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Notizie n. 22

Editoriale
Dalla Federazione
Dalle Associate
Mondo Farmaceutico
Dibattiti
Rassegna Stampa
 
Autorevolezza conquistata, ora ci attende la riforma del sistema

Quando nel 2004 la Giunta Esecutiva, il presidente Venanzio Gizzi e me ricevemmo mandato di rafforzare il peso della farmacia pubblica italiana, il clima intorno a noi era appesantito dalla presenza tutt’altro che minoritaria di chi voleva conclusa l’esperienza del Servizio Farmaceutico Comunale in questo paese. Un’esperienza, si diceva, nobile e importante, ma che ormai apparteneva al passato.
Ad appena quattro anni di distanza da allora possiamo dire che la farmacia comunale non solo non è il passato del sistema sanitario italiano, ma ne rappresenta forse uno degli elementi di maggiore spinta innovativa.
Assofarm è un soggetto pienamente legittimato da istituzioni e controparti politiche a partecipare ai principali tavoli di lavoro della farmaceutica italiana. Abbiamo saputo arricchire il dibattito sulla concorrenza e le liberalizzazioni portando all’ordine del giorno elementi a vantaggio del cittadino: se è opportuno distribuire farmaci senza obbligo di ricetta al di fuori del canale farmacia per garantire maggiore accessibilità, allora in vista dello stesso obiettivo è doveroso garantire il diritto di prelazione dei sindaci e rivedere la pianta organica in modo che siano presenti farmacie anche in territori periferici (spesso abitati da fasce meno abbienti) dove i farmacisti privati non sono stimolati ad avviare le proprie attività.
Allo stesso modo la liberalizzazione della titolarità permetterebbe economie aziendali di scala in grado rendere economicamente sostenibili progetti farmaceutici territoriali come sopra descritti. Se insomma la farmacia deve sempre più essere un “luogo” di servizio e non un negozio per la vendita, allora devono essere riscritte le regole e i rapporti con in Servizio Sanitario Nazionale.
Le nostre proposte in tal senso sono state ben espresse nella relazione del presidente Gizzi: La necessaria uniformità nazionale del livello di assistenza farmaceutica ed eliminazione delle differenze regionali emerse dalla legge 405/1991; la costituzione di un osservatorio per l’applicazione della convenzione ai livelli regionali; la validità della rivetta su tutto il territorio nazionale; una pari responsabilità del farmacista con quelle previste dalla convenzione dei medici; una organizzazione degli orari di servizio in conformità alle peculiarità territoriali, stabilendo i minimi inderogabili e lasciando larghe possibilità a livello locale di offrire un servizio con fasce orarie più opportune. La nuova convenzione dovrà poi riconoscere quelle forme di assistenza sanitaria offerte al cittadino dalla farmacia, quali gli screening sanitari, l’assistenza domiciliare, informazione ed educazione sanitaria, il monitoraggio dei consumi, e quant’altro concretizza la nostra mission di presidio sanitario territoriale.
In questo contesto, il sistema “farmacia pubblica” formatosi nella nostra federazione garantisce competivitità alle proprie associate, perché una rete efficiente di oltre mille farmacie in tutta Italia è in grado garantire non solo rappresentatività istituzionale, ma anche erogazione di servizi e avvio di economie di scala a beneficio delle proprie associate e dell’utenza finale.
Da tale prospettiva deriva una grande considerazione per la risorsa umana all’interno delle nostre aziende. In questi anni la federazione ha sensibilmente incrementato il proprio impegno a favore della formazione professionale e scientifica del proprio personale, sia con progetti di formazione a distanza che con la distribuzione di alcuni tra i più prestigiosi bollettini scientifici internazionali. Parallelamente a ciò, il fatto che in questi ultimi quattro anni siano stati conclusi ben tre accordi sindacali, senza peraltro un solo giorno di sciopero, indica quanto siano positivi e costruttivi i rapporti istituzionali con i dipendenti delle nostre aziende.
Per ultimo vorrei ricordare il grande lavoro culturale prodotto in questi anni per posizionare la farmacia comunale in uno spazio intermedio, ma non per questo indefinito, tra mercato e servizio sanitario. Le nostre associate sono aziende a tutti gli effetti, soggetti che operano in un mercato che ha regole commerciali e di concorrenza. Ma sono anche soggetti sociali operanti nel settore sanitario. Abbiamo saputo coniugare queste due anime costruendo imprese sanitarie che perseguono mission pubbliche nel mercato: competivitità e diritto alla salute sono le parole chiave che guidano il nostro operare quotidiano.
Non è cosa di poco conto, in una società e in un periodo storico di crisi dei sistemi di welfare e in cui il libero mercato non riesce a garantire una distribuzione diffusa delle ricchezze prodotte. Il “modello Assofarm” vuole essere non solo un contributo a ripensare i sistemi di welfare pubblico, ma anche alle ragioni più profonde dell’essere impresa.
Assofarm oggi è dunque una realtà solida e di riferimento del mondo farmaceutico italiano, come le sue associate sono elementi imprescindibili dei sistemi sanitari locali.
Ed è forse in questi rapporti virtuosi tra centrale e locale, tra politica e servizio, tra impresa e diritti civili, che si gioca il nostro futuro. La nostra federazione è attesa a due grandi prove. La prima è sicuramente quella di evolvere le nostre idee d’avanguardia e il nostro peso istituzionale in risultati formali: dobbiamo insomma arrivare a nuove convenzioni con il SSN, dobbiamo produrre una legge di riordino capace di dare una cornice legislativa unitaria e sistemica al settore. Il secondo traguardo che dobbiamo raggiungere è più interno alla federazione. Assofarm deve sviluppare la propria mission di servizi alle associate, attraverso strumenti tecnici, di marketing e commerciali tali da aumentare la competitività della farmacia pubblica in un mercato sempre più aperto. Entrambi gli obiettivi sono alla nostra portata. E il nostro impegno per il loro raggiungimento non inizia ora. Oggi però, forti dell’appoggio unanime avuto dalle nostre associate all’Assemblea Generale del 29 maggio scorso, Assofarm vuole inaugurare un nuovo periodo della sua storia.

Francesco Schito
Vice-presidente di Assofarm
 

 
Situazione delle Farmacie in Europa

Sui 27 Paesi appartenenti all’Unione Europea 15 Paesi prevedono la libertà della titolarità delle Farmacie per non farmacisti (fra questi anche Italia e Svezia ma limitatamente ai Comuni o lo Stato), 4 Paesi prevedono la titolarità di più Farmacie per il farmacista e 8 Paesi la titolarità di una sola Farmacia per farmacista. Nei 15 Paesi di norma le uniche incompatibilità sulla titolarità sono la produzione di Farmacie e le attività di prescrizione. 17 Paesi prevedono regole per l’apertura di nuove Farmacie. 16 Paesi prevedono la vendita di farmaci senza obbligo di prescrizione solo in Farmacia. [...] Italia:
La titolarità è consentita ai farmacisti, ai Comuni ed agli eredi anche se non farmacisti (vi sono ancora alcune società private titolari, perché costituite prima del 1913, con soci non farmacisti). I farmacisti possono costituire “società” tra di loro che posseggono ciascuna fino ad un massimo di quattro Farmacie per Provincia, ma possono avere partecipazioni in più società senza limite. In più in Italia è molto diffusa l’associazione in partecipazione ed il mandato irrevocabile a vendere, dove il farmacista titolare divide le responsabilità e gli utili anche con farmacisti (stime dicono siano circa 4.000). Il caso italiano è per primo arrivato alla Corte di Giustizia Europea per l’intervento della Commissione Europea.
Austria:
La titolarità è riservata ai soli farmacisti o a società in cui detengono almeno il 51% delle azioni. La Commissione Europea ha inviato un parere motivato chiedendo di consentire la titolarità, anche di più farmacie, a non farmacisti perché, la legislazione in questione è incompatibile con l’art. 43 del Trattato U.E. La Commissione Europea ha anche chiesto di togliere le limitazioni sulle nuove aperture
Belgio:
La titolarità delle Farmacie è libera, con la presenza del farmacista in Farmacia.
Danimarca:
Le Farmacie sono tutte titolarità dei farmacisti e ciascuno dei quali non può possederne più di quattro.
Francia:
La titolarità delle Farmacie è riservata ai soli farmacisti singoli o associati, solo una anche se si è in attesa di un regolamento che dovrebbe portare il numero a 3. La Commissione Europea ha attivato una procedura di infrazione che contesta le limitazioni in tema della titolarità ai soli farmacisti, chiedendo la liberalizzazione. La relazione “Attali” che contiene una serie di indirizzi per la crescita economica del Paese, fa riferimento anche alle Farmacie chiedendo, fra l’altro, la liberalizzazione della titolarità.
Germania:
La titolarità delle Farmacie è riservata ai soli farmacisti, ogni farmacista può possedere fino ad un massimo di 4 Farmacie. La Commissione Europea ha attivato una procedura di infrazione per le restrizioni relative alla titolarità, chiedendo la libertà di titolarità e senza il limite di 4. In Germania non esistono regole geo – demografiche per l’apertura di nuove Farmacie
Grecia:
La titolarità delle Farmacie è riservata ai soli farmacisti. Ogni farmacista può possedere una sola Farmacia. Non esistevano regole sulle nuove aperture delle Farmacie. Il Governo ha qualche anno fa introdotto criteri geografici e demografici per elevare il livello qualitativo.
Irlanda:
La titolarità delle Farmacie è libera a condizione che la Farmacia sia diretta da un farmacista qualificato.
Olanda:
La titolarità delle Farmacie è libera, ogni Farmacia ha un farmacista responsabile.
Polonia:
La titolarità delle Farmacie è libera, non vi è alcun criterio demografico per l’apertura di nuove Farmacie.
Portogallo:
Di recente è stata liberalizzata la titolarità delle Farmacie. Ogni persona fisica o giuridica può possedere fino ad un massimo di 4 Farmacie, con l’eccezione dei distributori, produttori e prescrittori. La Commissione Europea ha attivato una procedura di infrazione chiedendo di introdurre la libertà di titolarità (non solo 4) e di togliere l’incompatibilità con i distributori.
Regno Unito:
La titolarità delle Farmacie è libera, la Farmacia dev’essere diretta da un farmacista registrato. Esistono meccanismi tutelanti la professionalità e l’idoneità per l’apertura di nuove Farmacie.
Repubblica Ceca:
La titolarità delle Farmacie è libera. Non esistono regole geo-demografiche per le aperture. Quest’ultimo aspetto ha determinato una quasi totale assenza di esercizi farmaceutici nelle zone rurali.
Spagna:
I Farmacisti o le Società di Farmacisti devono possedere almeno il 75% del capitale di una farmacia. Esistono regole per le nuove aperture sia in base alla popolazione che in base alle distanze. La Commissione Europea ha inviato un parere motivato chiedendo di consentire la titolarità anche di più Farmacie a non farmacisti, e di togliere le limitazioni sulle nuove aperture.
Svezia:
Tutte le Farmacie sono possedute da Apoteke A B la società statale. Il Governo è orientato a procedere con una riorganizzazione che comprende la libertà della titolarità delle Farmacie.
 
In parallelo al percorso avviato dalla Commissione Europea, alcuni tribunali hanno fatto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea. E’ il caso di un tribunale tedesco sulla libertà della titolarità delle Farmacie per non farmacisti, insieme ai casi dei tribunali spagnolo e italiano (lo scorso aprile) sulla libertà di apertura delle nuove Farmacie.
Le considerazioni di cui sopra, hanno permesso ad Assofarm seguita dalle Farmacie private di aprire un approfondito dibattito ed opportune riflessioni su quale tipo di modello si intende lavorare consapevoli che, per il bene e per la salvaguardia del valore e dell’opera della Farmacia, non è più possibile rimanere inerti sulle attuali posizioni come se le stesse fossero perfette e non oggetto di adeguamenti ai tempi. E’ necessario decidere per avere una Farmacia moderna, al passo con le esigenze dei cittadini e consapevole dei servizi che può sviluppare e dal ruolo che deve svolgere. Sarà pertanto compito primario della classe dirigente che scaturirà da questa Assemblea di sostenere la nostra proposta nell’interesse di tutti gli Associati. Rimanere fermi, senza decisioni significa andare verso una totale deriva che la Farmacia pagherà duramente anche a ragione della propria esistenza.
Infine, dobbiamo aggiungere che abbiamo chiesto all’ U.E.F.S. (Unione Europea delle Farmacie Sociali), in linea con i programmi e progetti svolti in cui Assofarm è da sempre parte attiva e determinante, quali quelli relativi alle buone pratiche, alla qualità del servizio, al registro farmaceutico etc., di prendere una posizione ufficiale chiara e precisa in linea con il diritto europeo sulla libertà di titolarità delle Farmacie, come già sostenuta nel Convegno in occasione dell’Assemblea dell’Unione Europea Farmacie Sociali organizzato a Verona nel settembre 2007. E’ in gioco l’alta professione del Farmacista ovvero l’interesse generale della Farmacia e quindi la tutela della salute dei cittadini. Pertanto, è nostro dovere sostenere una proposta chiara, equilibrata e coerente. Anche le Farmacie devono potersi aggregare, crescere, rafforzarsi per migliorare la qualità dei servizi sanitari e di sicurezza dei farmaci.
 
Dalla Relazione del Presidente
 

 
Responsabilità delle Aziende: un approfondimento

Incontriamo per la seconda sulle pagine di “Notizie da Assofarm” (la prima nel n. 20) l’avvocato Antonio Vinci e la dottoressa Marina Ligabue dello Studio Associato Vinci, specializzato nell’applicazione del d.lgs. 231/01, per approfondire alcuni aspetti della normativa. Con lo Studio Vinci Assofarm ha siglato un accordo per la fornitura di servizi consulenziali alle proprie associate.
“Ragionando sulla nostra esperienza diretta possiamo dire che i rischi maggiori che corrono le imprese che intendono adeguarsi alla normativa, sempre con un occhio al portafoglio e l’altro alla redditività dell’azienda sono quelli di scegliere consulenti che garantiscano basso costo e pochi disagi all’organizzazione del lavoro o, peggio ancora, optare per lo stile “fai da te”, acquistando on-line o per altri canali modelli organizzativi standard preconfezionati.
Dicevamo nel nostro precedente incontro come il modello debba essere per ogni impresa, quasi un abito sartoriale tagliato su misura, ecco allora l’impossibilità di usare efficacemente fac-simili uguali per tutti.
Non sarebbe però deontologicamente corretto nascondere che esistono gli uni e gli altri. Per i primi l’unico consiglio agli Associati, nella scelta dei professionisti a cui affidarsi, è verificarne accuratamente le competenze, ma soprattutto l’esperienza sul campo, nell’applicazione del decreto 231.
Sul fronte “disagi”, è giusto che gli imprenditori, i nostri interlocutori, sappiano che non si può costruire un buon modello organizzativo, definibile idoneo, senza un “auditing” accorto, che comporta un’indagine conoscitiva sul piano operativo di tutte le maestranze di una società e che un’intervista tipo seria non può durare meno di mezz’ora. E’ ovvio che per identiche funzioni sarà sufficiente analizzare un singolo operatore.
È opportuno evidenziare come questo complesso lavoro di ascolto finisca per avere un duplice scopo: consentire la costruzione di un modello che fotografi il più possibile realisticamente l’impresa, e rilevare tutte le sue zone di luce e d’ombra, consentendo in tal modo di potenziare là dove occorre, di valorizzare le eccellenze con un efficace opera di marketing, e di superare eventuali gap.
L’auditing viene pianificato dai consulenti in accordo con la dirigenza stilando uno specifico calendario, che dovrà tener conto dei tempi d’organizzazione del lavoro (turni, ecc.) e dei processi di produzione.
Infine una raccomandazione per le imprese medio- piccole. L’obiezione che più frequentemente ci sentiamo rivolgere è: “Perchè dovremmo adeguarci? Siamo una realtà di modeste dimensioni.” Non importa. Constatiamo come nelle piccole aziende sia fisiologicamente più difficile far rispettare protocolli e regole scritte, vuoi per gestioni quasi famigliari, vuoi per i rapporti strettissimi fra personale e dirigenza, che se dal punto di vista umano sono da considerarsi un plusvalore, sotto il profilo gestionale presentano qualche controindicazione. Inoltre, si può incappare in un’indagine per varie ragioni, per esempio a seguito di un controllo incrociato per un’inchiesta che coinvolge un cliente o un fornitore. In quel caso, risultare privi di idoneo modello organizzativo non apparirà al Magistrato come un bel biglietto da visita, anche alla luce dell’inserimento nel decreto 231, con il d.lgs 123 del 25 agosto 2007, delle norme in materia di sicurezza sul lavoro ex L. 626.
I modelli organizzativi previsti, per rispondere adeguatamente alle finalità di cautela che la vigente normativa gli attribuisce, dovranno essere costruiti secondo criteri che sono strettamente giuridici prima ancora che economici e aziendalistici. Anche alla luce dei recenti fatti di cronaca, è necessario che i responsabili di società imparino ad ordinare preventivamente la struttura aziendale in base a regole che li mettano al riparo dall’eventuale commissione di reati contemplati dal decreto.
Occorre dunque, l’intervento dell’avvocato come tecnico della prevenzione del rischio penale.
Il d. lgs. 231/01, nell’introdurre una disciplina della responsabilità amministrativa delle società per reati commessi da amministratori, dirigenti o dipendenti nell’interesse o a vantaggio della società stessa, prevede una specifica forma di esonero dalla responsabilità (o di sua attenuazione) se la società dimostra di aver adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
I punti caratterizzanti del modello sono:
  • autodisciplina dell’attività della società o una sorta di organigramma - come in materia di sicurezza del lavoro e di trattamento dei dati personali – che, per avere capacità scriminante, deve anzitutto, essere efficace e effettivo;
  • il modello non va visto come un documento, come un atto puramente formale, ma piuttosto come un’opportunità organizzativa: non deve essere un puro schermo di comodo, ma lo specchio di una adeguata cultura d’impresa.
I componenti indispensabili di un modello sono:
  1. la mappatura delle attività a rischio di commissione di reato attraverso l’analisi dell’intero ambito operativo della società;
  2. l’elaborazione di protocolli interni per la formazione e attuazione delle decisioni della società, soprattutto nei processi di attività sensibili;
  3. l’istituzione di un organo di vigilanza, dotato di autonomia e indipendenza, anche finanziaria, dall’organo amministrativo;
  4. l’introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare internamente le infrazioni al modello e un codice etico che manifesti la condivisione dei principi morali cui si ispira l’intero ordinamento giuridico.
Il nostro Studio – composto da avvocati specializzati e consulenti aziendali - attua un processo di Risk Management strategico con procedure speciali di Due Diligence allo scopo di eseguire: analisi della struttura societaria, disamina dell’organizzazione e delle modalità di formazione dei processi decisionali e di svolgimento delle attività aziendali, verifica di sistemi di informazione ai soggetti interessati nelle aree sensibili, al fine di realizzare una valutazione di rischi e pericoli per non conformità alle norme e per illeciti anche tentati. Effettua la mappatura delle aree vulnerabili di rischio reato con rilevamento del livello di pericolosità. Nel corso dell’incarico, il professionista esegue anche il raffronto con la giurisprudenza, per l’adeguamento alle linee guida elaborate, al fine di formulare protocolli, procedure e verificare le mansioni. Viene elaborato un piano di priorità di interventi e si predispongono le misure idonee al trattamento di prevenzione.
Si organizzano, infine, interventi sinergici ad integrazione della struttura della società per la realizzazione e la messa in atto in azienda del modello, supportando le persone addette. Il problema “circa l’opportunità dell’adozione del modello” è competenza esclusiva degli amministratori. Difatti, per la disciplina contenuta nell’art. 2381 del codice civile, essi sono responsabili nei confronti della società e dei soci, per omissioni nell’attuazione dell’adeguatezza dell’assetto organizzativo e sull’osservanza delle leggi (art. 2932 cod. civ.) e così per il Collegio Sindacale art. 2403 cod. civ.
I soci possono esercitare l’azione di responsabilità per le conseguenze negative causate al patrimonio sociale. Infatti, costituendo il modello l’unica forma di difesa dei soci, è prevedibile che questi esperiscano azione di responsabilità nei confronti degli amministratori inerti o che non abbiano avuto cura di adottare un modello organizzativo idoneo. In proposito, il modello si può ritenere idoneo se attua una minimizzazione ragionevole del rischio, e ciò perchè il modello non sottende una obbligazione di risultato ma soltanto di mezzi.
Il successo, dunque, del modello dipende esclusivamente dalla volontà dei vertici della società di dare serio rilievo a questo tipo di organizzazione sistemica. Solo i vertici possono indurre condivisione del management, dei dipendenti e dei collaboratori esterni. La domanda che sorge certo spontanea ai più, fra imprenditori e dirigenti è: ma quali vantaggi concreti trarrà l’azienda, adottando il modello organizzativo?
La risposta è che l’adozione di questo strumento risponde a criteri di buona organizzazione ed efficienza gestionale secondo i principi di correttezza e di etica negli affari. Il modello attua la distinzione tra le funzioni e trasferisce obblighi e poteri a mezzo di deleghe con le responsabilità specifiche all’interno di qualsiasi tipo di società, anche media e piccola secondo norma. L’introduzione di un’organizzazione e di controlli rispondenti alle caratteristiche previste dal d.lgs. 231/01 non comporta un aumento di compiti ulteriori per la struttura.
Il modello si applica anche alle PMI dovendo essere, in tal caso, per norma rapportato ed adeguato alla dimensione, all’organizzazione, ed al tipo di attività, concretamente svolta.
Con l’adozione del modello si prevengono le conseguenze di sanzioni civili e penali a carico delle persone fisiche e misure economiche ed interdittive a carico della società. In ultimo si crea anche trasparenza, si potenzia l’immagine della società stessa.
La critica che con l’adozione del modello si finisce per ingessare l’azienda non corrisponde al vero. L’obiezione infatti è superata dalla disposizione normativa di adeguamento alle dimensioni ed al tipo di attività svolta. I controlli interni sono coerenti e congrui rispetto alla struttura e alle finalità della società.
Infine, l’accusa di mancanza di garanzia di non subire applicazione di sanzioni, nonostante l’adozione del modello, è una evidente contraddizione ai principi di diritto, poiché comunque il giudizio finale di legalità spetta comunque al Magistrato.

Studio Legale Associato Vinci
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Dalla Federazione
 

 
Assofarm a Cosmofarma

Se le fiere servono non solo ad incrementare la propria visibilità, ma anche a creare nuovi contatti e a misurare il valore che il mercato da’ alla propria organizzazione, l’ultima Cosmofarma è stato un momento pienamente positivo per Assofarm.
Lo stand della federazione ha raccolto moltissime richieste di contatti con rappresentanti commerciali di aziende private che operano nel settore, segno tangibile che ormai il “sistema” delle farmacie pubbliche italiane è visto come un canale distributivo percorribile ed efficace.
Sistema, si diceva, caratterizzato da un cospicuo numero di punti di contatto con l’utente-consumatore finale ma soprattutto efficiente nella sua rete interna.
L’attenzione del mercato è un risultato di cui fare tesoro: esistono già importanti presupposti concreti per lo sviluppo di progetti comuni a tutte le associate, in grado di portare nuove risorse e sviluppare la nostra mission di servizio sanitario territoriale.
Un esempio di ciò è sicuramente il successo a Cosmofarma di Amore al Cubo, il progetto di intimo biologico per neonati realizzato dall’azienda BioLogika e con una partnership di Assofarm Servizi (di cui si è dato notizia in “Notizie da Assofarm 21”).
 

 
Nasce Farmavaldera srl

A venticinque anni dall’apertura al pubblico della Farmacia Comunale di Santo Pietro e a sei anni dall’attivazione della Farmacia Comunale Le Melorie a Ponsacco (entrambi in provincia di Pisa), è stato costituito un nuovo soggetto di proprietà interamente pubblica cui è stata affidata la gestione delle due farmacie comunali, nonché i numerosi servizi sociali già gestiti dall’Azienda Speciale per conto delle due amministrazioni. Farmavaldera srl rappresenta la naturale evoluzione di un una gestione associata che, grazie alle economie di scala e ad una gestione efficiente e attenta alle esigenze dei cittadini, ha reso possibile in questi anni lo sviluppo di tanti servizi dentro e fuori la farmacia comunale.
La nuova forma di gestione, dotata di un’amministrazione più snella, potrà conseguire ulteriore efficienza a vantaggio dei cittadini che hanno già avuto modo di utilizzare i nuovi servizi, il CUP, l’orario continuato, l’autodiagnosi, la riduzione dei prezzi che siamo riusciti a garantire in questi anni, grazie alle economie di scala realizzabili nella gestione e negli acquisti.
Le quote di proprietà della nuova società sono state stabilite da una apposita perizia di stima e attribuite per il 35% al Comune di Capannoli, per il 65% al Comune di Ponsacco.
Il sistema di governo della società è improntato su un regime pari dignità di governo. I rapporti tra Farmavaldera srl e i comuni proprietari sono regolati da specifici contratti di servizio che connotano l’azienda come soggetto erogatore non solo del servizio farmaceutico ma di tanti servizi socio-sanitari con una restituzione delle risorse maturate dalla gestione in servizi per i cittadini. La sede legale di Farmavaldera srl è in Santo Pietro Belvedere.
Il capitale sociale è pari a 500.000 euro. L’organico attuale è costituito da 12 farmacisti. Il fatturato consolidato a fine 2007 è pari a 3.432.480 euro.
 
Dalle Associate
 

 
Obiettivi e servizi

  • offrire ai cittadini un servizio farmaceutico di qualità che risponda ad un esigenza di professionalità, accessibilità, trasparenza e servizi aggiuntivi, il tutto da conciliare con politiche di prezzo a tutela del potere d’acquisto delle famiglie, in particolare relativamente ai prodotti per l’infanzia, la medicazione e i farmaci da automedicazione.
  • Ridistribuire le risorse economiche maturate dalla gestione delle farmacie comunali in servizi sociali destinati alle categorie più deboli.
I servizi garantiti da Farmavaldera srl sul territorio di Capannoli e Ponsacco:
La Farmacia Comunale di Santo Pietro B.re, aperta con orario continuato dalle 9.00 alle 20.00, sabato 9.00-13.00.
La Farmacia Comunale Le Melorie, aperta con orario continuato dalle 8.30 alle 20.30, 7 giorni su 7,compresi domeniche e festivi.
La consegna domiciliare dei farmaci ad anziani e disabili che vivono soli
Il CUP, centro unico prenotazioni in collegamento telematico con la USL
Il trasporto sociale per anziani e disabili Presso gli Studi Medici Comunali di Capannoli:
Servizio infermieristico gratuito, un’ora al giorno dal lunedì al venerdì
Servizio prelievi, tutti i giovedì , in convenzione con la USL
Consultorio per la famiglia e i giovani, il venerdì dalle 18.00 alle 20.00
Presso le scuole del Comune di Capannoli :
la gestione del servizio di refezione scolastica
 

 
Farmacia e Europa: Convegno a Cosmofarma

“Siamo davanti ad una situazione di grande fermento e tensione, che coinvolge molti paesi europei. E i problemi dibattuti in Italia negli ultimi mesi sono all’ordine del giorno in tutto il continente”, il presidente degli Ordini dei Farmacisti Giacomo Leopardi ha aperto con queste parole uno dei convegni più attesi di Cosmofarma 2008, quello relativo a “La farmacia italiana a confronto con le dinamiche normative, professionali e commerciali nell’Europa del farmaco”.
La maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea sta vivendo le grandi trasformazioni del sistema della distribuzione farmaceutica che attraversano il nostro paese. Dal 2006 la Commissione Europea è intervenuta in diversi modi su Francia, Portogallo, Germania, Austria, Spagna e Italia, unico paese in cui il contraddittorio è già approdato alla Corte di Giustizia, perché le risposte di Roma riguardo la titolarità della farmacia e l’incompatibilità della figura grossista-farmacista non sono state considerate soddisfacenti.
Situazione molto critica per l’Italia, dunque. Ma non solo per essa. A fornire una prima spiegazione di quanto sta accadendo a Bruxelles è John Chave, Segretario Generale di Pgeu, organizzazione che riunisce i farmacisti europei: “a monte di certe scelte politiche, sta una questione ideologica. La Commissione pensa che il suo compito sia quello di eliminare ogni ostacolo alla libera competizione nel mercato interno.
Il punto è capire dove finisce il mercato e dove inizia il servizio al cittadino
”. Chave però pone dei distinguo di non poco conto. Da una parte il Parlamento Europeo, organo di rappresentanza popolare della UE, ha escluso i servizi sanitari dal contesto della liberalizzazione. Dall’altra la Commissione, che è invece l’organo esecutivo e amministrativo, opera in senso contrario. “Stiamo insomma vivendo una situazione anti-democratica, dove a decidere è un complesso di potenti burocrati e non i rappresentanti del popolo”.
La risposta, sempre secondo Chave, sta nel riaffermare con forza il contributo significativo del farmacista nel servizio sanitario nazionale, in cui il suo ruolo consulenziale si serve della dimensione commerciale, ma non si esaurisce in essa.
L’idea che l’Unione Europea è essenzialmente composta da due anime, peraltro non sempre compatibili tra loro, è ripresa dall’Avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo: “L’Unione Europea è in realtà lo sviluppo politico di un soggetto aggregato su base economica. Ciò significa che alla base del suo ordinamento giuridico stava l’operatore economico, non il soggetto. Quest’ultimo ha assunto rilevanza con l’elezione diretta del Parlamento Europeo. E oggi la Corte di Giustizia deve fare i conti con entrambe queste anime”.
Secondo Fiengo la Commissione ha rigettato le posizioni del governo italiano proprio perché esse privilegiavano la dimensione soggettuale su quella economica: “non ci stava bene veder crollare alcuni di quei capisaldi del nostro sistema che fanno della farmacia un luogo in cui si produce solo economia”.
Che la farmacia rischi di diventare un semplice negozio sembra essere la preoccupazione anche di Annarosa Racca, neo-eletta presidente di Federfarma. Prezzi liberi, farmaci fuori dal canale farmacia, l’arrivo di nuovi potentissimi operatori fino a ieri esterni al settore, sono i principali elementi che fanno temere lo scollamento della Farmacia dal suo ruolo di “parte integrante” del Servizio Sanitario Nazionale.
A fronte di tutto questo, la Racca propone di rinforzare le dinamiche consulenziali della professione: valore alla formazione e strutturarla secondo i bisogni reali della popolazione, aumentare l’informazione sanitaria disponibile in farmacia, dialogare con le associazioni dei consumatori, creare una Carta del Servizio Farmaceutico, e infine riempire di contenuti la pianta organica attraverso l’erogazione di un maggior numero di servizi.
Da uno dei più importanti dibattiti in scena a Cosmofarma di quest’anno se ne esce insomma con un paio di impressioni su quello che sta vivendo oggi il mondo della farmacia privata italiana. Da un lato è palpabile il timore per l’arrivo di un libero mercato “molto” aperto, targato Commissione Europea. Dall’altro le parole della nuova presidentessa di Federfarma sono state chiare: se la farmacia vorrà un futuro, lo potrà avere soltanto se da luogo di vendita saprà trasformarsi in contesto territoriale di erogazione dei servizi.
 
Mondo Farmaceutico
 

 
Pharmacard: dare valore alla tessera sanitaria

Incrementare il “valore” della Tessera Sanitaria, trasformandola in uno strumento informativo sullo storico sanitario e farmacologico del paziende: è questo l’obiettivo che si pone Pharmacom.
“Il nostro progetto è partito dalla creazione di una tessera proprietaria ad hoc, acquistabile dall’utente della farmacia ad un prezzo molto basso, tramite la quale veniva creata e gestita una banca dati personale che registrava tutte le sue operazioni sanitarie: quali farmaci aveva acquistato, quali visite specialistiche aveva richiesto, e via dicendo”, dice Giovanni Trombetta, amministratore delegato di Farmacom.
Poi l’arrivo della nuova Tessera Sanitaria Nazionale ha cambiato le cose, perché è in grado di essere essa stessa strumento di ingresso e aggiornamento della banca dati sanitaria dell’utente. “Il cittadino si può recare in farmacia – continua Trombetta - e chiedere l’autenticazione della propria tessera. Gli verrà dato un codice d’accesso, come il PIN delle banche, e con tessera e codice potrà entrare nella propria cartella clinica tutte le volte che vorrà”.
Il valore sanitario di tale progetto è presto detto: è uno strumento di garanzia di appropriatezza di ogni singola prestazione farmaceutica. “Permette di controllare eventuali intolleranze del paziente, oppore incompatibilità tra molecole di differenti medicinali che il paziente sta assumendo. La cartella del paziente è poi in grado di catalogare tutti gli autotest sanitari realizzati in farmacia”. Per non parlare poi delle potenzialità dello strumento nel momento in cui il farmacista si troverà nella situazione di emergenza di dispensare farmaci di fascia C pur non disponendo della ricetta medica.
Attualmente il progetto Pharmacard è attivo in cento farmacie della provincia di Bologna, per un totale di circa ventimila tessere attivate nel servizio. Numeri sufficienti per valutare positivamente l’esperienza e per testare i vantaggi apportati dalla struttura di network del progetto.
“Gli sviluppi che ora attendono il progetto – conclude Trombetta – sono quelli di supporto agli obiettivi di polifunzionalità della farmacia. Il sistema Pharmacom permetterebbe di refertare le visite specialistiche dei pazienti direttamente in farmacia. Un servizio che qualificherebbe sempre più la farmacia come front-line del Servizio Sanitario Nazionale”.
 
Mondo Farmaceutico
 

 
Il farmacista pubblico in vendita?

Il dott. Franco Colasuonno, dipendente della Farmacia Comunale di Grumo Appula (Bari) scrive ad Assofarm portando un problema di notevole interesse professionale.

Carissimo Presidente,
nelle Normative di Legge c’è un’incongruenza tra le modalità di accesso, per i farmacisti nell’ambito del SSN. Mi farebbe piacere se l’Assofarm riuscisse ad aiutare i farmacisti comunali in questo progetto. Un farmacista pubblico (in particolare mi riferisco ai farmacisti comunali) che volesse partecipare ad un concorso pubblico per dirigente di 2° livello potrebbe farlo in base al Decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484: “Regolamento recante la determinazione dei requisiti per l’accesso alla direzione sanitaria aziendale e dei requisiti e dei criteri per l’accesso al secondo livello dirigenziale per il personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale Gazzetta Ufficiale S.O. 17 gennaio 1998, n. 13”, se ha un’anzianità di servizio di 10 anni pur non avendo la specializzazione. Infatti: l’Articolo 5 n. 484, prevede nei Requisiti di accesso al secondo livello dirigenziale, per quanto riguarda le categorie dei medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri, biologi, chimici, fisici e psicologi, è riservato a coloro che sono in possesso dei seguenti requisiti:
a) iscrizione all’albo professionale, ove esistente;
b) anzianità di servizio di sette anni, di cui cinque nella disciplina o disciplina equipollente, e specializzazione nella disciplina o in una disciplina equipollente ovvero anzianità di servizio di dieci anni nella disciplina;
L’Articolo 10, specifica l’Anzianità di servizio
L’anzianità di servizio utile per l’accesso al secondo livello dirigenziale deve essere maturata presso amministrazioni pubbliche, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, istituti o cliniche universitarie e istituti zooprofilattici sperimentali salvo quanto previsto dai successivi articoli.
L’Articolo 11 specifica che
I servizi prestati nelle amministrazioni pubbliche, negli enti, settori e presìdi di seguito indicati sono equiparati alle discipline e ai servizi come segue:
p) funzionario farmacista del Ministero della sanità, delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, della Agenzia per i servizi sanitari regionali o di ente pubblico o come farmacista presso farmacie di ente pubblico:
1) farmacia ospedaliera;
2) farmaceutica territoriale;
Paradossalmente un farmacista comunale ha il requisito d’accesso per partecipare ad un concorso di 2° livello dirigenziale (direzione di struttura complessa), ma non ha il requisito per partecipare ad un concorso di 1° livello dirigenziale perché per il primo livello dirigenziale farmacista, l’ Art. 32. del Decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997 n. 483 gli unici requisiti specifici di ammissione al concorso sono i seguenti:
a) laurea in farmacia o in chimica e tecnologie farmaceutiche;
b) specializzazione nella disciplina oggetto del concorso;
c) iscrizione all’albo dell’ordine dei farmacisti attestata da certificato in data non anteriore a sei mesi rispetto a quello di scadenza del bando.
Ora, se una farmacia comunale viene venduta dal Comune, che fine fanno i farmacisti assunti fra l’altro con un concorso che prevedeva le stesse prove d’accesso per i farmacisti del SSN? Non è possibile inserire un emendamento o un articolo nel quale sia prevista la mobilità, presso le farmacie ospedaliere e territoriali del SSN per i farmacisti che abbiano maturato un’anzianità di servizio di 10 anni presso le Farmacie Comunali?

Franco Colasuonno
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La sfida di Coop, aspirina low cost al supermercato

Il Vivin C - farmaco molto apprezzato per combattere mal di testa e raffreddore - si vende oggi nelle farmacie a 6 euro. Lo stesso prodotto, nei Corner Coop Salute (le parafarmacie Coop) si vende a un euro in meno. Da metà maggio in avanti la stessa Coop produrrà lo stesso principio attivo (acetilsalicilico e acido ascorbico più vitamina C) al costo di 2 euro: un terzo di quanto si paga in farmacia.
La sfida che le coop di consumo hanno lanciato è tutta in questi numeri: i farmaci - è il presupposto di questa operazione annunciata ieri dal presidente dell’Ancc-Coop, Aldo Soldi - possono costare meno, e anche «molto» meno. Un guanto di sfida lanciato all’industria farmaceutica tradizionale e una traduzione, a vantaggio dell’utente finale, dello spirito della legge Bersani sulle liberalizzazioni. Ma questo è solo il primo step di un percorso, tant’è - ha detto il presidente di Coop Italia Vincenzo Tassinari - che entro il 2009 altri 10 farmaci generici saranno prodotti con marchio Coop e avranno tutti la caratteristica di un prezzo molto competitivo. Beninteso a parità di qualità e di efficacia. L’obiettivo di questo nuovo farmaco autoprodotto - hanno sottolineato Tassinari e Soldi - è suscitare nel mercato gli stessi effetti di calmieramento che si sono determinati col latte in polvere per i bambini.
«La convenienza e la tutela del potere d’acquisto dei consumatori - ha aggiunto Soldi - è da sempre al centro della nostra politica. La novità è che a prodotti alimentari aggiungiamo ora medicinali, che pure incidono pesantemente sui bilanci delle famiglie. Quando nel 2006 abbiamo raccolto 800 mila firme a favore delle liberalizzazioni sapevamo di toccare un tema sensibile. La legge approvata dal Parlamento ha consentito i primi passi, che hanno generato immediati benefici per i consumatori ed i prezzi dei farmaci da banco hanno subito una diminuzione dell’11%. Ora con il medicinale a marchio Coop facciamo un altro passo ».
Per i produttori di farmaci aderenti a Farmindustria si apre, ovviamente, un importante fronte di competizione, anche se il presidente Sergio Dompé ridimensiona la portata di questo evento: «I produttori di medicinali in Italia sono molti - dice - e il fatto che oggi se ne affacci uno nuovo non può costituire, in sé, un elemento di preoccupazione. E’ ovvio che anche questo nuovo produttore deve rispettare tutte le prescrizioni di garanzia del prodotto che la legge prevede, ma questo - credo - è fuori discussione. Per quanto ci riguarda chiediamo solo di poter competere ad armi pari: se chi vende si mette anche a produrre, nessuno dovrà meravigliarsi se anche noi, domani, ci dovessimo aprire alla distribuzione».
Quanto alla Coop, vuole fare del nuovo farmaco un cavallo di Troia che superi gli sbarramenti di un mercato molto ingessato. «Per questo auspichiamo - ha detto Soldi - che venga aperto un tavolo di confronto fra il nuovo Governo e le categorie interessate per ampliare l’opera di liberalizzazione. Occorre una nuova iniziativa legislativa che completi il percorso iniziato dal Governo Prodi, rendendone accessibili i vantaggi a un numero maggiore di consumatori».

(repubblica.it 9.5.08)
 

 
Cosmetica: italiani preferiscono la farmacia, +8,5% vendite nel 2007

Quando si tratta di acquistare creme antirughe, idratanti o anticellulite, gli italiani preferiscono la farmacia. Il mercato legato a igiene e bellezza, in questo canale di vendita, è infatti cresciuto dell’8,5% nel 2007 rispetto all’anno precedente, attestandosi a ben 1.337 milioni di euro. Mentre per quanto riguarda profumerie e supermercati, il trend è stato più modesto: rispettivamente +3,3% e +1,1%. A fotografare l’andamento del’universo cosmesi è stato oggi a Roma Lorenzo Brambilla, direttore Consumer Health di Ims, compagnia specializzata in rilevazioni di mercato legate alla salute, durante un incontro organizzato da Unipro (Associazione italiana delle imprese cosmetiche) all’interno di Cosmofarma 2008.

“Nelle farmacie viene venduto il 15% di tutti i cosmetici - ha sottolineato l’esperto - e questo canale di vendita è quello in cui i prezzi sono aumentati di meno, con un +0,4% rispetto al 2006, a confronto con un +1,4% di profumerie e grande distribuzione organizzata”. I prodotti che ‘tirano’ di più in farmacia, complici le invitanti vetrine che sempre più spesso espongono cartelli pubblicitari, sono quelli legati all’igiene del corpo e del cavo orale, che insieme hanno coperto il 36% dei consumi nel triennio 2005-2007, seguiti dai trattamenti per il corpo (17,8%) e per il viso (16,2%). In ordine decrescente vengono poi i prodotti per bambini (9,4%) e quelli per capelli (8,5%), labbra (5,1%) e mani (2,7%). Poco attraenti rossetti e fondotinta per il make-up, per cui le profumerie detengono ancora il record di vendite.
Eppure anche l’apertura di circa 2.028 parafarmacie in Italia, sotto la spinta delle liberalizzazioni della vendita dei farmaci da banco, ‘incombe’ sul primato delle farmacie quanto alla vendita di cosmetici: se nel 2007 la fetta di mercato conquistata da questi esercizi farmaceutici era del 2,6%, già nel primo trimestre del 2008 questa percentuale è passata al 5,7%, mentre i corner della grande distribuzione organizzata vantano un 1,3% contro l’1,1% del 2007. “La competizione con le parafarmacie non ci spaventa - ha evidenziato Annarosa Racca, neopresidente di Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacie private, rivelando di avere dedicato tutte le cinque vetrine della sua farmacia alla promozione di prodotti cosmetici - anche perché gli ultimi dati di mercato sono probabilmente frutto dell’aumento di questi esercizi negli ultimi mesi. In ogni caso ci daremo da fare per mantenere il primato della farmacia, per essere i primi, per vantare un livello di preparazione alto”. Nel dettaglio, i dati Unipro confermano che nel 2007 sono state vendute in farmacia creme antirughe pari a 127,8 milioni di euro, nutrienti e idratanti per 104 milioni, specialità per il contorno occhi per 33 milioni e dedicate alle impurità delle pelle per 39 milioni. In parte, per le creme antietà questo si può spiegare con il prezzo medio più alto dei prodotti rispetto alla media: 29 euro contro 18. Gli italiani hanno inoltre acquistato 7,3 milioni di confezioni di shampoo e speso 27 milioni per stick protettivi delle labbra e 19 milioni per prodotti dedicati alle mani. Menzione particolare per i solari e gli autoabbronzanti, il cui mercato in farmaci nel 2007 si è attestato a circa 100 milioni di euro.
 
(AdnKronos 9.5.08)
 

 
Trasformare i farmaci in beni di consumo: brutta idea

Pubblichiamo di seguito un testo apparso sul blog di Beppe Severgnini, noto commentatore del Corriere della Sera.
Il testo è a firma di Valentina Carli e trasmette tutto il senso di disagio vissuto oggi dalla categoria dei farmacisti, che da un lato “mette la propria faccia” nel rapporto con l’utenza, e dall’altro vede ridurre il proprio controllo sulla complessa filiera produttivodistributiva del farmaco.
E’ interessante, nelle parole della dottoressa Carli, il fatto che proponga un recupero della serietà deontologica come argine alla deriva “bottegaia” (sua la parola) del ruolo del farmacista.
“Caro Beppe, cari Italians, mi permetto un non autorevole parere sul caso del farmaco Aulin. Come riassume oggi il Corsera, già nel 2002 qualcosa si sapeva: per gli operatori del settore, è storia vecchia . Personalmente, è da allora che non ne vendo più nemmeno una scatoletta, senza la ricetta. Negli ultimi sei anni, le reazioni sono andate dalla costernata sorpresa – nessuno me lo aveva mai detto! - all’iroso rimbrotto - me lo danno sempre! cambio farmacia! - A seconda del soggetto, sono stata insultata o ringraziata, ma mi sentivo molto sola, mollata anche da un ministero, che non faceva sufficiente informazione per l’utenza. Ma adesso, che il bubbone è scoppiato, e ne è nato un caso televisivo, già so cosa succederà. I farmacisti saranno messi all’indice, come gli untori della situazione, e qualcuno metterà in discussione la nostra stessa esistenza. A che serviamo, se in tutti questi anni, il filtro non c’è stato? Mettiamo tutti i farmaci al supermercato, che tanto fa lo stesso. A costo di venire fucilata, sia dai farmacisti che dagli anti-farmacisti, dico questo: se, invece di buttare il bambino, assieme all’acqua sporca, si mettesse la gente seria come me, in condizioni di lavorare al meglio? Regole più semplici, chiare e sensate - ricetta per l’Aureomicina? Per l’Efferalgan sì, la Tachipirina no, che sono identici? - e sanzioni commisurate, per chi non le rispetta. Certezza della pena, non pena esagerata, per lo sfortunato che viene beccato. Non facciamo notizia, ma siamo in parecchi, a lavorare seriamente: basterebbe fare in modo che diventassimo tutti. Non credo che trasformare i farmaci in beni di consumo sia una grande idea: ero contraria anche alla pubblicità degli OTC. Da farmacista fin troppo corretta, e per questo molto amata e molto odiata, chiedo a chi di dovere: lasciatemi lavorare. Ormai, ho voglia di cambiare mestiere: sono una professionista, mi vorreste trasformata in una bottegaia. Che depressione”.
 

 
Farmaci e sport, uniti e puliti. Al via la campagna fofi.

In collaborazione con il Coni e l’Fmsi (Federazione Medico Sportiva Italiana), la Fofi ha appena avviato una campagna di informazione per un corretto utilizzo dei farmaci durante l’attività sportiva. L’iniziativa si rivolge in particolare agli sportivi amatoriali, specie ai giovani.
In tutte le farmacie italiane nei prossimi mesi sarà distribuito materiale informativo chiaro e d’impatto per il corretto utilizzo dei farmaci. La farmacia si prepara quindi a diventare un sportello aperti a chiunque pratichi sport e voglia ricorrere a farmaci senza abusi ed eccessi ma supportando la sua preparazione atletica.
La campagna sarà presentata agli organi d’informazione il prossimo 14 maggio, presso l’Aula Magna del Centro Sportivo “Giulio Onesti”, all’Acqua Acetosa (Roma). Nel corso della conferenza farmacisti, medici sportivi, dirigenti del Coni e delle Federazioni, allenatori e atleti di diverse discipline parleranno dell’importanza dell’uso dei farmaci nell’ambito della pratica sportiva.
 
(farmacia.it 6.5.08)
 
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