Notizie n. 29

Editoriale
Dalla Federazione
Mondo Farmaceutico
Dalle Associate
Rassegna stampa
Editoriale
Un 2009 Decisivo
 
L'anno appena iniziato sarà fondamentale per costruire la farmacia pubblica italiana del futuro, perché nell'agenda del dibattito istituzionale sono presenti alcune delle questioni su cui si giocherà il ruolo della farmacia come "luogo" di dispensazione di servizio sanitario pubblico.
Il Tavolo per la riforma del sistema farmaceutico italiano sarà uno degli ambiti deputati per questo dibattito solo se le regole del gioco verranno radicalmente mutate: diverso stile dei rapporti istituzionali, altri contenuti. Se ciò non awerrà, se rimarranno i colpi di mano e gli squilibri di potere che abbiamo registrato fino ad oggi, il Tavolo non sarà uno spazio di concertazione, ma un momento di pura ratifica, perdipiù forzata, di decisioni già prese da alcuni prima di sedersi di fronte agli altri. Dal primo incontro del 15 settembre scorso ad oggi, la Farmacia italiana è sempre apparsa come una sorta di cassa dove recuperare risorse economiche utili a risolvere problemi sorti altrove.
Da questa prospettiva va letto quanto accaduto a proposito dei farmaci generici. Ricordiamo che in una prima bozza del disegno di legge di conversione del decreto-legge 185-2008 erano presenti alcune norme pesantissime per la farmacia italiana, come l'imposizione di una rigida suddivisione degli sconti di spettanza a distributori intermedi e farmacie sul prezzo del farmaco etico. Norme poi stralciate nell'articolato depositato.
Il fatto che in sede di conversione non sia passata la proposta di incrementare gli extrasconti a favore del SSN di un 1,4% una tantum (che per ogni farmacia avrebbe comportato una perdita di 9.000 di risultato prima delle imposte) è certamente un dato positivo. Rimane però la preoccupazione che tale prowedimento possa essere reintrodotto in sede di conversione di legge.
Ciò detto, non possiamo trascurare il risultato per noi del tutto negativo raggiunto dal Tavolo. Un risultato che non rispecchia gli interessi della collettività, prima ancora che delle Farmacie Comunali.
Le durissime "proposte" avanzate sotto la minaccia dell'azione giudiziaria a proposito di extra-sconti sui generici dimostrano non tanto la volontà di agire su meccanismi distorti del mercato distributivo, quantunque essi esistano e debbano essere risolti, ma l'insensibilità di istituzioni centrali e locali nei confronti di un sistema distributivo del farmaco che, seppure imperfetto, rimane un esempio di efficienza gestionale per la sanità italiana. La cosa per noi grave è che concentrandosi su elementi strettamente aziendalisti, come ad esempio gli extra-sconti sui generici, si va a coprire il dato politico: cioè l'attacco all'unico settore virtuoso del mondo sanitario italiano.
È ora di cambiare l'approccio alla Farmacia italiana: non sottrarle il denaro che si guadagna nel mercato, ma spingerla ad offrire maggiori servizi sanitari attraverso le risorse che essa ricava dalla sua attività commerciale.
In particolare, le farmacie comunali oggi sono un laboratorio dinamico e in continua evoluzione di tali potenzialità, perché intendono il proprio protagonismo aziendale come semplice strumento al servizio della mission sociale.
La speranza è che il 2009 sia anche l'anno decisivo per un accordo nazionale che sviluppi in maniera organica il sistema della distribuzione per conto. Tale occasione sarebbe peraltro propizia per sperimentare la nostra proposta di diversa remunerazione del farmacista, non più in base al prezzo del farmaco, ma in forza dei servizi offerti all'utenza. Siamo convinti che la distribuzione diretta operata dalle Asl e dalle aziende ospedaliere non permetta di attuare, a differenza di quanto sostengono le regioni, alcun risparmio al SSN. I dati disponibili non mostrano in modo chiaro e inequivocabile l'effettivo contenimento della spesa farmaceutica. È invece più chiaro il costo sociale di tale opzione: disagi negli spostamenti per i cittadini, e ancor più grave il progressivo degrado di quel legame fiduciario che fa della farmacia il luogo dove le persone instaurano rapporti significativi con il proprio consulente sanitario.
Sviluppare il sistema della distribuzione per conto, parallelamente ad un nuovo e più meritocratico sistema di remunerazione del farmacista, significherebbe responsabilizzare quest'ultimo e valorizzarne il ruolo di supporto integrato al SSN.
Decisamente positiva è invece la prossima nomina del sottosegretario Ferruccio Fazio a Ministro della Salute. Avevamo espresso fin da subito la nostra preoccupazione nel vedere la Sanità accorpata insieme ad altro nel grande ministero del Welfare. L'augurio è che il probabile riconoscimento alla Salute di un ruolo suo autonomo all'interno della compagine di governo possa significare nuovo slancio a tutte le questioni sanitarie nazionali oggi in fase di stallo.
Margini operativi, rapporti con le Asl, nuova remunerazione del farmacista, ruoli e spazi offerti alla Sanità all'interno del sistema pubblico nazionale: da questi temi si evince chiaramente che il dibattito in essere non è né tecnico né di dettaglio. Sotto questi elementi si sta giocando la partita tra differenti visioni della distribuzione farmaceutica italiana. Chi in essa vede un'attività economica, chi in essa vede ben di più.
 
Francesco Schito
Vice-Presidente Assofarm


Dalla Federazione
Le farmacie tra pubblico servizio e principio di libera concorrenza
 
Nei giorni scorsi, l'Awocato Generale della Corte di giustizia europea, Yves Bot, ha stabilito che "la titolarità e l'esercizio di una farmacia possono essere riservati ai soli farmacisti". Con ciò - in attesa della decisione finale della Corte attesa in primavera 2009 - sarebbe affermata la compatibilità dell'ordinamento sanitario italiano con il principio della libera concorrenza. La posizione dell'awocato generale si colloca nell'ambito di una procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia sul tema della titolarità delle farmacie. Da un lato, infatti, si attestano quanti ritengono che la normativa italiana che riserva la titolarità delle farmacie ai soli farmacisti owero a società composte da questi ultimi non violi le libertà fondamentali sancite dal Trattato comunitario. Dall'altro, al contrario, si levano le voci di quanti invocano una maggiore liberalizzazione della titolarità, nel senso di ammettere che anche società composte da non farmacisti (nelle quali tuttavia sarebbe presente obbligatoriamente la figura di un farmacista) possano gestire il servizio in parola. L'awocato generale - pur riconoscendo che la normativa italiana si può intendere quale restrittiva della libertà di stabilimento sancita dall'art. 43 del Trattato UE - ribadisce che ciò è giustificabile in funzione delle finalità di tutela della salute pubblica cui la norma medesima è informata. Se confermata, la posizione dell'Awocato generale rafforzerebbe la componente sanitaria (rectius: tutela della salute) riconosciuta al servizio farmaceutico nel nostro Paese (e in Germania, l'altro Stato membro la cui disciplina farmaceutica è stata oggetto di contenzioso a livello comunitario ).
L'Awocato generale richiama altresì la competenza dei singoli Stati membri in materia di sanità pubblica (public health). L'organizzazione dei servizi e degli interventi sanitari e, conseguentemente, la gamma di prestazioni che i sistemi sanitari debbono garantire ai propri cittadini costituiscono, invero, in linea con il principio di sussidiarietà e in virtù del Trattato di Amsterdam, materia e responsabilità dei singoli governi statali, non potendosi registrare una legislazione ad hoc a livello comunitario. Tuttavia, l'intervento dell'Unione Europea in campo sanitario ha registrato, in questi ultimi anni alcuni significativi sviluppi. In questo senso, ancorché l'UE, in termini di competenza, non si occupi direttamente di sanità, nel corso dell'ultimo decennio, e a partire dall'approvazione del Trattato di Maastricht (1992) "è andata crescendo l'attenzione del livello comunitario nei confronti della salute pubblica e della sanità, con un salto di qualità proprio in occasione dell'approvazione del Trattato di Amsterdam (1997)". E' proprio con l'entrata in vigore del Trattato di Maastricht e l'inserimento di un titolo denominato "sanità pubblica" che ha iniziato a svilupparsi una strategia comunitaria in materia di sanità ed è stato possibile istituzionalizzare la cooperazione tra gli stati membri in questo settore. L'art. 3 del Trattato in parola ha elevato la protezione della salute al rango di obiettivo delle politiche comunitarie e l'art. 129 ha definito un quadro per le attività comunitarie in materia di sanità pubblica. Da allora, gli sforzi comunitari si sono concentrati su azioni volte ad assicurare informazione, istruzione, sorveglianza e formazione nel settore sanitario. Nel 1993, poi, sono stati approvati alcuni programmi pluriennali di azione in settori prioritari per la salute dei cittadini europei, riguardanti le misure di prevenzione e di promozione della salute.
Se con il Trattato di Maastricht si è posta la "prima pietra" del riconoscimento a livello europeo dell'importanza strategica della sanità pubblica, è con il Trattato di Amsterdam (art. 152) che si riconosce alla sanità pubblica pieno diritto di cittadinanza comunitaria. con questa disposizione si "consente a Bruxelles di sostenere gli Stati membri nel campo della difesa della salute ma anche, e questa è una novità importante, di intervenire direttamente in quei settori che, di volta in volta, vengono considerati prioritari per garantire la tutela della salute. L'Unione Europea può quindi adottare tutte le misure volte ad assicurare un livello elevato di protezione della salute umana ed incoraggiare la cooperazione tra i paesi membri appoggiando, dove necessario, la loro azione". L'azione comunitaria è volta, dunque, a completare le politiche nazionali in materia sanitaria ed è finalizzata "al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni, e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana (art. 152, 1, ce).
Allo scopo di comprendere il particolare favor nei confronti della "materia" sanità, quale componente sì fondante il processo di coesione sociale europea, ma contestualmente "materia" da preservare dai moderni assetti concorrenziali, occorre tra l'altro, fare riferimento alla Direttiva relativa ai servizi nel mercato interno. Preme evidenziare che la Direttiva in parola - peraltro, in linea con precedenti prese di posizione del Parlamento europeo, esclude i servizi sanitari e farmaceutici dall'ambito di applicazione della medesima.
Nell'ambito dell'inquadramento sopra descritto, come deve essere individuato il servizio farmaceutico nell'ordinamento italiano? Riteniamo di fare nostra la posizione di quanti sostengono che, in primis, l'erogazione dell'assistenza farmaceutica, in quanto componente dell'assistenza sanitaria in genere L. IANNOTTA, L'assistenza farmaceutica come servizio pubblico, in Servizi pubblici e appalti, 2003, pp. 49 ss.), deve ricondursi alla responsabilità delle Unità Sanitarie Locali (F. MASTRAGOSTINO, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici e normativa di settore, in D. DE PRETIS (a cura di), La gestione delle farmacie comunali: modelli e problemi giuridici, Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Trento, n. 53, 2006, p. 26). In questo senso, le farmacie - siano esse gestite da privati farmacisti owero rientranti nella titolarità comunale, integrano un'organizzazione strumentale di cui il Servizio Sanitario (nazionale e, a fortiori, giusta la L.C. n. 3/2001, quello regionale) si awale per l'esercizio del compito di servizio pubblico loro assegnato dal legislatore. Giova al riguardo ricordare che la distribuzione dei farmaci è una finalità espressa del Ssn (art. 2, comma 1, n. 7, legge n. 833 del 1978) e costituisce senz'altro parametro per i livelli essenziali di assistenza (art. 2, decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, così come novellato dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229). Pertanto, l'esercizio dell'attività di assistenza farmaceutica rappresenta un cardine della "materia" diritto alla salute, garantito e assicurato, nel nostro ordinamento, dallo Stato e dalle Regioni, le quali la esercitano a mezzo delle proprie strutture sanitarie locali (ASL owero ULSS) (In argomento, la Corte Costituzionale (sentenza n. 430 del 14 dicembre 2007, in http:// cortecostituzionale. it/ita/attivitacorte/pronunceemassime ), ha ribadito che "la "materia" dell'organizzazione del servizio farmaceutico va ricondotta al titolo di competenza concorrente della "tutela della salute", come peraltro già aweniva sotto il regime anteriore alla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione. La complessa regolamentazione pubblicistica dell'attività economica di rivendita dei farmaci mira, infatti, ad assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale, sia l'indubbia natura commerciale dell'attività del farmacista[ ... ] L'interferenza [tra aspetti commerciali e sanitari, nda] va, quindi, composta facendo ricorso al criterio della prevalenza, applicabile appunto quando risulti evidente, come nella specie, l'appartenenza del nucleo essenziale della disciplina alla materia della "tutela della salute" (sentenze n. 422 e n. 181 del 2006; n. 135 e n. 50 del 2005).
Il servizio farmaceutico - sia esso pubblico owero privato - deve quindi considerarsi collocato nel contesto "speciale" del servizio sanitario nazionale e degli interessi pubblici che il servizio medesimo intende preservare e presidiare. In questo senso, le farmacie sul territorio rappresentano un servizio essenziale per la cura e la tutela della salute. Tale approccio è stato ribadito di recente dal Parlamento Europeo, che ha approvato una specifica Relazione (Relazione su "Un impegno comune per la salute: Approccio strategico dell'UE per il periodo 2008-2013" 16 settembre 2008). La Relazione, tra l'altro, impegna Commissione e Stati Membri a considerare "i sistemi di sanità solidali" quali "elemento essenziale del modello sociale europeo e i servizi sociali e sanitari di interesse generale" capaci di adempiere ad un obiettivo di interesse generale, "contribuendo grandemente alla giustizia e alla coesione sociale".
Infine, alla luce delle considerazioni svolte dall'awocato generale, non solo le farmacie comunali ma anche quelle private non si muovono in un "libero mercato", ma in un sistema in cui prevale l'interesse pubblico rispetto all'interesse - necessario e importante - di carattere economicoimprenditoriale.

Alceste Santuari


Dalla Federazione
Tariffazione delle ricette: un questionario dalla Federazione

Nell'ambito del programma di monitoraggio ed analisi delle attività gestite e dei modelli organizzativi presenti all'interno del nostro sistema associativo per l'adozione di strategie comuni, dopo l'invio del precedente questionario relativo alle diverse tipologie dei servizi complessivamente erogati, Assofarm prosegue affrontando il tema specifico della tariffazione delle ricette.
Tale attività, unitamente alle operazioni legate alle trasmissioni dei dati sulla spesa farmaceutica, risulta infatti una delle più onerose in termini di tempo e costi tra quelle poste a carico della Farmacia.
Per una valutazione delle scelte operative "di sistema" eventualmente da adottare sulla base di oggettivi riscontri economici ed organizzativi e delle conseguenti effettive necessità degli associati, è stato distribuito un questionario, di seguito riportato.
Per qualsiasi informazione sulla compilazione, rivolgersi alla Federazione e/o al numero telefonico: 345.258956.

 
Questionario

  • Le farmacie aziendali e/o gestite in economia eseguono per proprio conto o affidano a terzi la tariffazione delle ricette?
  • Per proprio conto
  • Affidamento a terzi
  1. Nel caso in cui la tariffazione venga eseguita per proprio conto è possibile valutare il costo per ricetta di tale operazione ed avere una descrizione sintetica delle procedure?
  2. Nel caso in cui la tariffazione sia affidata a terzi ed il costo venga liquidato a ricetta, indicare il costo medesimo:
  3. Nel caso in cui la tariffazione sia affidata a terzi ed il costo sia liquidato in percentuale rispetto al valore complessivo delle ricette, indicare la percentuale medesima:
  4. Nel caso in cui il costo della tariffazione sia comprensivo del servizio relativo alla trasmissione dei dati ex art. 50 e/o di altri servizi erogati da terzi, indicare la natura ed il costo complessivo dei servizi medesimi:
  5. Nel caso in cui la tariffazione delle ricette venga eseguita con altre modalità indicare di seguito le medesime con i relativi costi:



Rassegna stampa
Parafarmacisti in raduno a Roma: "Non vogliamo chiudere. Permetteteci di lavorare liberamente"

Ieri, domenica 11 gennaio, tutti i parafarmacisti d'Italia si sono incontrati a Roma, in Piazza San Pietro, per rivendicare i propri diritti. I parafarmacisti si trovano infatti ad oggi in una situazione drammatica: dopo avere avuto la possibilità dal precedente governo di aprire quegli esercizi chiamati appunto Parafarmacie (che hanno permesso, tra l'altro, alle famiglie italiane di risparmiare il 15-20% circa sull'acquisto dei farmaci), il nuovo governo ha tolto loro il diritto di esercitare a pieno la loro professione, dando li la possibilità di dispensare solo 1'1 % dei farmaci presenti sul mercato nazionale, tra l'altro solo se iscritti all'albo dei parafarmacisti e con sconti da fame rispetto alle farmacie.
L'obbiettivo dell'incontro è quello di creare un registro nazionale della parafarmacie che intendono lottare per diventare farmacie convenzionate ssn, al fine di evitare la chiusura degli esercizi attuali.
L'incontro si protrarrà fino al 14 gennaio, giorno in cui i parafarmacisti d'Italia manifesteranno di fronte al Senato, presentando le loro richieste al Senatore Tommasini, Presidente della Commissione Sanità del Senato e cofirmatario del decreto legislativo numero 863 Gasparri-Tommasini, che prevede la trasformazione in farmacie vere e proprie dei dispensari farmaceutici di proprietà privata dei titolari di farmacia, che darebbe in pratica la possibilità di avere un'altra farmacia a chi già ce l'ha, lasciando fallire invece le 2300 parafarmacie sorte in due anni.

(fonte: Marsala.it)



Mondo farmaceutico
Secondo UE possono essere titolari solo i farmacisti

Riportiamo di seguito le valutazioni finali del pronunciamento dell'avvocato della Corte di giustizia Ue Yves Bot, riguardo la titolarita' ed esercizio di una farmacia riservate ai soli farmacisti.
Secondo l'avvocato Bot "la normativa italiana e tedesca che prevedono questa regola sono giustificate dall'obiettivo di garantire un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione'.

A - Sulla ricevibilità del ricorso

1. Secondo una costante giurisprudenza, nell'ambito di un ricorso per inadempimento che mette in discussione la compatibilità con il diritto comunitario di una legislazione nazionale, eventuali modifiche di tale legislazione sono prive di rilievo al fine di statuire sull'oggetto del ricorso qualora non siano state attuate prima della scadenza del termine stabilito nel parere motivato.
2. Di conseguenza, è in relazione alla normativa vigente al 19 febbraio 2006, data di scadenza del termine di due mesi impartito nel parere motivato notificato alla Repubblica italiana i119 dicembre 2005, che occorre pronunciarsi sull'eventuale esistenza dell'inadempimento fatto valere. Va osservato che, a tale data, il decreto Bersani non era ancora stato adottato.
3. Da ciò consegue che tutti gli argomenti che la Commissione e la Repubblica italiana hanno dedicato all'impatto di tale decreto sul presente procedimento non possono essere presi in considerazione. In particolare, in sede di esame del secondo addebito, non occorre verificare se il divieto per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni nelle società di gestione di farmacie comunali continui ad essere in vigore nell'ordinamento giuridico italiano, nonostante l'adozione del decreto Bersani, indipendentemente dal fatto che ciò sia dovuto alla sopravvivenza di alcune disposizioni legislative o ad una giurisprudenza che ribadisce siffatto divieto.
4. Di conseguenza, la Repubblica italiana non è legittimata per sostenere che l'inadempimento di cui è accusata non è concreto e attuale, in quanto deriverebbe da decisioni future e ipotetiche dei giudici nazionali.
5. Vanno respinti anche gli altri argomenti dedotti da tale Stato membro a sostegno dell'irricevibilità del presente ricorso. Difatti, sotto il profilo della ricevibilità di un ricorso per inadempimento è indifferente che la Commissione abbia scelto di indirizzare la sua azione contro uno Stato membro e non contro altri Stati che possiedono una legislazione analoga. Inoltre, la Commissione ha indicato in modo preciso le disposizioni comunitarie alla luce delle quali essa chiede alla Corte di dichiarare l'inadempimento della Repubblica italiana, ossia gli artt. 43 CE e 56 CE.

B - Sul primo addebito

6. Con il primo addebito la Commissione mette in discussione, alla luce degli artt. 43 CE e 56 CE, una delle condizioni richieste per poter essere titolari dell'esercizio di una farmacia privata in Italia, ossia il possesso di una laurea in farmacia. Essa sostiene difatti che, unicamente sotto il profilo del regime di proprietà delle farmacie, il possesso di una laurea in farmacia non può essere imposto. Per contro, a suo avviso tale condizione è necessaria e dev'essere soddisfatta per svolgere la funzione di direttore responsabile della farmacia nonché, più in generale, per svolgere qualunque compito relativo ai rapporti con i clienti della farmacia.
7. Dato che la Commissione accusa la Repubblica italiana di aver violato contemporaneamente gli obblighi derivanti dall'art. 43 CE e quelli imposti dall'art. 56 CE, occorre anzitutto verificare se la legislazione nazionale in discussione vada valutata alla luce della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali, ovvero alla luce di una soltanto delle suddette libertà di circolazione.
8. In tale prospettiva, va ricordato che, secondo la Corte, per stabilire se una normativa nazionale rientri nell'una o nell'altra libertà di circolazione, occorre prendere in considerazione l'oggetto della normativa in questione.
9. È giocoforza rilevare, al riguardo, che l'obiettivo principale delle disposizioni della legislazione italiana discusse nell'ambito del primo addebito è quello di porre una condizione per l'esercizio di un'attività professionale indipendente, nel caso di specie l'attività farmaceutica in quanto titolare di una farmacia. Difatti, tali disposizioni riservano unicamente alle persone fisiche in possesso di una laurea in farmacia, nonché alle società di persone e alle società cooperative a responsabilità limitata composte unicamente da farmacisti, il diritto di essere titolari dell'esercizio di una farmacia privata. Avendo regolato in questa maniera l'apertura di farmacie privare in Italia, e quindi le condizioni per lo stabilimento delle persone fisiche e giuridiche nel settore farmaceutico, mi sembra che la legislazione italiana incida in modo preponderante sulla libertà di stabilimento e che, pertanto, rientri primariamente nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato relative a tale libertà.
10. Di conseguenza, anche ammettendo che tale provvedimento nazionale possa produrre effetti restrittivi sulla libera circolazione dei capitali, simili effetti andrebbero considerati come l'inevitabile conseguenza di un eventuale ostacolo alla libertà di stabilimento e non giustificano un esame del detto provvedimento sulla base dell'art. 56 CE.
11. Pertanto, esaminerò il primo addebito unicamente sotto la prospettiva della libertà di stabilimento e, più precisamente, alla luce degli artt. 43 CE e 48 CE .
12. Prima di esaminare se la norma in forza della quale soltanto le persone abilitate ad esercitare come farmacisti possono essere titolari dell'esercizio di una farmacia sia conforme o meno agli artt. 43 CE e 48 CE, formulerò alcune osservazioni preliminari sulla natura delle competenze rispettive degli Stati membri e della Comunità in materia di sanità pubblica.

1. Osservazioni preliminari sulla natura delle competenze rispettive degli Stati membri e della Comunità in materia di sanità pubblica

13. L'art. 152 CE non attribuisce alla Comunità una competenza piena e completa in materia di sanità pubblica. Siffatta competenza, pertanto, rimane ripartita condivisa tra la Comunità e gli Stati membri.
14. Le modalità di questa ripartizione di competenze, come risulta dalla lettera dell'art. 152 CE, rivelano l'esistenza di una competenza congiunta a predominanza nazionale.
15. Il mantenimento di una titolarità della competenza nazionale in materia di sanità pubblica è espressamente sancito dall'art. 152, n. 5, CE, ai sensi del quale «[Il'azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica».
16. Il fatto che l'attribuzione alla Comunità di una competenza sanitaria non comporta l'estromissione degli Stati membri si deduce altresì dalla natura delle competenze nazionali e comunitarie, come risulta dall'art. 152 CE. Difatti, si tratta al contempo sia di competenze complementari, nei limiti in cui l'azione della Comunità completa le politiche nazionali in materia di sanità pubblica, sia di competenze coordinate, poiché l'azione comunitaria mira a coordinare le azioni nazionali in tale settore.
17. Nel complesso, le disposizioni dell'art. 152 CE contengono le fondamenta di una politica di sanità pubblica scarsamente integrata e delineano, parallelamente, una sfera di competenza nazionale protetta. 18. La scelta in tal modo operata dai redattori del Trattato deve, a mio parere, essere tenuta in considerazione dalla Corte nella giusta misura. In particolare, poiché la Corte deve valutare un provvedimento nazionale relativo all'organizzazione e alla fornitura di servizi sanitari e assistenza medica, la sua valutazione, a mio avviso, dovrebbe sempre tener conto di quel che può apparire simile ad una tutela a livello costituzionale della competenza nazionale in tale settore.
19. Questo non significa, evidentemente, che nell'esercizio della competenza ad essi riservata, gli Stati membri debbano essere considerati come esonerati dagli obblighi comunitari che su di essi incombono. È noto infatti che, nell'esercizio di siffatta competenza, gli Stati membri sono tenuti al rispetto del diritto comunitario e segnatamente delle disposizioni del Trattato relative alle libertà di circolazione. Le dette disposizioni comportano il divieto per gli Stati membri di introdurre o mantenere ingiustificate restrizioni dell'esercizio di queste libertà nell'ambito delle cure sanitarie.
20. Occorre inoltre precisare che, allo stato attuale del diritto comunitario, le condizioni per l'esercizio delle attività farmaceutiche non sono state tutte oggetto di misure di coordinamento, anzi tutt'altro, e tanto meno hanno costituito oggetto di misure di armonizzazione a livello comunitario, come dimostrato dal ventisettesimo 'considerando' della direttiva 2005/36. In proposito, ricordo che il legislatore comunitario vi ha precisato che, in via esemplificativa, la ripartizione geografica delle farmacie e il monopolio della distribuzione dei medicinali dovrebbe continuare ad essere di competenza degli Stati membri e che la direttiva non modifica le norme legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano alle società l'esercizio di talune attività di farmacista o sottopongono tale esercizio a talune condizioni. In questi settori non armonizzati, la determinazione delle norme in materia resta di competenza degli Stati membri, a condizione che siano osservate le disposizioni del Trattato e, in particolare, quelle riguardanti la libertà di stabilimento.
21. Per essere mantenuta, una norma nazionale in base alla quale solo dei farmacisti possono essere titolari dell'esercizio di una farmacia deve pertanto rivelarsi conforme all'art. 43 CE, anche se costituisce espressione di una competenza riservata agli Stati membri in materia di sanità pubblica, e più in particolare in materia di organizzazione e di fornitura di servizi di sanità e di assistenza medica.
22. Il fatto che tale norma sia dettata in un settore di competenza nazionale riservata espressamente tutelata dall'art. 152, n. 5, CE, non è tuttavia privo di conseguenze. Difatti, è in sede di valutazione della giustificazione della detta norma alla luce di un imperativo di interesse generale, come la tutela della sanità pubblica, che la Corte dovrà tener conto di tale protezione della competenza nazionale sancita nel Trattato. La Corte, in tale prospettiva, potrà applicare la propria giurisprudenza secondo la quale, in sede di valutazione del rispetto del principio di proporzionalità nell'ambito della sanità pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto.
23. Fatte queste precisazioni, occorre anzitutto verificare se la norma italiana che vieta ai non farmacisti la titolarità dell'esercizio di una farmacia costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

2. Sull'esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

24. La libertà di stabilimento prevista dagli artt. 43 CE e 48 CE conferisce alle società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro il diritto di accedere ad un'attività indipendente in un altro Stato membro e di svolgervi tale attività a titolo permanente nelle stesse condizioni delle società che hanno la propria sede nel suddetto Stato. Questa libertà fondamentale si estende alla costituzione e alla gestione di imprese, nonché alla creazione di agenzie, di succursali e di filiali. L'art. 48 CE impone la soppressione delle misure discriminatorie.
25. Inoltre, da una giurisprudenza consolidata risulta che le misure, anche indistintamente applicabili, che vietano, ostacolano o scoraggiano l'esercizio della libertà di stabilimento per i cittadini degli Stati membri costituiscono restrizioni contrarie al Trattato.
26. In forza della legislazione italiana, l'esercizio di una farmacia privata è riservato alle persone fisiche laureate in farmacia, nonché alle società di persone e alle società cooperative a responsabilità limitata che abbiano per oggetto esclusivo l'esercizio di una farmacia e i cui soci siano farmacisti iscritti all'albo professionale di categoria.
27. L'effetto di tali condizioni è di impedire ai cittadini degli Stati membri che non sono farmacisti di essere titolari dell'esercizio di una farmacia privata in Italia. Tali condizioni si possono qualificare come restrizioni alla libertà di stabilimento a causa dei loro effetti sull'accesso al mercato per le persone fisiche o giuridiche che vogliano aprire una farmacia privata in Italia. Infatti, ostacolando l'accesso di nuovi operatori al mercato di cui trattasi, esse costituiscono oggettivamente delle barriere alle libertà di circolazione delle quali, in linea di principio, debbono godere gli operatori economici.
28. Una volta dimostrato che esiste un ostacolo alla libertà di stabilimento, occorre ora verificare se il divieto ai non farmacisti di essere titolari dell'esercizio di una farmacia si possa ritenere giustificato alla luce del diritto comunitario.

3. Sulla giustificazione dell'accertata restrizione alla libertà di stabilimento

29. Una restrizione come quella prevista dalla legislazione italiana può considerarsi conforme al diritto comunitario qualora soddisfi le seguenti quattro condizioni. Essa deve applicarsi in modo non discriminatorio, dev'essere giustificata da un motivo legittimo o da una ragione imperativa di interesse pubblico, dev'essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non deve andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo.
30. In primo luogo, non rinvengo alcun elemento discriminatorio nella legislazione in esame, in quanto essa si applica a tutti i soggetti che vogliano aprire e gestire una farmacia in Italia, senza distinguere a seconda del loro Stato membro di origine.
31. In secondo luogo, la tutela della sanità pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse pubblico che, in forza dell'art. 46, n. 1, CE, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento. La legislazione italiana dev'essere pertanto esaminata alla luce di tale obiettivo, in particolare nella sua declinazione diretta a garantire un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione.
32. In terzo luogo, per quel che riguarda l'idoneità di tale legislazione a garantire la realizzazione dello scopo di tutela della sanità pubblica, occorre verificare se il divieto per i non farmacisti di essere titolari dell'esercizio di una farmacia sia idoneo a soddisfare in modo utile lo scopo suddetto.
33. Ritengo che lo sia. Più precisamente, a mio parere questa regola è idonea a garantire alla popolazione un rifornimento di farmaci che presenta garanzie sufficienti in termini di qualità e di varietà.
34. In proposito, non sono convinto dall'argomento della Commissione secondo cui bisognerebbe distinguere gli aspetti interni (proprietà, amministrazione e gestione della farmacia) e gli aspetti esterni (rapporti con i terzi) dell'attività farmaceutica. Difatti, a mio parere, il titolare di una farmacia, che sia al contempo proprietario e dato re di lavoro, influisce inevitabilmente sulla politica seguita nella farmacia stessa in materia di distribuzione dei medicinali. Pertanto, la scelta compiuta dal legislatore italiano di collegare la competenza professionale e la proprietà economica della farmacia appare giustificata alla luce dell'obiettivo della tutela della sanità pubblica.
35. Non bisogna dimenticare che la missione del farmacista non si limita alla vendita di medicinali. L'azione di distribuzione dei medicinali richiede al farmacista anche altre prestazioni come la verifica delle prescrizioni mediche, la realizzazione delle preparazioni farmaceutiche, o ancora la fornitura di informazioni e di consigli che garantiscano il corretto uso dei medicinali. Inoltre, ritengo che il dovere di consulenza che incombe al farmacista rivesta una enorme importanza nel caso di medicinali per i quali non occorre una prescrizione medica, il cui numero aumenta costantemente a causa delle decisioni prese dagli Stati allo scopo di preservare l'equilibrio dei conti sociali. Di conseguenza, il paziente può affidarsi solo alle informazioni fornite dal professionista sanitario che è il farmacista.
36. Poiché l'attività farmaceutica è caratterizzata, come molte professioni sanitarie, da una ripartizione asimmetrica dell'informazione, è necessario che il paziente possa nutrire una fiducia totale nel consiglio del farmacista. Occorre dunque garantire la neutralità della consulenza farmaceutica, ossia una consulenza competente e obiettiva.
37. Inoltre, il farmacista si trova associato, per le ragioni sopra indicate, ad una politica generale di sanità pubblica, in gran parte incompatibile con una logica puramente commerciale, propria delle società di capitali, direttamente orientata alla redditività e al profitto. Il carattere peculiare della missione affidata al farmacista impone pertanto di riconoscere e di garantire al professionista l'indipendenza necessaria alla natura della sua funzione.
38. Difatti, la qualità dell'azione di distribuzione dei medicinali è, a mio parere, strettamente legata all'indipendenza di cui un farmacista deve dar prova nell'esercizio della sua missione.
39. Decidendo di riservare la titolarità dell'esercizio delle farmacie private ai soli farmacisti, il legislatore italiano ha per l'appunto voluto garantire l'indipendenza delle farmacie, rendendo la struttura economica delle farmacie impermeabile alle influenze esterne provenienti, per esempio, dai produttori di medicinali o dai grossisti. In particolare, egli ha cercato di prevenire i rischi di conflitto d'interessi che, secondo la sua analisi, potrebbero essere connessi ad una integrazione verticale del settore farmaceutico, in particolare allo scopo di lottare contro il fenomeno del consumo eccessivo di medicinali e di garantire la presenza di una varietà sufficiente di medicinali nelle farmacie. Inoltre, il legislatore italiano ha ritenuto necessario l'intervento di un professionista che agisca come filtro tra il produttore di medicinali ed il pubblico, allo scopo di controllare, in modo indipendente, la corretta amministrazione dei medicinali.
40. Un farmacista che sia proprietario della sua farmacia è economicamente indipendente, il che garantisce il libero esercizio della sua professione. Egli avendo la piena gestione del suo strumento di lavoro può svolgere quindi la sua attività con l'indipendenza caratteristica dei liberi professionisti. Egli è a capo di un'impresa vicina a realtà economiche, legate alla gestione della sua farmacia, e al tempo stesso è un professionista sanitario, che ha interesse a bilanciare i propri imperativi economici con considerazioni di sanità pubblica, il che lo differenzia da un investitore puro e semplice.
41. Per questo motivo, ritengo che la via preventiva seguita dal legislatore italiano sia idonea a garantire la tutela della sanità pubblica. 42. Infine, occorre verificare se la regola in forza della quale soltanto un farmacista può essere titolare dell'esercizio di una farmacia sia necessaria per realizzare l'obiettivo della tutela della sanità pubblica e se tale obiettivo non potrebbe essere raggiunto con divieti o limitazioni meno ampie o che influiscano in misura minore sulla libertà di stabilimento.
43. Sotto questo profilo va ricordato che, secondo la Corte, in sede di valutazione del rispetto del principio di proporzionalità nell'ambito della sanità pubblica, occorre tenere conto del fatto che lo Stato membro può decidere il livello al quale intende garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Poiché tale livello può variare da uno Stato membro all'altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità e, di conseguenza, il fatto che uno Stato membro imponga norme meno severe di quelle imposte da un altro Stato membro non significa che queste ultime siano sproporzionate.
44. Dettando la regola secondo cui soltanto un farmacista può essere titolare dell'esercizio di una farmacia, il legislatore italiano ha fatto uso di questo margine di discrezionalità, optando per un sistema che, a suo parere, permette di garantire un elevato livello di protezione della sanità pubblica e, in particolare, un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione.
45. AI pari di altri Stati membri, lo stesso legislatore avrebbe anche potuto adottare un diverso modello e scegliere di tutelare la sanità pubblica con altri mezzi, per esempio sottoponendo unicamente l'apertura di nuove farmacie al rispetto di condizioni legate alla loro ripartizione geografica, all'esistenza di un certo numero di abitanti per farmacia, o ancora a regole relative al rispetto di una distanza minima tra due farmacie. Tra le altre misure dirette a garantire che l'obiettivo della tutela della sanità pubblica prevalga sugli interessi economici, uno Stato membro potrebbe scegliere di mantenere il monopolio della vendita dei medicinali da parte dei farmacisti elo decidere di regolamentare il prezzo dei medicinali.
46. Occorre insomma tener conto del fatto che, conformemente a quanto previsto dall'art. 152, n. 5, CE, e in assenza di armonizzazione dell'insieme delle condizioni di esercizio dell'attività farmaceutica all'interno della Comunità, gli Stati membri beneficiano di un potere discrezionale per delineare il modello che meglio corrisponde ai loro desiderata in termini di tutela della sanità pubblica.
47. Nel verificare se una misura nazionale, come quella oggetto del presente ricorso, rispetti il principio di proporzionalità, la Corte deve in definitiva accertare che gli Stati membri non abbiano superato i limiti che ne definiscono il potere discrezionale. Essa verifica inoltre se altre misure non contribuirebbero in maniera altrettanto efficace a garantire un livello elevato di tutela della sanità pubblica.
48. AI riguardo, ritengo che, stabilendo che soltanto un farmacista possa essere titolare dell'esercizio di una farmacia, la Repubblica italiana non abbia oltrepassato i limiti che ne definiscono il potere discrezionale in materia di tutela della sanità pubblica e che, di conseguenza, tale regola non vada oltre quanto necessario per garantire un livello elevato di tutela della sanità pubblica.
49. Non sono infatti persuaso che i provvedimenti di cui si è dato prova alla Corte e che, secondo la Commissione, dovrebbero essere sostituiti alla regola italiana potrebbero garantire un livello altrettanto elevato di tutela della sanità pubblica.
50. In linea generale, occorre anzitutto sottolineare che la regola che vieta ai non farmacisti la titolarità dell'esercizio di una farmacia costituisce una misura volta a prevenire l'insorgere degli eccessi che ho sottolineato in precedenza, in particolare i rischi di conflitto d'interessi che potrebbero essere connessi ad una integrazione verticale del settore farmaceutico e che potrebbero avere influire negativamente sulla qualità dell'azione di distribuzione dei medicinali. Questa dimensione preventiva assume un'importanza particolare nel momento in cui viene in rilievo l'imperativo della tutela della sanità pubblica. Orbene, la creazione di un sistema di responsabilità sia del gestore non farmacista sia dei farmacisti stipendiati e di un regime di sanzioni nei loro confronti non mi sembra sufficiente a garantire un livello altrettanto elevato di tutela della sanità pubblica, poiché si tratta principalmente di misure destinate a correggere ex post alcuni eccessi nel momento in cui questi si sono effettivamente concretizzati.
51. Non penso inoltre che il semplice obbligo della presenza di un farmacista stipendiato per lo svolgimento di compiti che implicano un rapporto con i terzi sia idoneo a garantire, con la stessa esigenza in termini di qualità e di neutralità dell'azione di distribuzione dei medicinali, l'adeguato rifornimento di farmaci alla popolazione.
52. Vero è che un farmacista stipendiato è tenuto al rispetto delle regole professionali e deontologiche. Tuttavia, poiché non padroneggia la politica commerciale della farmacia ed è tenuto nei fatti ad applicare le istruzioni del suo datore di lavoro, non è escluso che un farmacista stipendiato che lavora in una farmacia gestita da un non farmacista sia indotto a privilegiare l'interesse economico della farmacia a discapito delle esigenze connesse all'esercizio di un'attività farmaceutica. Non si può quindi escludere che un esercente non farmacista, privo della competenza professionale sufficiente per valutare le esigenze dell'azione di distribuzione di medicinali, sia tentato di ridurre l'attività di consulenza ai pazienti o anche di sopprimere talune attività poco redditizie, come la realizzazione dei preparati farmaceutici. La conseguenza sarebbe un basso livello della qualità dell'azione di distribuzione dei medicinali, che difficilmente potrebbe essere contrastato dal farmacista stipendiato, tenuto ad applicare le istruzioni impartite dal suo datore di lavoro.
53. Cosa ancor più fondamentale, ricordo che, a mio parere, la distinzione tra gli aspetti interni e quelli esterni dell'attività farmaceutica è di natura artificiale e che ritengo inevitabile che, controllando la farmacia, l'esercente ne determini la politica commerciale. È pertanto difficile assicurarsi che l'esercente non farmacista non interferisca nei rapporti tra il farmacista e la clientela, e ciò anche in maniera indiretta, allorché gestisce la fornitura di medicinali presenti nella farmacia. Difatti, una cattiva gestione di tale fornitura si ripercuoterebbe necessariamente sulla qualità dell'azione di distribuzione dei medicinali.
54. La regola italiana si rivela pertanto necessaria perché implica che il farmacista proprietario di una farmacia sia personalmente responsabile dinanzi ai propri pari delle sue decisioni relative alla qualità dei servizi professionali offerti nella sua farmacia, che sia personalmente soggetto a tutte le disposizioni di legge, regolamentari e deontologiche che delimitano l'esercizio della professione di farmacista, e che non subisca alcuna influenza da parte di terzi non farmacisti circa la conduzione degli affari della propria farmacia.
55. Pertanto, il nesso tra la competenza professionale nel settore farmaceutico e la proprietà della farmacia permette all'esercente di valutare correttamente le conseguenze delle sue decisioni commerciali riguardo al compimento della missione di interesse pubblico di cui è investito, ossia un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione.
56. Infine, il collegare alla persona del farmacista l'autorizzazione all'esercizio di una farmacia è uno strumento efficace per garantire il carattere appropriato del rifornimento di farmaci alla popolazione, in particolare perché, in caso di colpa professionale, il farmacista esercente si espone al ritiro non soltanto della sua abilitazione professionale, ma altresì dell'autorizzazione all'esercizio, con le gravi conseguenze economiche che ne derivano. Oltre alle conseguenze proprie delle norme disciplinari, le colpe professionali del farmacista mettono in gioco la sua esistenza economica, il che rappresenta un incentivo supplementare a gestire la farmacia privilegiando l'imperativo della sanità pubblica. Di conseguenza, la regola che impone di riunire in un'unica persona la competenza e la deontologia professionale con la responsabilità economica della farmacia è necessaria per garantire la prevalenza dell'interesse generale.
57. Alla luce di questi elementi, ritengo pertanto che la regola italiana per la quale soltanto un farmacista può essere titolare dell'esercizio di una farmacia non vada oltre quanto necessario per garantire un livello elevato di tutela della sanità pubblica e, in particolare, per garantire alla popolazione un rifornimento di farmaci vario e di qualità. A mio avviso, dunque, imporre la regola per cui chi gestisce economicamente la farmacia e chi, a questo titolo, ne determina la politica commerciale sia un farmacista è conforme all'art. 43 CE.
58. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l'analisi appena effettuata in merito al carattere adeguato e proporzionato della regola in forza della quale soltanto un farmacista può essere titolare dell'esercizio di una farmacia non mi sembra possa essere rimessa in discussione dal fatto che, in alcune circostanze, l'esercizio di una farmacia da parte di un non farmacista è consentito nel diritto italiano. Le ipotesi contemplate sono le seguenti.
59. Si tratta, in primo luogo, della facoltà concessa agli eredi del proprietario di una farmacia privata di gestirla per un periodo massimo di dieci anni dal decesso del farmacista, anche se non possiedono le qualifiche necessarie. In questo modo, il legislatore italiano ha tentato di conciliare la regola che vieta ai non farmacisti la titolarità dell'esercizio di una farmacia con la necessità di tutelare gli interessi dei familiari del farmacista. Non mi sembra che questa deroga possa mettere in discussione la coerenza della legislazione italiana in quanto, da un lato, essa è limitata nel tempo e, dall'altro lato, non compromette l'oggetto fondamentale di tale legislazione, ossia prevenire i rischi di conflitti d'interessi che potrebbero essere connessi ad una integrazione verticale del settore farmaceutico.
60. In secondo luogo, si tratta della situazione particolare delle farmacie comunali. AI riguardo, ricordo che l'art. 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevede la possibilità per i comuni di costituire, per la gestione delle farmacie pubbliche, società per azioni i cui azionisti non sono necessariamente dei farmacisti. Per questo tipo di farmacie, la scissione tra la titolarità della farmacia, che resta in capo all'ente locale, e la sua gestione, affidata ad una società di capitali a maggioranza privata non composta esclusivamente di farmacisti, è quindi permessa.
61. A mio avviso, questa alterazione del principio dell'indivisibilità della proprietà e della gestione di una farmacia non è tale da pregiudicare la coerenza della legislazione italiana. Difatti, come ha dimostrato la Repubblica italiana, l'ente locale che affida ad una società privata la gestione di una farmacia dispone di un certo numero di poteri che le consentono di orientare e di vigilare sul modo in cui detta farmacia assolve al suo compito di rifornimento di medicinali alla popolazione.
62. Il controllo del comune sulla gestione della farmacia si esercita, anzitutto, in attuazione delle prescrizioni che, caso per caso, sono inserite nella gara d'appalto, negli statuti della società prestatrice di servizi e nei contratti di servizi. Si tratta di prescrizioni che riguardano le modalità concrete di gestione della farmacia e, in particolare, le questioni relative alla tutela esercitata dal comune e alle sanzioni in cui incorre il prestatore in caso di gestione non conforme all'obiettivo della tutela della sanità pubblica. Occorre inoltre specificare che, oltre a rimanere titolare della farmacia e alla possibilità di rompere il rapporto contrattuale che la lega alla società incaricata del servizio, l'ente locale ha il potere di designare uno o più amministratori e revisori contabili.
63. L'insieme di questi elementi a mio avviso permette di garantire che l'esercizio delle farmacie comunali assicuri in concreto la prevalenza dell'interesse generale e, più precisamente, un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione. Non mi sembra pertanto che sia pregiudicata la coerenza della legislazione italiana.
64. Infine, ritengo debba essere respinto l'argomento secondo cui il ragionamento seguito dalla Corte nella sentenza Commissione/Grecia, precedentemente citata, riguardo alla gestione dei negozi di ottica, dovrebbe essere applicato alle farmacie.
65. Nel riscorso per inadempimento proposto contro la Repubblica ellenica, la Commissione chiedeva alla Corte di dichiarare che tale Stato membro era venuto meno agli obblighi su di esso incombenti in forza degli artt. 43 CE e 48 CE. In primo luogo, essa contestava a tale Stato membro di impedire ad un ottico diplomato, in quanto persona fisica, di gestire più di un negozio di ottica. In secondo luogo, essa contestava la legislazione nazionale che subordinava la possibilità per una persona giuridica di aprire un negozio di ottica alle seguenti condizioni:

- che l'autorizzazione ad aprire e gestire il negozio di ottica fosse rilasciata a nome di un ottico autorizzato, persona fisica; che la persona titolare dell'autorizzazione a gestire il negozio partecipasse per almeno il 50% al capitale sociale, nonché ai profitti e alle perdite; che la società fosse costituita in forma di società in nome collettivo o in accomandita, e
- che l'ottico in questione partecipasse a non più di un'altra società proprietaria di un negozio di ottica, a condizione che l'autorizzazione ad aprire e a gestire il negozio fosse rilasciata a nome di un altro ottico autorizzato.

66. Dopo aver accertato l'esistenza di restrizioni alla libertà di stabilimento, la Corte ha esaminato in maniera generale se i diversi aspetti contestati della legislazione greca fossero o meno giustificati dall'obiettivo di protezione della sanità pubblica e ha ritenuto che così non fosse, in quanto non era rispettato il principio di proporzionalità.
67. La Corte ha infatti considerato che «l'obiettivo di protezione della sanità pubblica invocato dalla Repubblica ellenica può essere raggiunto attraverso misure meno restrittive della libertà di stabilimento sia delle persone fisiche sia delle persone giuridiche, ad esempio attraverso il requisito della presenza di dipendenti o soci che siano ottici diplomati in ogni negozio di ottica, attraverso norme applicabili in materia di responsabilità civile per fatto altrui, nonché norme che impongano un'assicurazione di responsabilità professionale».
68. A mio parere, la Corte dovrebbe seguire un orientamento diverso per quel che riguarda l'attività di distribuzione di medicinali, la quale differisce dall'attività di vendita di prodotti ottici in ragione dell'ampiezza del suo impatto sulla salute pubblica.
69. Vero è che la Corte ha ammesso che la vendita delle lenti a contatto non può essere considerata come un'attività commerciale analoga ad altre, poiché il venditore dev'essere in grado di fornire agli utiIizzatori informazioni relative all'uso e alla manutenzione delle lenti. Per tale motivo essa ha dichiarato che una normativa nazionale che vieta la vendita di lenti a contatto e di prodotti accessori negli esercizi commerciali che non sono diretti o gestiti da persone in possesso dei requisiti necessari per l'esercizio della professione di ottico è giustificata da motivi di tutela della salute pubblica.
70. Nondimeno, poiché i medicinali sono prodotti suscettibili di avere un'incidenza maggiore sulla salute rispetto ai prodotti ottici e, se usati scorrettamente, possono provocare la morte dei consumatori, ritengo che la loro distribuzione dovrebbe essere circondata da garanzie particolari. Mi sembra pertanto legittimo che uno Stato membro voglia raggiungere un livello elevato di tutela della sanità pubblica cercando di preservare la qualità e la neutralità dell'azione di distribuzione dei medicinali.
71. Poiché, sotto il profilo della tutela della sanità pubblica, la distribuzione di medicinali non può essere messa sullo stesso piano della vendita di prodotti ottici, ritengo che uno Stato membro possa decidere, senza violare il principio di proporzionalità e per le ragioni già esposte, di riservare la titolarità dell'esercizio delle farmacie ai soli farmacisti.
72. Per tutti i suddetti motivi, suggerisco alla Corte di dichiarare infondato il primo addebito sollevato dalla Commissione. C - Sul secondo addebito
73. Con il secondo addebito la Commissione chiede alla Corte di dichiarare che, avendo mantenuto in vigore disposizioni legislative che comportano l'impossibilità, per le imprese che distribuiscono prodotti farmaceutici, di acquisire partecipazioni nelle società di gestione di farmacie comunali, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa imposti dagli articoli 43 CE e 56 CE.
74. Ricordo innanzi tutto che, allo scadere del termine stabilito nel parere motivato notificato a tale Stato membro, il decreto Bersani, che sopprime tale divieto, non era ancora stato adottato. Pertanto, la Corte non può prendere tale decreto in considerazione al fine di pronunciarsi sull'eventuale esistenza dell'inadempimento lamentato nell'ambito del presente addebito.
75. Inoltre, per quanto riguarda la portata di tale addebito, occorre precisare che, contrariamente a quanto lascia intendere la Commissione in alcuni passaggi dei suoi atti, esso non si può estendere alle farmacie private, in quanto la sua formulazione successiva alla fase precontenziosa riguarda unicamente l'ipotesi delle farmacie comunali.
76. Pertanto, a mio avviso la Corte deve limitare la sua valutazione al problema di determinare se gli artt. 43 CE e 56 CE ostino a che sia vietato ad un'impresa di distribuzione di medicinali di partecipare al capitale di una società che gestisce una farmacia comunale.
77. Contrariamente a quanto avvenuto per il primo addebito, non si tratta qui di valutare la conformità con il diritto comunitario di una condizione per l'esercizio dell'attività farmaceutica in qualità di titolare di una farmacia. Ricordo difatti che, nel sistema di gestione delle farmacie comunali, i comuni rimangono titolari della farmacia, limitandosi a concederne l'esercizio ad una società il cui capitale può essere in maggioranza privato. Il problema qui è dunque di stabilire se il diritto comunitario osti o meno a che si impedisca ad un'impresa di distribuzione di medicinali di partecipare all'esercizio di una farmacia comunale tramite l'acquisizione di partecipazioni nel capitale della società privata incaricata della gestione.
78. A mio avviso, non essendo applicabile alle sole partecipazioni che permettono di esercitare una sicura influenza sulle decisioni della società che gestisce la farmacia comunale e di indirizzarne le attività, siffatto divieto può ricadere sotto l'ambito tanto dell'art. 43 CE quanto dell'art. 56 CE.

1. Sull'esistenza di restrizioni alle libertà di circolazione

79. Secondo la Corte, devono essere qualificate come «restrizioni» ai sensi dell'art. 56, n. 1, CE misure nazionali idonee a impedire o a limitare l'acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall'investire nel capitale di queste ultime.
80. Nei limiti in cui la legislazione italiana può avere l'effetto di dissuadere persone stabilite in altri Stati membri e operanti nel settore della distribuzione farmaceutica dall'acquisire partecipazioni finanziarie in società aventi ad oggetto l'esercizio di una farmacia comunale in Italia, tale legislazione costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali.
81. Riguardo alla libertà di stabilimento, è giurisprudenza costante che rientrano nell'ambito di applicazione per materia delle disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento le disposizioni nazionali che si applicano alla detenzione da parte di un cittadino dello Stato membro interessato, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni della società e da consentirgli di indirizzarne le attività. 82. Poiché le disposizioni nazionali in esame hanno, almeno in parte, l'effetto di impedire alle imprese di distribuzione farmaceutica di acquisire nel capitale delle società di gestione delle farmacie comunali delle partecipazioni che conferiscono loro un'influenza sicura sulle decisioni di tali società e consentono loro di indirizzarne le attività, bisogna altresì ritenere che esse comportano restrizioni alla libertà di stabilimento.

2. Sulla giustificazione delle restrizioni accertate

83. AI pari della libertà di stabilimento, la libera circolazione dei capitali può essere limitata da prowedimenti nazionali che si giustifichino per le ragioni di cui all'art. 58 CE, o per ragioni imperative di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i prowedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi. 84. In proposito, ritengo che l'impossibilità per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni nelle società di gestione di farmacie comunali sia giustificata alla luce dell'obiettivo di garantire un livello elevato di tutela della sanità pubblica.
85. Ricordo che, in base alla legislazione italiana, i comuni possono costituire, per l'esercizio delle farmacie pubbliche, delle società per azioni i cui soci non siano necessariamente farmacisti.
86. Ho osservato che, a mio awiso, questo strappo al principio di indivisibilità della proprietà e dell'esercizio di una farmacia non è tale da pregiudicare la coerenza della legislazione italiana, a causa di un certo numero di garanzie le quali fanno sì che l'esercizio delle farmacie comunali garantisca in concreto la prevalenza dell'interesse generale e, più precisamente, un rifornimento adeguato di farmaci alla popolazione. In particolare, i poteri di orientamento e di vigilanza di cui il comune dispone nei confronti della società esercente la farmacia comunale contribuiscono a prevenire il rischio di conflitti di interessi legati alla partecipazione di non farmacisti all'esercizio di questo tipo di farmacie.
87. A mio parere, l'impossibilità per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni nelle società esercenti farmacie comunali offre una garanzia in più che consente di evitare, in maniera rafforzata, i rischi di conflitti di interessi che potrebbero derivare dalla partecipazione di questa categoria di operatori economici all'esercizio delle farmacie comunali.
88. Ritengo quindi che la Repubblica italiana poteva, senza violare il principio di proporzionalità, mantenere il divieto per le imprese di distribuzione di prodotti farmaceutici di acquisire partecipazioni nelle società esercenti farmacie comunali.
89. Di conseguenza, a mio parere il secondo addebito deve essere dichiarato infondato. Il - Conclusione
90. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco che la Corte voglia:

- dichiarare infondato il ricorso per inadempimento in esame;
- condannare la Commissione delle Comunità europee alle spese e le parti intervenienti alle proprie spese.
 
 
Rassegna stampa
Federfarma contenta per il parere Avvocato UE

La federazione dei titolari di farmacie (Federfarma) è "molto contenta che l'awocato generale della Corte di Giustizia abbia riconosciuto la legittimità e la validità del modello professionale della farmacia italiana".
Lo dichiara Annarosa Racca, presidente della federazione, a proposito del parere depositato dall'awocato generale della Corte di Giustizia Europea, Yves Bot. "Ringrazio il Governo - prosegue Racca - per aver sempre difeso la normativa nazionale e confido vivamente che la Corte adotti una sentenza in linea con le conclusione dell'awocato Bot. In questo modo, infatti, i cittadini italiani potranno continuare a usufruire di un servizio farmaceutico di altissimo livello".(ANSA).


Dalle associate
Al via il progetto 2009 di forlifarma dedicato ali 'infanzia

Intervista a Ernesto Toschi,Presidente di Forlifarma.

Quali indirizzi strategici Forlifarma ha dedicato all'infanzia per il prossimo anno?
Il 2009 che stà iniziando sarà un anno difficile per tutti e in particolare per lefamiglie giovani con figli a carico,che sono quelle che risentono maggiormente degli effetti restrittivi della crisi economica in atto. É proprio per questo che le farmacie comunali della nostra città stanno mettendo in campo una importante iniziativa rivolta ad aiutare queste famiglie in difficoltà.
In che cosa consiste,dunque,questainiziativa? L'iniziativa si articola in tre interventi distinti,ma strettamente attinenti ai bisogni della prima infanzia.
Il primo intervento riguarda I 'accoglienza:dal 1 °gennaio 2009 saràconsegnato a tutti i bimbi nati e residenti nel Comune di Forlì,un "Omaggio di benvenuto "contenente prodotti di prima necessità per il neonato.
Il secondo intervento ,più consistentee duraturo nel tempo,consentirà ai genitori di acquistare nelle sei farmacie comunali della nostra città,tutti i prodotti per l'infanzia a prezzi al pubblico fortemente scontati.
Il terzo intervento riguarda la prevenzione,1 'informazione e la formazione rivolta ai genitori su tematiche riguardanti la prima infanzia come l'orientamento, l'accudimento,i consigli nutrizionali e psicologici,i suggerimenti su comeinterpretare i bisogni e le relazioni affettive. Tutte queste tematiche sarannoaffrontate owiamente da esperti del settore.
Poiché si tratta di un progetto sicuramente utile e interessante, i nostri lettori desiderano saperequando partirà in concreto.
La presentazione ufficiale del progetto "Aiuto alla prima infanzia ",come pensiamo di chiamarlo,è prevista ufficialmente,alla presenza del Sindaco di Forlì onorevole Nadia Masini,sabato 20 dicembre 2008 alle ore 11 nei locali al secondo piano della palazzina di via Risorgimento 19 a Forlì,in occasione dell 'inaugurazione del nuovo nucleo di ambulatori pediatrici. Dal 1 °gennaio 2009 i genitori che si recheranno nelle sei farmacie comunali della città potranno acquistare a prezzi scontati tutti i prodotti per la prima infanzia,mentre per il ritiro dell 'omaggio di benvenuto dovranno attendere una comunicazione scritta che verrà loro inviata.


Dalle associate
Farmacie in rete per bloccare le Coop

Un'unica società pubblica di quaranta farmacie della Romagna per contrastare l'avanzata della vendita di farmaci nei supermercati e delle parafarmacie. È questo il progetto su cui sta già lavorando Sfera, owero la società di Con.Ami e dei Comuni di Medicina e Faenza che attualmente gestisce dieci farmacie del territorio: quattro a Imola, tre a Medicina e tre a Faenza. Nelle intenzioni di Sfera c'è la fusione con altre due società pubbliche della Romagna - Ravenna Farmacie e Forlifarma - per crearne una unica di carattere pubblico, che gestica le farmacie comunali dell'lmolese, del Ravennate e del Forlivese. «Siamo ancora in una fase di studio e dobbiamo valutare se ci sono le condizioni economiche per procedere - conferma Nicodemo Montanari, presidente di Con.Ami -. Lo studio coinvolge le amministrazioni comunali, quindi scioglieremo il nodo sulla fattibilità dell'operazione solo dopo le elezioni, quando ci saremo confrontati con le nuove giunte». Le farmacie coinvolte nell'operazione dovrebbero essere una quarantina, perché, oltre a quelle gestite dalle tre società, potrebbero aggiungersene altre nel Ravennate e nel Forlivese.
IL PUNTO di forza della nuova società sarà non solo la massa critica che una quarantina di farmacie è in grado di esercitare. Ma soprattutto le caratteristiche che queste farmacie avranno: la prossimità con punti sanitari di prestazioni mediche. «Per quello che riguarda Imola - aggiunge Montanari -, la farmacia di via Cavour è l'esempio che cercheremo di seguire. Dove ora non ci sono punti sanitari nelle vicinanze, questi andranno creati in modo che le persone possano usufruire di prestazioni mediche lì vicino».
Questa rete di farmacie procederà poi agli acquisti in comune, senza però far ricorso all'uso di magazzini esterni. Se l'operazione dovesse andare in porto, Sfera, Ravenna Farmacie e Forlifarma scomparirebbero, fondendosi in questa nuova società della quale non si sa ancora nulla però sul nome e sul luogo della sede.

(fonte: Il resto del Carlino)



Dalle Associate
Le farmacie Comunali Torinesi finiscono ai farmacisti privati

Da concorrenti a soci di minoranza, ma con la gestione dell'azienda. Un gruppo di farmacisti privati, capitanati dal presidente che raggruppa i titolari dei punti vendita, Luciano Platter, si sono aggiudicati il 49 per cento delle farmacie comunali per 12 milioni di euro. La busta, l'unica arrivata in Comune, è stata aperta ieri e l'advisor ha reputato l'offerta in linea con le valutazioni.Alla gara non si è presentato nessun altro gruppo. Né il fondo pegaso, partecipato da Unicredit e Fondazione Crt, il primo ad essersi fatto avanti per imbastire una trattativa, né altre multinazionali che sembravano interessate alle 34 farmacie comunali. Ad iniziare dalla tedesca Gehe, che ha acquistato le farmacie di Milano e di altre cittadine della regione, oltre al marchio EssereBenessere, azienda che opera nel settore della salute, dalla distribuzione alla gestione di punti vendita.1I blitz dei farmacisti privati torinesi era stato pensato per contrastare l'arrivo di grandi gruppi. Corsa che non c'è stata. Ora il gruppo di titolari, che si è autotassato e ha dato vita alla coop Farmagestioni, diventerà soci a di minoranza di Palazzo Civico, ma avrà il compito di gestire la divisione farmacie di Afc, che ha 148 dipendenti, scorporata dai cimiteri. Furiosi i sindacati dei dipendenti della Afc: «Se il Comune avesse awisato i lavoratori, prima dell'appalto, di aver !'intenzione di regalare le farmacie comunali per un valore di molto inferiore alla metà di quello di una qualsiasi farmacia privata, l'avrebbero certamente acquistate loro - sottolinea Cosimo Lavolta della Uiltucs - i dipendenti sono indignati per questa operazione. Ora il vicesindaco ci deve spiegare come diretti awersari sul mercato possono essere in grado di predisporre un piano di rilancio». Preoccupato anche il vicepresidente della commissione lavoro di Palazzo Civico, Enzo Lavolta: «Dovremo vigilare ancora di più sulla gestione dell'azienda». Soci che dovranno rimanere minimo cinque anni. Dopo non potranno vendere ad altri privati, solo al Comune. Il vicesindaco Tom Dealessandri ribatte che «la cifra è stata definita congrua dall' advisor e che una volta entrati nella società anche i farmacisti privati si adopereranno per rilanciare la rete. È nel loro interesse di investitori e il piano industriale dovrà essere vagliato anche dal Comune che ha il controllo».

(fonte: La Repubblica, Torino)



Rassegna stampa
Federfarma, cala spesa a carico ssn e aumentano ricette

La spesa farmaceutica netta a carico del Servizio sanitario nazionale nel periodo gennaio-ottobre 2008 ha fatto registrare un calo del -0,8% rispetto allo stesso periodo del 2007, attestandosi a 9.508 milioni di euro, pari a 161,85 euro per ciascun cittadino italiano. A fronte del calo di spesa, si continua a registrare un sensibile aumento del numero delle ricette: +5,8% rispetto agli stessi mesi del 2007. Questi i dati diffusi da Federfarma sulla spesa e i consumi farmaceutici da gennaio a ottobre.
Nei primi dieci mesi del 2008 le ricette sono state oltre 460 milioni, pari a 7,84 ricette per ciascun cittadino. Le confezioni di medicinali erogate a carico del Ssn sono state quasi 843 milioni, con un aumento di circa il +4,5% rispetto allo stesso periodo del 2007. Ogni cittadino italiano ha ritirato in farmacia in media 14,3 confezioni di medicinali a carico del Ssn. Nel mese di ottobre 2008 la spesa ha fatto registrare un calo del -3,1 % rispetto a ottobre 2007, mentre il numero delle ricette e' in aumento (+2,9%). I primissimi dati di novembre sembrano indicare un calo di spesa piu' sensibile rispetto allo stesso mese del 2007.
Il fatto che, nonostante l'aumento del numero delle ricette, nel periodo gennaio-settembre si sia verificato un calo di spesa e' dovuto alla riduzione del valore medio delle ricette stesse (-6,3%), cioe' al fatto che vengano prescritti farmaci di prezzo mediamente piu' basso (il prezzo medio e' di 12,60 euro, a fronte di 13,14 euro dei primi dieci mesi del 2007).
Il valore delle ricette continua a calare per gli effetti degli interventi sui prezzi dei medicinali varati dall'Agenzia del Farmaco a partire dal 2006, del crescente impatto del prezzo di riferimento per i medicinali equivalenti e delle misure applicate a livello regionale. Tra queste ultime, l'estensione in diverse Regioni del rimborso di riferimento agli inibitori di pompa protonica (misure che, come previsto dalla legge n. 222/2007, non potranno piu' essere introdotte); la reintroduzione (Abruzzo, Campania e, dal 17 settembre 2008, Lazio) o l'appesantimento (Sicilia) del ticket; la distribuzione diretta o tramite le farmacie di medicinali acquistati dalle Asl e la limitazione della prescrizione a una confezione per ricetta (applicata, ad esempio, in Calabria).
 
(fonte: Asca)



Sanità
Rapporto Osmed gennaio-settembre 2008

Nei primi 9 mesi del 2008 la spesa farmaceutica territoriale di classe A-SSN e rimasta sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente in ragione dei diversi prowedimenti di contenimento della spesa farmaceutica attuati a livello nazionale e regionale. Tutti gli indicatori di consumo (ricette, confezioni e dosi) evidenziano un marcato incremento (rispettivamente +6%, +5,3% e +6,4%).
Ogni mille abitanti sono state prescritte 931 dosi rispetto alle 875 dell'anno precedente, tra il 2003 e il 2008 si e osservato un tasso di variazione annua del 4,6%. Oltre all'aumento delle quantità, si rileva uno spostamento della prescrizione verso specialita piu costose (effetto mix +1,3%) e una diminuzione dei prezzi del 7,2%. Tale indice risente della scadenza del brevetto di alcune importanti molecole (amlodipina, ramipril, omeprazolo e c1aritromicina) e del prezzo di riferimento per gli inibitori di pompa in alcune realtà regionali. A questo si e aggiunto anche una maggiore incidenza del ticket, che nei primi 9 mesi dell'anno 2008 ha evidenziato un incremento del +18,5%.
L'acquisto di farmaci da parte dei cittadini e cresciuto del 1 ,2%, in ragione di un aumento della spesa privata per farmaci di classe A (+13,2% rispetto al 2007), mentre la spesa per automedicazione si riduce del 3,2%.
Tutte le Regioni hanno registrato un incremento delle dosi prescritte con una variabilita che va dal +4,1% della PA di Bolzano e Sicilia al +9,2% della Calabria. Il livello di spesa pubblica e compreso tra i 112 euro della PA di Bolzano e i 209 euro della Calabria.
Anche nel 2008 i farmaci del sistema cardiovascolare sono la categoria farmaceutica più prescritta, rappresentando circa il 36% della spesa ed il 49% delle dosi. Aumenti nella prescrizione si osservano per i farmaci gastrointestinali (+11,1%), del sistema nervoso centrale (+6,2%) e degli antimicrobici (+5,6%).
L'atorvastatina e il principio attivo con la spesa piu elevata, incrementi consistenti si osservano per l'associazione salmeterolo+f1uticasone e per illansoprazolo. Il ramipril con circa 43,9000/1000 abitanti die e invece la sostanza a maggior prescrizione seguita con 41 000 dall'acido acetilsalicilico usato come antiaggregante piastrinico.
La prescrizione dei farmaci equivalenti e aumentata del 51 % in termini di dosi e del 34,3% in spesa rappresentando oltre il 40% dei consumi e un quarto della spesa. Nel corso dell'anno hanno perso il brevetto diverse molecole che hanno modificato in modo importante lo scenario dei farmaci equivalenti.
I farmaci con nota AI FA rappresentano circa un terzo della spesa ed un quinto delle dosi prescritte. Tra le diverse note quelle a più elevata prescrizione riguardano i farmaci per le dislipidemie (nota 13; 75,7 000), gli inibitori di pompa protonica (note 01-48; 45,9 000) e gli antiinfiammatori (nota 66; 26,1 DDD).  


Farmacisti, rischioso l'acquisto di farmaci on line

Acquistare farmaci on line e' rischioso: non solo si rischia di imbattersi in truffe e in conseguente spreco di denaro, ma ancora piu' grave e' il rischio per la salute. A lanciare l'allarme e' Andrea Mandelli, vicepresidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, secondo cui "nelle farmacie di comunita' e' sempre piu' frequente che il cittadino si presenti munito di pagine scaricate dalla rete, chiedendo delucidazioni. Oel resto e' un fenomeno ben noto ai medici di famiglia: addirittura negli Stati Uniti c'e' chi ha proposto di remunerare il professionista per il tempo che impiega a illustrare, o smentire, il materiale raccolto dal cittadino". Mandelli elenca le principali trappole cui e' esposto il cittadino che si sentisse attratto da queste offerte. "Spesso vengono proposte contraffazioni, che possono non contenere il vero principio attivo, cioe' la sostanza che ha l'attivita' curativa, oppure contenere il principio attivo in quantita' differenti, per eccesso o per difetto, da quella indicata. E' anche accaduto che i farmaci proposti attraverso canali non autorizzati contenessero sostanze pericolose per la salute. Oei farmaci acquistati on-line non si sa come siano stati conservati e per quanto tempo. C'e' la possibilita', dunque, che siano scaduti o adulterat". E' possibile inoltre, awerte Mandelli, "che il dosaggio sia differente da quello che si usa abitualmente: soprattutto in Oriente vengono approvati medicinali differenti per dosaggio e preparazione da quelli approvati negli Stati Uniti o in Europa. Quasi sempre gli annunci delle farmacie virtuali fanno riferimento a farmaci soggetti ad abuso: anabolizzanti usati per il doping, stimolanti, psicofarmaci, medicinali per la disfunzione erettile". (AGI)