo ai servizi “accessori” alla prestazione “base” di vendita dei farmaci, attese soprattutto i dibattiti e le polemiche che hanno preceduto l’approvazione del decreto “Bersani” sulla liberalizzazione dei farmaci nei punti vendita diversi dalle farmacie. Invero, si dibatteva e si dibatte ancor’oggi sulla “compatibilità” tra vendita dei farmaci e servizi collaterali commerciali. Il TAR, nella sentenza in parola, riconoscono la perfetta legittimità – anzi meritevolezza – dell’allargamento del novero dei servizi rinvenibili all’interno del presidio farmaceutico, in quanto ciò introduce “nuovi e più ampi servizi di tutela della salute della cittadinanza, valorizzando il profilo che giustifica la disciplina (e nel caso di specie anche la gestione) pubblicistica del servizio farmaceutico”. Sembra a a parere di chi scrive questa una questione rilevante per l’attuale e soprattutto futuro assetto delle farmacie. Infatti, muovendo dalla configurazione delle farmacie (pubbliche) quali case della salute ovvero centri di erogazione di servizi socio-sanitari integrati e coordinati (si pensi al Centro Unico delle Prenotazioni, alla consegna dei farmaci, alla misurazione della pressione, ecc.), si intuisce il coerente collegamento intercorrente tra servizio sanitario erogato e attività accessorie, che pur sempre rimangono assorbite nel primo. Si tratta, in altri termini, di attività serventi alle finalità perseguite dal servizio farmaceutico. Giova al riguardo ricordare che la distribuzione dei farmaci è una finalità espressa del Ssn (art. 2, comma 1, n. 7, legge n. 833 del 1978) e costituisce senz’altro parametro per i livelli essenziali di assistenza (art. 2, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, così come novellato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229). Pertanto, l’esercizio dell’attività di assistenza farmaceutica rappresenta un cardine della “materia” diritto alla salute, garantito e assicurato, nel nostro ordinamento, dallo Stato e dalle Regioni, le quali la esercitano a mezzo delle proprie strutture sanitarie locali (ASL ovvero ULSS)
Il servizio farmaceutico – sia esso pubblico ovvero privato – deve quindi considerarsi collocato nel contesto “speciale” del servizio sanitario nazionale e degli interessi pubblici che il servizio medesimo intende preservare e presidiare. In questo senso, le farmacie sul territorio rappresentano un servizio essenziale per la cura e la tutela della salute. Tale approccio è stato ribadito di recente dal Parlamento Europeo, che ha approvato una specifica Relazione (Relazione su “Un impegno comune per la salute: Approccio strategico dell’UE per il periodo 2008-2013” 16 settembre 2008). La Relazione, tra l’altro, impegna Commissione e Stati Membri a considerare “i sistemi di sanità solidali” quali “elemento essenziale del modello sociale europeo e i servizi sociali e sanitari di interesse generale” capaci di adempiere ad un obiettivo di interesse generale, “contribuendo grandemente alla giustizia e alla coesione sociale”. Alla luce delle considerazioni svolte, si può affermare che non solo le farmacie comunali ma anche quelle private non si muovono in un “libero mercato”, ma in un sistema in cui prevale l’interesse pubblico rispetto all’interesse – necessario e importante – di carattere economico-imprenditoriale.
 

 
Rassegna stampa
Parafarmacie, prezzi aumentati esageratamente per sop e otc

Con riferimento alla lettera del Movimento Spontaneo Farmacisti Italiani nella quale si evidenzia come i prezzi di numerosi farmaci Sop ( di fascia C senza obbligo di ricetta medica) e OTC (Farmaci da banco o di automedicazione) nel mese di Gennaio siano aumentati esageratamente, l’ANPI, L’Associazione Nazionale delle Parafarmacie italiane, condivide la protesta ed aderisce alla richiesta di ripristino di un prezzo univoco di vendita dei farmaci OTC e SOP, permettendo in questo modo, non solo di uniformare il prezzo di acquisto per tutti i punti vendita, ma anche di praticare una politica del prezzo al dettaglio soggettiva per ciascun esercizio.
E’ quanto si legge in una nota dell’ associazione che pero’ ‘’dissente profondamente con il Movimento per l’utilizzo strumentale dei dati afferenti i consumi dei farmaci nel 2008’’. Infatti, spiega l’Anpi, e’ opportuno precisare ‘’che mentre il costo dei farmaci di classe A e C (con ricetta medica), ha subito un incremento medio dell’1,2%, il costo dei farmaci da banco ha avuto un abbassamento pari al 3,2% (unica voce nel comparto farmaceutico), dovuto alla presenza di nuovi punti vendita (parafarmacie e GDO) che hanno introdotto una sana concorrenza con le farmacie’’.
Infine nella nota si ricorda che la fetta di mercato sui prodotti OTC e SOP, acquisita da questi nuovi punti vendita, ‘’e’ passata dal 3% del 2007, al 5,8% del 2008 con un incremento del 93%. La quota di mercato acquisito da questi nuovi esercizi, assume un rilievo maggiore se si tiene conto che il loro numero rispetto al totale dei punti vendita (farmacie piu’ parafarmacie), nei due anni di esistenza, e’ mediamente e’ pari al 9%, un dato che ha fatto dichiarare ad ANIFA che le parafarmacie rappresentano la vera novita’, in termini di sviluppo, del settore’’. (fonte: ASCA)
 


Mondo Farmaceutico
Farmaci alla Asl? No grazie «Meglio nella mia farmacia»

Sonia Galardo *

Il 63% degli intervistati non si sente soddisfatto del servizio di distribuzione diretta dei farmaci presso la propria Asl (prodotti per patologie rare, materiale per diagnosi e cura del diabete) il 7% dichiara di esserlo solo “a volte”, oltre il 50% afferma di avere difficoltà nel raggiungerla e il 94% sostiene che sarebbe più semplice, pratico e comodo poter prenotare e/o ritirare i medicinali presso le farmacie: è quanto emerge dall’indagine condotta dall’Unione Nazionale Consumatori per rilevare il grado di gradimento, le aspettative e disagi percepiti dal cittadino-consumatore in merito alla distribuzione presso le Aziende Sanitarie Locali di farmaci, presidi medici e chirurgici, prodotti per patologie rare, materiale per diagnosi e cura del diabete.
Una delle voci più rilevanti registrate dallo sportello reclami dell’Unione Consumatori riguarda proprio la sanità pubblica, i suoi sprechi e i suoi disservizi: è per questo che abbiamo deciso di dedicare particolare attenzione al settore cercando di coglierne i punti deboli e di maggiore disagio per i cittadini, nell’intento di dare a questi ultimi delle risposte concrete. È in quest’ottica che abbiamo realizzato l’inchiesta “Farmaci: funziona la distribuzione diretta?”, presentata a Roma. L’indagine, supportata da una videoinchiesta, è stata condotta presso alcune Asl del Lazio allo scopo dichiarato di rilevare il livello di soddisfazione e la reale efficacia della distribuzione diretta di alcuni farmaci che per legge avviene presso le Asl, causando non pochi disagi all’utente. Basta dare uno sguardo ai risultati dell’inchiesta per comprendere come doversi spostare per ritirare i farmaci necessari alle cure crea non pochi problemi alla maggior parte degli intervistati (soprattutto quelli con gravi patologie invalidanti) che manifestano apertamente il loro scontento. Specie nelle grandi città non sono infatti rari i casi in cui la Asl di competenza non è quella di quartiere ma, anzi, dista molto dalla propria abitazione, tanto che raggiungerla diventa un vero e proprio “viaggio”. «L’obiettivo è rimettere al centro dell’attenzione il cittadino - ha affermato Franco Caprino - Presidente di Federfarma Lazio. Bisogna puntare al miglioramento del processo assistenziale sia in termini di efficienza, che vuol dire fruibilità ed accessibilità per il paziente, sia in termini di qualità effettiva percepita dal paziente stesso».
«Nella sanità pubblica - ha dichiarato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori - l’interesse degli utenti si persegue con il contenimento dei costi solo a condizione che tale risparmio non avvenga sulle spalle dei cittadini. L’enorme mole di reclami che giunge da tutta Italia circa le inefficienze della distribuzione diretta effettuata dalle Asl ci ha indotto a realizzare questa inchiesta “pilota” che abbiamo focalizzato sulla realtà della regione Lazio ma che può dirsi emblematica di problematiche che coinvolgono l’intero Paese e che richiedono interventi concreti e tempestivi a livello nazionale».
Per l’Unione Nazionale Consumatori si tratta di una battaglia che andrà costantemente avanti nel tempo, ma è importante che coloro che hanno responsabilità di Governo intervengano per semplificare l’esistenza di quei consumatori che, in quanto malati, appartengono a fasce particolarmente deboli della popolazione.
 
(fonte: Il Tempo)
* Unione Nazionale Consumatori
 

 
Mondo farmaceutico
Extra-sconti: parla l’Agenzia

Sulla questione delle differenze di prezzo tra i farmaci generici commercializzati in Italia rispetto a quelli presenti negli altri paesi europei, sollevata da un articolo di Loredano Giorni, responsabile del settore farmaceutico della Regione Toscana, e componente del Comitato Prezzi e Rimborso dell’Aifa, è intervenuta oggi la stessa Agenzia del Farmaco. In un comunicato, AIFA precisa in un comunicato che “il fenomeno degli extrasconti praticati dall’industria ai distributori e alle farmacie, rispetto al prezzo pagato dal Servizio Sanitario Nazionale, ha costituito una forma di autoregolamentazione che il mercato ha scelto autonomamente di darsi”. L’Aifa, continua il comunicato, “non appena e’ venuta a conoscenza degli ulteriori margini di guadagno concessi dall’industria alla distribuzione, ha reagito prontamente adottando, nella contrattazione del prezzo dei farmaci che si svolge, appunto, all’interno del Comitato Prezzi e Rimborso, misure correttive volte a consentire al Servizio Sanitario Nazionale di recuperare l’eccesso di spesa. Ulteriori misure - conclude la nota - sono state concordate al Tavolo farmaceutico con un Accordo approvato e sottoscritto anche da Federfarma e attualmente in via di perfezionamento normativo”.
 
(fonte: Agipress)
 


Rassegna stampa
Indagine unc, nel lazio 63% pazienti boccia distribuzione in asl

La cosiddetta ‘distribuzione diretta’ dei farmaci, che prevede la dispensazione di alcuni medicinali non in farmacia, ma presso la Asl, non piace al 62,67%% dei pazienti del Lazio, contro il 30,67% che si dice invece soddisfatto del servizio, e il 6,67% che lo e’ solo ‘a volte’. E’ quanto emerge da un’indagine, condotta dall’Unione nazionale consumatori (Unc), attraverso un questionario al quale hanno risposto 150 persone contattate nei pressi di 5 Asl del Lazio, fra novembre e dicembre 2008. L’indagine, presentata oggi a Roma, ha voluto testare il gradimento di questo sistema di distribuzione, adottato dalla Regione Lazio e da altre regioni italiane come misura per contenere la spesa farmaceutica.
Agli intervistati e’ stato anche domandato: “Riesce a raggiungere comodamente la sua Asl?”. Il 55,33% ha risposto ‘no’, il 42,667% ‘si’’ e il 2% ha detto di riuscirci solo ‘a volte’. E ancora. Alla domanda: “Sarebbe piu’ semplice e pratico poter prenotare e/o ritirare i medicinali presso le farmacie?”, il 94,67% ha risposto ‘si’’, contro un 3,33% di ‘no’ e il 2% che ha detto ‘a volte’. Nel Lazio, infatti - hanno ricordato gli organizzatori dell’incontro di oggi - sono in vigore dal primo gennaio 2009 misure che prevedono per alcuni farmaci l’erogazione diretta da parte della Asl (soprattutto antitumorali) e per altri la cosiddetta ‘distribuzione per conto’, con la quale i medicinali vengono acquistati dalla Regione ma distribuiti tramite le farmacie pubbliche e private, grazie ad accordi ad hoc.
“Nella sanita’ pubblica - ha commentato Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unc - l’interesse degli utenti si persegue con il contenimento dei costi solo a condizione che tale risparmio non avvenga sulle spalle dei cittadini. L’enorme mole di reclami sulle inefficienze della distribuzione diretta dei farmaci ci ha indotto a realizzare questa inchiesta ‘pilota’ nel Lazio, ma che puo’ dirsi emblematica di problemi che vanno risolti a livello nazionale. E’ importante dunque - ha aggiunto - sensibilizzare soprattutto chi ha responsabilita’ di Governo per semplificare la vita di quei consumatori che, in quanto malati, appartengono a fasce particolarmente deboli della popolazione”.
 
(Libero.it)
 


Rassegna Stampa
Farmaci, difficile il ritiro diretto alle Asl

I pazienti-utenti del Lazio preferiscono il tradizionale ritiro dei medicinali in farmacia. In vigore dal 2001, la “distribuzione diretta” dei farmaci erogati dalle strutture Asl previa presentazione della ricetta medica da parte dell’assistito stenta a decollare, almeno nel Lazio. L’Unione Consumatori ha condotto tra novembre e dicembre 2008 un’indagine su 150 utenti intervistati nei pressi di 5 Asl laziali.
I risultati, presentati a Roma nel corso di una tavola rotonda su “Farmaci: funziona la distribuzione diretta?”, evidenziano le lacune del servizio. Il 55% dei pazienti raggiunge con difficoltà la sede Asl; quasi il 95% dichiara che sarebbe molto più pratico prenotare e/o ritirare i farmaci in farmacia; infine, il 63% non è soddisfatto del servizio di distribuzione diretta come è prestato dalla sua Asl.
“La situazione laziale è emblematica di problematiche che devono essere risolte a livello nazionale”, ha detto Massimilano Dona, segretario generale dell’Unione nazionale consumatori. I farmaci, i presidi e gli ausili che possono essere erogati dalle Aziende sanitarie locali sono quelli per cui è richiesto un controllo periodico del paziente (antitumorali, biologici, antidiabetici, aghi e strisce reattive, ormone somatotropo e altri) e che sono inseriti nel cosiddetto “Prontuario PH-T” (approvato dall’Aifa nel 2004).
“La distribuzione diretta, realtà consolidata in molte regioni, è stata individuata dall’Aifa e dalla regione Lazio come strumento di riduzione dei costi”, ha ribadito il consigliere regionale Augusto Battaglia, “anche se un recente accordo rilancia la “distribuzione per conto” operata dalle farmacie”.
Pareri opposti hanno espresso Franco Caprino, presidente di Federfarma, convinto che la distribuzione diretta non porti a risparmi importanti e metta in pericolo la tracciabilità del farmaco, e Ferdinando Romano, ordinario di igiene all’Università “La Sapienza” di Roma, per il quale la convenienza del servizio va valutata quale sintesi tra risparmio, miglioramento del processo assistenziale e tutela clinica del paziente. (mariapaola salmi – repubblica.it)
 


Rassegna stampa
Farmaci uguali per tutti, ma non negli ospedali

P fn, Ptor, Ptr, Ptotr, Ptav, Ptop, Ptp, Ptl, Pto, Pta... Letti di seguito ricordano la mitica canzone di Giorgio Gaber in cui si elencavano i partiti italiani, nella realtà sono i vari prontuari che in Italia vanno «superati» perché un farmaco ospedaliero (fascia H) riesca finalmente ad arrivare al paziente. Si tratta di medicinali che o si somministrano o si possono recepire solo in ospedale. Una corsa ad ostacoli che porta alla «balcanizzazione» della sanità italiana, con un’applicazione del federalismo più a vantaggio di politici e burocrati che dei cittadini. I quali purtroppo, e per forza di cose, rispetto ai farmaci ospedalieri, sono diventati di serie A e di serie B. Se non di C. Un farmaco in grado di curare un tipo di tumore o in grado di rallentare una grave disabilità (che costa alla lunga di più al servizio sanitario), dopo l’approvazione a livello nazionale, può essere disponibile in una Regione dopo pochi mesi e in un’altra non esserlo ancora dopo un anno, un anno e mezzo. Accade con la sclerosi multipla, accade con l’osteoporosi. Differenze anche tra Asl e Asl, ospedale e ospedale. Con pazienti costretti ad «emigrare», sempre che il medico di famiglia faccia la prescrizione. In apparenza, il tutto servirebbe a far quadrare i conti.
«BALCANIZZAZZIONE» DEI PREZZI - Nella realtà, la «balcanizzazione» i costi li potrebbe addirittura aumentare: commissari e sottocommissari, personale amministrativo (precario o meno) qualcuno deve pur pagarli. La fotografia, piuttosto plumbea, è stata scattata dal Cerm (Competitività, regolazione, mercati) che ha dedicato un ampio studio, firmato Fabio Pammolli e Davide Integlia ( www.cermlab. it), ai «farmaci ospedalieri tra Europa, Stato, Regioni e cittadini». Studio ispirato dal rapporto Salute 2007 di Cittadinanza Attiva che evidenziava come il 37% delle denunce riguardava la difficoltà di accesso ai medicinali. «Ne deriva— dice Pomalli — un evidente problema di discriminazione nell’accesso alle cure e di differenziazione del livello essenziale di assistenza (Lea) farmaceutica sul territorio nazionale». E aggiunge: «La governance del sistema sanitario-farmaceutico rappresenta, per il peso che la spesa occupa nei bilanci delle Regioni (70-80%) e per il rilievo politico-sociale delle prestazioni, il più importante banco di prova del federalismo. È necessario, di conseguenza, interrogarsi, oltre che sui tanti altri aspetti ancora aperti della transizione federalista, sulla compatibilità tra l’attuale filiera decisionale che presiede all’utilizzo di un farmaco in ospedale e i principi che il federalismo vorrebrassegna be affermare».
SISTEMA DI APPROVAZIONE - Il sistema di approvazione dei medicinali in fascia H, ospedalieri, mette a nudo le magagne della sanità regionale. Anche nel confronto con realtà simili come quella dei Länder tedeschi. In Germania non c’è una contrattazione-omologazione con un’agenzia nazionale, come avviene in Italia con l’Aifa: un farmaco ospedaliero appena dopo l’approvazione europea dell’Emea può essere commercializzato su tutto il territorio nazionale. Il medico di un ospedale può farne richiesta, ottenerlo e somministrarlo al paziente. In Italia invece ci sono alcuni step che non si possono by-passare (l’omologazione Aifa, l’immissione nei prontuari territoriali), al massimo si possono accelerare per via dell’innovatività di un farmaco, ma non potendo eliminarli si avrà sempre un «ritardo strutturale» nel recepimento di nuove medicine da parte di chi eroga servizi sanitari. Un esempio? «Un farmaco alfa approvato dall’Emea e con l’autorizzazione al commercio — spiega Davide Integlia — deve passare la valutazione dell’Aifa tramite la sottocommissione che si occupa di procedure europee. Dopo si apre il tavolo per la fissazione del prezzo di rimborso, presieduto sempre dall’Aifa. Ottenuta l’Aic in Italia e concordato il prezzo di rimborso, la trafila burocratica del farmaco non è ancora chiusa: devono sopraggiungere i pareri positivi di altre due commissioni tecnico-scientifiche, quella regionale che compila e aggiorna (a seconda dei casi) i Ptor/Ptr/Ptotr/ Ptp/Ptop/Ptav, e quella di Asl o ospedale che compila e aggiorna i Pta/Ptl/Pto. Appare quantomeno singolare che, dopo la valutazione scientifica europea e nazionale, ne occorrano altre locali per definire appropriatezza del farmaco e somministrabilità».
TEMPI LUNGHISSIMI - Tempi biblici. Uno studio del 2005 misura il ritardo medio nel lancio di 29 nuove molecole sottoposte a procedura centralizzata dell’Emea in 14 Paesi dell’Unione Europea, tra il 1994 e il 1998. Germania, Irlanda e Regno Unito sono i Paesi con i tempi di attesa più brevi. In Italia intercorrono mediamente 15,3 mesi, contro gli 8,1 della Germania e dell’Irlanda, e gli 8,4 del Regno Unito. Il nostro Paese è al terz’ultimo posto, tempi più lunghi li fanno registrare solo Grecia (15,8) e Belgio (17,8). Quindi già si parte in ritardo. Il database del Cerm permette di stimare in 226 giorni il tempo medio necessario all’Aifa per completare l’iter di negoziazione del prezzo e di ammissione a rimborso (ammissione in fascia H). Se ai 226 giorni di lavoro dell’Aifa si aggiungono i tempi di inserimento dei farmaci nei protocolli regionali, sub-regionali, ospedalieri, si sfiora il dramma. Integlia snocciola le stime: «Le Regioni che mostrano i tempi più lunghi sono il Lazio con 510 giorni (17 mesi), e la Toscana con 504 (16,8 mesi). Le Regioni con i tempi minori sono l’Umbria con 371 giorni (12,4 mesi), e la Basilicata con 396 giorni (13,2 mesi). La Calabria approva automaticamente tutti i farmaci inseriti nel prontuario nazionale. Sarebbe l’ottimale. Comunque, la media italiana tra il sì Emea e il recepimento nel primo prontuario sub nazionale, è pari a 449 giorni (14,96 mesi)». Incredibile.
 
(Mario Pappagallo)
 


Mondo farmaceutico
Precisazioni Aifa su articolo Federfarma su Sole 24 Ore Sanità

In merito all’articolo “Aifa, comportamenti omissivi” a firma Anna Rosa Racca, Presidente di Federfarma, pubblicato oggi sulle colonne del Sole 24 Ore Sanità, in cui viene posto in discussione l’operato di un componente del Comitato Prezzi e Rimborso dell’Aifa per aver informato i cittadini, dalle colonne dello stesso giornale, dell’esistenza di differenze di prezzo tra i farmaci generici commercializzati in Italia rispetto a quelli presenti negli altri paesi europei ed aver ricordato la vicenda degli extrasconti praticati dall’industria ai distributori e alle farmacie, rispetto al prezzo applicato al pubblico e al Servizio Sanitario Nazionale, l’Agenzia Italiana del Farmaco precisa che:
1 - il fenomeno degli extrasconti praticati dall’industria ai distributori e alle farmacie, rispetto al prezzo pagato dal Servizio Sanitario Nazionale, ha costituito una forma di autoregolamentazione che il mercato ha scelto autonomamente di darsi
2 - l’Aifa non appena è venuta a conoscenza degli ulteriori margini di guadagno concessi dall’industria alla distribuzione, ha reagito prontamente adottando, nella contrattazione del prezzo dei farmaci che si svolge, appunto, all’interno del Comitato Prezzi e Rimborso, misure correttive volte a consentire al Servizio Sanitario Nazionale di recuperare l’eccesso di spesa
3 - ulteriori misure sono state concordate al Tavolo farmaceutico con un Accordo approvato e sottoscritto anche da Federfarma e attualmente in via di perfezionamento normativo
 


Mondo farmaceutico
Piemonte: le farmacie di farmagruppo riducono i prezzi

Farmagruppo, la cooperativa che riunisce sotto un unico marchio 411 farmacie di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ha deciso di far fronte al momenti di crisi attuando una politica di riduzione dei prezzi su alcuni medicinali di largo consumo. In particolare in tutte le farmacie aderenti i cittadini possono acquistare 20 compresse di Paracetamolo o Acido Acetisalicidico piu’ vitamina C, ossia aspirina, a 1,90 euro a confezione. Un’iniziativa molto apprezzata dalla Regione Piemonte, come sottolinea l’assessore regionale al commercio, Luigi Sergio Ricca, che la ritiene ‘’innovativa come risposta ai provvedimenti di liberalizzazione della vendita dei farmaci che la categoria dei farmacisti contestava. Questa iniziativa, invece, - prosegue l’assessore - rappresenta una reazione fatta con spirito di intraprendenza e non soltanto con un atteggiamento di carattere difensivo e mi piace evidenziare che questo spirito di imprenditorialita’ si registri, non a caso, proprio a Torino dove Farmagruppo e’ nata per iniziativa dell’associazione dei titolari di farmacia di questa citta’’’. (Libero.it)
 


Rassegna stampa
«Farmaci falsi. il 70% on line. Non credete ai facili risultati»

«Farmacovigilanza azzerata, impossibilità di risalire al produttore in caso di problemi, riciclaggio di farmaci illegali, medicinali rilasciati senza ricetta o non conservati secondo le indicazioni, bugiardini scritti in lingua straniera: sono solo alcuni degli “effetti collaterali” che possono derivare dall`uso di farmaci acquistati in internet. Tra i prodotti farmaceutici comprati in rete, poi, molti possono essere i pericoli nascosti dietro alle etichette che millantano nomi simili ai `veri` farmaci: “Il 70% dei medicinali contraffatti proviene da internet - spiega Annarosa Racca, presidente di Federfarma, la federazione dei farmacisti italiani - e possono essere anche molto pericolosi, soprattutto quando promettono effetti miracolosi”.
Farmaci con gli stessi principi attivi ma importati illegalmente; farmaci con uguale principio attivo, ma con dosaggio differente da quello utilizzato in Italia; farmaci con lo stesso principio attivo, ma con eccipienti diversi e, infine, farmaci con principi attivi del tutto differenti dagli originali, quando non addirittura nocivi. Sono diverse le tipologie di contraffazione farmaceutica esistenti nelle quali si può incappare nella rete: “È per questo che, da cittadina italiana prima che da professionista del settore, spero che la vendita dei farmaci online nel nostro paese non si sviluppi”, continua Racca. Un sistema, quello della vendita dei farmaci online, che in Italia non ha conosciuto una crescita al pari degli Stati Uniti o dei paesi anglosassoni. Tra le motivazioni, spiega Racca, al primo posto c`è il fatto che in Italia le farmacie sono tante, e capillarmente distribuite sul territorio: una ogni tremila abitanti, contro la media di una farmacia ogni diecimila abitanti nei Paesi del Nord Europa;[….]”Una distribuzione ramificata grazie alla quale nessuno avrà mai bisogno di acquistare online.[…].
E, poi, c`è il rapporto tra il farmacista e il paziente/cliente, “che in Italia è ancora vissuto come un rapporto umano. Le persone hanno bisogno dei farmacisti, ai quali chiedono consigli sulla loro salute e con i quali si confidano. Il farmacista è vicino alle persone anche psicologicamente. È per questo che nel nostro paese Italia è molto apprezzata la `classica` tipologia di farmacia. Da un recente sondaggio commissionato da un’organizzazione esterna a Federfarma risulta infatti che, tra i 32 servizi analizzati, la farmacia è quello più apprezzato dai cittadini”. In Italia la tracciatura dei farmaci segue i medicinali dalla produzione alla vendita, passando per lo stoccaggio e la distribuzione: “In questo modo i medicinali venduti e le modalità di conservazione sono sempre sotto controllo, controllo che invece manca nel caso degli acquisti online”.
Attenzione, in particolare, ai prodotti venduti con la promessa di effetti benefici in poco tempo: “Non si può dimagrire solo con una pillola, smettere di fumare improvvisamente o avere prestazioni sessuali sensazionali grazie all`assunzione di una determinata medicina - conclude Racca -. Bisogna sempre guardarsi dai messaggi diffusi su internet che promettono questo tipo di effetti con l’acquisto online di farmaci miracolosi». Intervista di Miriam Cesta ad Annarosa Racca, presidente Federfarma Nazionale, (15/01/ 2009 su “Filo Diretto” di Federfarma. «Sono assolutamente d’accordo con Annarosa Racca, presidente nazionale di Federfarma – dice Marco Bacchini , presidente di Federfarma Verona, Associazione titolari di farmacia -. Non lasciatevi ingannare dalle false pubblicità di Internet perché ne va della vostra salute. Non mi stancherò mai di mettere in guardia sull’acquisto on line dei medicinali perché l’utente, in media, non si rende conto di quanto sia pericoloso. Chi vende illegalmente farmaci è un delinquente che gioca sulla buona fede dei pazienti. Il consiglio in farmacia è gratuito, approfittate di questa opportunità anche per chiedere informazioni su medicamenti o sedicenti tali, trovati “nella rete”». (fonte: L’Adige)
 


Fazio, lista nera di farmacie illegali ondine

Una lista nera di farmacie illegali on line: e’ l’obiettivo di un lavori di intelligence informatica per combattere le farma-truffe su Internet. Lo ha annunciato il sottosegretario al Welfare con delega alla salute Ferruccio Fazio in commissione Sanita’ al Senato, rispondendo ad una interrogazione proprio sui pericoli degli acquisti di farmaci sulla rete, senza controlli, prescrizioni o garanzie. L’obiettivo, ha spiegato Fazio ai senatori e’ anche quello di monitorare i canali tuttora sommersi, della distribuzione di medicinali illegali e contraffati per gli sportivi, che non utilizzano siti aperti come le e-pharmacies, ma forum e altri strumenti di sociale networking. ‘’Tra le iniziative - ha annunciato Fazio - e’ stata predisposta una massiccia informazione al pubblico su questi rischi’’. Gi esperti ritengono infatti questo strumento piu’ efficace che quello del blocco tecnico di questi siti illegali che risorgono con grande velocita’.
 
(ANSA)